Il rischio di decesso a seguito di incidenti stradali negli ultimi decenni in Italia: la super-mortalità giovanile e senile
1 – Generalità e significato degli indicatori
Gli incidenti stradali rappresentano da molti anni a questa parte un problema sociale e di salute pubblica di estrema gravità, stante che la stessa O.M.S. li ha recentemente collocati al nono posto, su scala mondiale, tra le principali cause di morte della popolazione adulta (O.M.S., 2018). Con riguardo al nostro Paese e ad epoche recenti, nonché considerando i soli incidenti con esito letale, ai circa 8000 casi che annualmente si verificano in ambiente domestico e ai 1400-1500 che invece avvengono nell’ambito lavorativo, fanno riscontro, collocandosi grosso modo a metà strada, quelli che si osservano sulle strade, che danno luogo mediamente a 3300-3500 decessi (ISTAT-A.C.I., 2018) .
In questo lavoro vengono presi in esame, di dieci anni in dieci anni, successivi periodi quinquennali di osservazione lungo tutto l’ultimo cinquantennio. Dunque, nelle tabelle e nei grafici che seguono sarà fatto sistematico riferimento temporale ai sei quinquenni:
1964-68, 1974-78,… 2014-18
In proposito, è il caso di tener presente che è appunto nell’ultimo mezzo secolo che notoriamente il fenomeno della motorizzazione – come ovvio strettamente connesso con quello degli incidenti stradali – ha fatto registrare un imponente sviluppo.
In dette tabelle e grafici sono riportati i valori di opportuni indicatori – nel seguito indicati col simbolo δ – ciascuno da interpretare come l’aliquota di durata di permanenza in vita nell’intervallo di età in esame che mediamente viene perduta per effetto della causa di decesso allo studio. Per il calcolo dei valori suddetti si è anzitutto provveduto a valutare probabilità di morte all’età x per la causa c (“incidente stradale”), cosiddette “pure” ovvero “indipendenti”, cioè tali da ipotizzare l’assenza di tutte le restanti cause di decesso, facendo uso della formula (De Simoni A., Lipsi R. M., 2005)

in cui per semplicità di esposizione si è trascurato di far esplicito riferimento – come del resto nelle altre formule che seguono – al quinquennio di osservazione, e dove i simboli , e denotano, con riguardo all’età x , rispettivamente l’ammontare dei decessi, quello degli “esposti al rischio di morte”, nonché l’aliquota di decessi per la causa c rispetto a quelli in totale. E’ da tener presente che l’adozione della suddetta ipotesi di indipendenza, sebbene sia da ritenere, come ovvio, del tutto astratta, consente di eliminare in dette probabilità, nonché nelle altre misure riguardanti la causa c che da esse possono ricavarsi, le perturbazioni – particolarmente intense nelle classi di età di ampiezza rilevante – derivanti dall’azione concomitante di tutte le altre cause. Si deve inoltre considerare che l’adozione per una certa causa di morte di probabilità indipendenti consente di far riferimento a “tavole di mortalità” in tutto analoghe a quelle usualmente costruite con riguardo al complesso delle cause.>
Per quanto detto, ai fini del lavoro qui presentato è stato possibile far ricorso ai valori di alcune cosiddette “funzioni biometriche” che usualmente compaiono nelle suddette “tavole”: ciò utilizzando la tradizionale simbologia in cui, per brevità, sarà omesso l’esplicito riferimento alla causa c in oggetto. Dunque, per quel che riguarda la funzione di “sopravvivenza” le sue determinazioni sono state ottenute in base alla formula:

>seguendo un procedimento iterativo a partire dal valore iniziale per x = 0convenzionalmente considerato pari a 100.000. Così pure, si sono calcolati i valori della funzione cosiddetta degli “anni vissuti

Al fine di proseguire nell’illustrazione dei criteri di calcolo qui adottati, converrà d’ora innanzi far costante riferimento all’intervallo pluriennale di ampiezza h compreso fra le età esatte x ed x+h . Si può dunque scrivere:

espressione che chiaramente denota la probabilità che un individuo di età esatta x muoia prima di raggiungere il compleanno x+h .
Di fatto, la determinazione delle varie misure contenute nelle tabelle e nei grafici che seguono ha richiesto il calcolo dei valori

che rappresentano – in ragione di correnti tecniche attuariali – le durate medie (in anni) di permanenza in vita negli intervalli tra le età esatte x ed x+h (De Simoni A., 1994).
Le misure D sono state in effetti considerate, anziché in termini assoluti (anni), in forma relativa rapportandole alle ampiezze h delle classi di età, e inoltre, da ultimo, le stesse misure relative sono state riportate ai loro complementi all’unità. Dunque:

