QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Editoriale


“… un uomo di sessantaquattro anni… non si dovrebbe, con tanta incosciente leggerezza, chiamare vecchio, come sarebbe stato usuale in quelle epoche in cui i denti cominciavano a cadere a trent’anni e le prime rughe apparivano a 25… al giorno d’oggi la vecchiaia, quella autentica… sarà solo dopo gli ottant’anni che comincerà…”

da La Caverna, di José Saramago (premio Nobel per la letteratura, 1998)

Come abbiamo già varie volte rilevato, si fa riferimento quasi sempre al fenomeno dell’allungamento della durata di vita, riducendolo a una questione di INVECCHIAMENTO, che comporta implicitamente la perdita più o meno graduale dell’autonomia fisica e anche mentale degli individui. Tale perdita comporta chiaramente un grosso problema per il futuro del Welfare.
Il primo passo strategicamente vincente da fare, è di dare spazio e facilitare la presa di coscienza e la valorizzazione della fascia di età che comincia verso i sessanta anni e che si estende al di là degli ottanta, come periodo di SVECCHIAMENTO: cioè l’aumento, rispetto alle stesse classi di età del passato, della capacità di essere attivi e in ben miglior stato di salute.
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