Le quantità δ – evidentemente variabili tra 0 ed 1 al pari delle probabilità (1) – rappresentano appunto, in definitiva, gli indicatori utilizzati in questo lavoro: essi vanno interpretati, come già segnalato, quali aliquote degli intervalli di età che mediamente vengono perdute, da parte dei sopravviventi all’età esatta x, in seguito all’azione della causa di eliminazione in questione.
Ad ulteriore chiarimento della logica insita nell’indicatore δ definito nel modo suddetto, è opportuno tener conto dell’uguaglianza che segue

che agevolmente può dedursi da alcune delle relazioni riportate in precedenza, utilizzando nel contempo la grandezza che misura l’aliquota di sopravvivenza nell’intervallo di età in oggetto mediamente perduta dai deceduti nell’intervallo stesso. L’uguaglianza (2) segnala in effetti che, in presenza di classi di età pluriennali, l’indicatore δ è certamente più completo ed esauriente, come misura dell’intensità del rischio, rispetto alla mera probabilità di morte q poiché, al contrario di quest’ultima, dà conto anche del cosiddetto “effetto cadenza”, nella classe in questione, implicito nell’indice
sopra descritto.
2 – I principali risultati
I cenni metodologici forniti nel precedente paragrafo hanno dunque consentito la determinazione di indicatori di sintesi che, in quanto riferiti ad una serie storica prolungata a tutto l’ultimo cinquantennio, consentono di presentare un quadro evolutivo d’insieme significativo ed esauriente dell’intensità del rischio di decesso per la causa in oggetto, in relazione a classi di età di differenti ampiezze, nonché a ciascuno dei due sessi. I valori degli indicatori suddetti, riguardanti il nostro Paese, sono appunto contenuti nelle tabelle e nei grafici riportati nel seguito.
Sembra sufficiente dare uno sguardo alle cifre figuranti in tali tabelle e grafici per constatare, in primo luogo, che nell’arco dell’intero periodo qui esaminato – vale a dire l’ultimo mezzo secolo – in Italia si è andati assistendo ad una progressiva e marcata diminuzione della letalità degli incidenti avvenuti sulle strade. Così come, d’altro canto, con altrettanta immediatezza si può accertare come il rischio di decesso riguardante il sesso maschile risulti sistematicamente più elevato – talora in misura assai rilevante – rispetto a quello riferito ala popolazione femminile.
A conferma di quanto detto, è il caso di fermare in particolare l’attenzione sull’indicatore che realizza il massimo della sintesi,cioè quello che considera l’intero arco delle età da 0 a 89anni, i cui valori compaiono nelle ultime righe di ciascuna elle due parti della Tab. 1, nonché nei due diagrammi tracciati nel Graf. 1. Con riguardo al sesso maschile si osservano valori che passano da quasi il 2,17% del 1964-68, cioè il primo dei quinquenni del periodo in esame, a circa lo 0,72% del 2014-2018, ultimo di tali quinquenni, mentre per la popolazione femminile le corrispondenti percentuali risultano all’incirca pari, rispettivamente, a 0,48 e 0,22.
Circa l’interpretazione da attribuire alle suddette misure, si consideri, per fissare le idee, la prima di quelle sopra citate, cioè 2,17%: essa sta a significare che, valendo l’ipotesi astratta di unicità della causa di decesso in questione, gli appartenenti alla popolazione maschile resterebbero in vita mediamente per il 97,83% dell’intervallo tra le età esatte 0 e 90, vale adire 88,05 anni in luogo dei 90 corrispondenti alla teorica totale assenza di mortalità.
E’ da rimarcare che le cifre sin qui menzionate denotano tutte la forte prevalenza – cui già si è accennato – dei livelli di rischio maschili rispetto a quelli femminili: più precisamente, il tasso percentuale di “mascolinità” (pari al valore maschile se fatto uguale a 100 quello femminile) nel primo quinquennio 1964-68 ammonta a ben 453%, mentre nel recente 2014-18 la percentuale scende al valore 325, stante che lungo tutto il cinquantennio si verifica una graduale decrescita della mascolinità insita nelle quote di letalità.
Qualche commento meritano anche, in particolare, gli andamenti temporali descritti dai due diagrammi contenuti nel Grafico 1. In essi si osserva anzitutto una costante tendenza evolutiva in accentuata diminuzione dei livelli di rischio lungo l’intero arco del periodo in esame e, in secondo luogo, una contrazione più marcata in relazione alla popolazione maschile rispetto a quella femminile: tra il primo e l’ultimo dei quinquenni studiati si riscontra infatti, con riguardo alla prima di dette popolazioni, una decrescita del 66,8 %, mentre per la seconda il calo percentuale risulta pari soltanto a 53,9.
Tornado a fermare l’attenzione sui dati figuranti nella Tab. 1, basti rilevare che anche quelli che si riferiscono alle restanti grandi classi di età mostrano andamenti temporali decrescenti dell’intensità del rischio, nonché caratteristiche di super-mortalità maschile in sostanziale accordo con quanto già evidenziato in relazione all’intero intervallo da 0 a 89 anni di età. Tuttavia, a quanto appena affermato sembra far eccezione l’andamento, manifestato nella parte più recente del periodo in esame, dei valori dell’indicatore registrati nella classe 0-29 della popolazione femminile: difatti, la successione di tali valori, pari allo 0,52, 0,58 e 0,59 per 1000 con riferimento, nell’ordine, ai quinquenni 1994-98, 2004-08 e 2014-18, sembra segnalare una sia pur blanda inversione di tendenza.
Tab. 1 – Perdita di sopravivenza (*) nelle grandi classi di età a seguito di incidenti stradali. Italia, quinquenni indicati
(*) in ×1000 dell’ampiezza degli intervalli di età.
Fonte: elaborazioni dell’autore su dati ISTAT e A.C.I.
Tab. 2 – Perdita di sopravivenza (*) nelle classi di età decennali a seguito di incidenti stradali. Italia, quinquenni indicati
(*) cfr. tabella 1.
Fonte: elaborazioni dell’autore su dati ISTAT e A.C.I.
Graf.1- Aliquote (× 1000) di sopravvivenza perdute per incidenti stradali nell’intervallo di età 0-89. Italia, quinquenni dal 1964-68 al 2014-18 (*)
(*) Per brevità i quinquenni sono designati dai rispettivi anni centrali.
Graf. 2- Aliquote (× 1000) di sopravvivenza perdute per incidenti stradali nelle classi di età decennali, Italia, quinquenni 1974-78, 1994-98 e 2014-18 (*)
MASCHI
FEMMINE
(*) Cfr. graf. 1.
Si vogliono ancora brevemente illustrare i risultati espressi dal dettaglio per classi decennali di età fornito dai dati riportati nella Tabella 2 e nel Grafico 2. Da un punto di vista generale, è immediato riscontrare in tutti i profili per età dei sei quinquenni allo studio due evidenti punti di massimo dei livelli di rischio in corrispondenza alle classi di età 20-29 e 80-89. Occorre tuttavia tener presente che i due suddetti punti di massimo mostrano andamenti temporali alquanto dissimili, così che, mentre nel quinquennio più remoto il culmine assoluto spetta all’ultima classe di età degli ultra-ottantenni, nel periodo più recente il primato negativo appartiene ai giovani 20-30enni.
Per esemplificare quanto detto, si consideri l’elevatissimo valore dell’indice di rischio, pari al 5,61 per 1000, che riguarda i molto anziani di sesso maschile nel 1964-68, cui fa riscontro il 3,25 che compete ai 20-30enni: a questi ultimi spetta invece, nel più recente 2014-18, il massimo assoluto della quota di rischio (2,44 per 1000), cui si contrappone quella sensibilmente meno elevata (1,95) degli 80-90enni. Quanto alla popolazione femminile, possono osservarsi analoghi andamenti, sia pure su livelli assai più contenuti sia degli indicatori di rischio che della loro variabilità temporale.
3 – Considerazioni conclusive
A compimento di questo lavoro, sembra anzitutto opportuno rammentare come sia sufficiente gettare uno sguardo ai diagrammi tracciati nel Grafico 2 per riscontrare, con tutta evidenza, il repentino emergere negli anni recenti del fenomeno – non poco inquietante – rappresentato dall’estrema letalità degli incidenti stradali che colpiscono le fasce di età giovanili, non soltanto riguardanti il sesso maschile.
Si consideri dunque che con riferimento ai giovani, e agli adolescenti in particolare, i suddetti incidenti costituiscono attualmente la prima causa di morte (ISTAT 2018): si tratta di un dato quanto mai allarmante, che induce a riflettere sull’efficacia dei programmi educativi e di intervento. E’ infatti ormai accertato, grazie a molteplici studi di natura socio-psicologica condotti su temi attinenti al traffico, come la maggior parte delle campagne sulla sicurezza stradale siano insufficienti a prevenire comportamenti di guida “a rischio” negli adolescenti: ciò in quanto si tiene scarso conto degli atteggiamenti e delle convinzioni dei giovani circa il pericolo di causare incidenti (Giannini, A.M., Lucidi, F., 2007).
Lo studio e l’identificazione di azioni protettive atte a contrastare la gravità degli incidenti e la letalità da essi provocata, senz’altro rappresenterebbero utili strumenti per il monitoraggio delle zone italiane più sfavorite, così da consentire di programmare ed attuare interventi di prevenzione mirati verso un tipo di incidentalità e di conseguente mortalità in certa misura evitabili (Carbone, P., 2003).
C’è inoltre da considerare che la sorveglianza sui rischi connessi alla circolazione stradale dovrebbe pure riguardare l’effettivo impiego di mezzi protettivi quali cinture di sicurezza, caschi, seggiolini per neonati e via dicendo, nonché accertare l’eventuale presenza di fattori di rischio come il consumo di alcool e di sostanze stupefacenti, ovvero l’utilizzo di mezzi audiovisivi (telefoni cellulari, tablet, ecc.) in concomitanza con la guida. In proposito, sia le forze di Polizia sia le autorità tecnico-amministrative addette al monitoraggio e all’attuazione delle norme di sicurezza stradale, sono chiamate a fornire ulteriore supporto per meglio individuare le condizioni e i fattori che contribuiscono a creare situazioni fortemente rischiose, principalmente con riguardo alle fasce di età giovanili. Gli interventi più urgenti dovrebbero contemplare la messa in sicurezza dei percorsi e degli attraversamenti pedonali, la maggiore protezione in corrispondenza delle fermate del trasporto pubblico locale e così pure la riqualificazione delle aree urbane ad alta frequenza di pedoni e di ciclisti (Lucchi T., Vergani C., 2009).
Nel contempo, interventi sulle infrastrutture del tipo cui sopra si è fatto cenno dovrebbero essere integrati da efficaci azioni di formazione e di sensibilizzazione, mirate a rendere più consapevoli sia i giovani che gli anziani dei rischi cui sono esposti in conseguenza della loro mobilità nel territorio.
Occorre ancora considerare che, allo scopo di operare validamente nell’immediato, sarebbero anche importanti ulteriori approfondimenti sulle dinamiche e sulle cause degli incidenti, così da ricavarne indicazioni affidabili e tempestive sui fattori di rischio più frequenti e rilevanti, e dunque concrete indicazioni circa interventi efficaci in materia di infrastrutture, nonché di attività di formazione, sensibilizzazione, prevenzione e via dicendo. Si tenga inoltre presente che un ulteriore supporto alle condizioni generali di sicurezza potrebbe derivare da campagne di informazione, promosse dalle autorità pubbliche e rivolte ai cittadini, finalizzate al miglioramento e al rafforzamento della cultura riguardante i comportamenti nell’ambito della circolazione stradale (Tamburini L., Czerwinsky Domenis L., 2014).
In definitiva, sia l’attività di monitoraggio e supporto nel breve periodo, sia quella programmatica di lunga durata, dovranno sempre accompagnarsi a un attento controllo sui fenomeni in questione, in grado di riconoscere tempestivamente le caratteristiche evolutive della mobilità dei soggetti maggiormente “a rischio”. Attività del tipo suddetto potranno essere affidate ad appositi centri di osservazione che, attraverso studi approfonditi, rapporti periodici e ricerche interdisciplinari, siano in grado di fornire informazioni e indicazioni di varia natura capaci – in quanto indirizzate alle autorità competenti – di realizzare una efficace gestione ed una razionale regolamentazione del fenomeno qui trattato, così realizzando l’obiettivo di ridurre il numero e la gravità degli incidenti sulle strade, in particolare quelli che coinvolgono le persone giovani e quelle anziane.
Bibliografia
Carbone, P., (2003), “Le ali di Icaro: adolescenza, rischio e incidenti”, Boringhieri.
De Simoni A., (1994), “Sugli indicatori sintetici per grandi classi di età riguardanti i fenomeni demografici a eventi non rinnovabili”, Atti della XXXVII Riunione scientifica della società Italiana di Statistica, San Remo.
De Simoni A., Lipsi M., (2005), “La mortalità per causa in Italia nell’ultimo trentennio. Tavole di mortalità 1971, 1976, 1981, 1986, 1991, 1996 e 2000”. Dipartimento di Scienze Demografiche Università degli Studi di Roma “La Sapienza” , Fonti e strumenti, Vol. 6, Roma.
Giannini, A.M., e Lucidi, F., (2007), “Il paradosso del giovane guidatore”, Kappa.
ISTAT-ACI (2018), Statistica degli incidenti stradali.
ISTAT (1964-2018), Cause di morte.
Lucchi T., Vergani C., (2009), “L’anziano alla guida dell’automobile”. Journal of Gerontology and Geriatrics.
Tamburini L., Czerwinsky Domenis L., (2014), “Educazione alla mobilità. Un approccio trasversale alla didattica della sicurezza e alla mobilità sostenibile”, Franco Angeli, Roma.
Report O.M.S. (2018), Global status report on road safety 2015.