QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Uno studio sulle capacità cognitive degli anziani di Trieste

1. INTRODUZIONE

Trieste, città italiana capoluogo della regione Friuli Venezia Giulia è la più piccola provincia d’Italia con una superficie di soli 212 km quadrati e per dare un quadro conoscitivo di questo territorio servono informazioni e conoscenze tali da poter comprendere l’emergere di necessità e priorità di intervento.
Le caratteristiche demografiche della popolazione consistono in 208.781 abitanti con il 27,51% di persone dai 65 anni in poi, con una maggior presenza femminile 34.854 femmine contro 22.540 maschi in tutte le fasce di età over 65. Gli ultraottantenni sono più di 18.000 e 2.616 persone hanno più di 90 anni. La suddivisione tra anziani (65-74 anni) e grandi anziani (dai 75 anni in poi) permette di individuare come la percentuale di crescita sia costante nel tempo per entrambe le fasce, ma risulti maggiore nella fascia over 75. L’aumento dell’aspettativa di vita è ovviamente positivo, in linea generale, e per molti anziani attesta l’esistenza di buone condizioni di salute.
Un altro elemento conoscitivo importante è la massiccia presenza di anziani soli quantificabili in 16.000 donne e 5.000 uomini over 65 e in 11.000 femmine e 2.500 maschi over 75. Dall’anagrafe si rileva che sono 6.550 gli anziani ultrasettantacinquenni che vivono in coppia, mentre la condizione di vedovanza e/o di solitudine femminile è oltremodo diffusa in tarda età.
In questo ambiente svolge la propria attività l’A.R.I.S. (Associazione Ricerca Interventi Studi sull’invecchiamento), una associazione di promozione sociale nata nel 2004 con sede a Trieste, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e a far crescere il ruolo dei senior nella società. Tale scopo generale viene perseguito attraverso lo svolgimento di diversi tipi di attività finalizzate a promuovere una nuova immagine dell’ invecchiamento, superando gli stereotipi riguardanti la vecchiaia, e a migliorare la qualità della vita degli anziani rendendoli protagonisti attivi della soddisfazione dei propri bisogni.

Un’ attenzione particolare viene data alla prevenzione di situazioni che possono essere causa di disagio nella persona anziana e, in particolare, alla prevenzione del deterioramento cognitivo che risulta essere una delle principali cause di disabilità nell’ anziano.

2. DEMENZE E DEPRESSIONE

Le demenze e la depressione sono i due disagi psichici maggiormente diffusi nella popolazione anziana e, molto spesso, coesistono (Gala et al., 2008). Molte patologie del sistema nervoso centrale (SNC) si associano ad un aumento della prevalenza della depressione. Disturbi dell’umore si osservano frequentemente nei pazienti affetti da disturbi neurodegenerativi compresi la malattia di Alzheimer e il morbo di Parkinson, come pure gli insulti ischemici cerebrali (Gala et al., 2008). La comorbilità di una forma patologica di demenza e depressione assume particolare frequenza in relazione alla popolazione anziana ed all’elevata incidenza dei due disturbi nella medesima fascia di età; ad esempio, la depressione maggiore è presente fino al 15% dei casi di AD, fino al 25% nella demenza vascolare (Gala et al., 2008). È importante, quindi, al fine di impostare un trattamento adeguato, riuscire a discriminare le due forme patologiche, nonostante spesso queste presentino sintomi molto simili.

2.1 Depressione

La depressione fa parte di un gruppo di disagi psichici definiti come “disturbi dell’ umore”. Con questi termini ci si riferisce ad una grave alterazione dell’ umore che persiste per un periodo di tempo prolungato. In questi casi il disturbo dell’ umore è intenso e costante tanto da compromettere le relazioni interpersonali e le attività quotidiane della persona.

Esistono diverse tipologie di disturbi dell’umore, tutte accomunate dalla presenza di un quadro clinico caratterizzato da stati affettivi ed emotivi intensi, ad esempio una profonda depressione. La forma più comune di disturbo dell’ umore è rappresentata dalla depressione maggiore, in cui sono presenti episodi depressivi nei quali l’ individuo si sente notevolmente abbattuto o perde interesse per le attività che precedentemente considerava piacevoli (o entrambe le situazioni) per un periodo di almeno 2 settimane; sono inoltre presenti altri sintomi come i disturbi del sonno, dell’ appetito, la sensazione che nulla abbia più valore ma anche sintomi di tipo cognitivo, come ad esempio la difficoltà a pensare concentrarsi, e sintomi motori, come il rallentamento o l’agitazione psicomotoria. Tuttavia, la depressione costituisce una condizione diversificata rispetto ad un momento di tristezza e di sconforto che ognuno di noi può sperimentare in un certo periodo di vita o in risposta ad un evento particolarmente stressante. Infatti, la tristezza, il pessimismo e la sensazione di non avere alcuna speranza di migliorare la propria situazione sono sensazioni familiari alla maggior parte delle persone; sentirsi depressi è spiacevole, ma spesso questa sensazione ha una durata breve e tende a scomparire da sola entro qualche giorno (Buodo et al., 2017).

Nonostante molti episodi depressivi si attenuino o tendano a scomparire con il passare del tempo (si può parlare di remissione quando la sintomatologia è scomparsa da almeno un paio di mesi), nel caso della depressione è possibile aspettarsi la ricomparsa di nuovi episodi nei mesi successivi, sono quindi molto probabili le ricadute.

Nonostante i disturbi depressivi solitamente insorgono durante l’ adolescenza fino alla maturità, la sintomatologia depressiva può iniziare anche nell’ infanzia o durante la vecchiaia (Buodo et al., 2017). Infatti, la prevalenza della depressione nella popolazione over 65 è significativamente più bassa rispetto a quella nella popolazione di giovani adulti (Buodo et al., 2017); tuttavia, il numero di casi di depressione maggiore nella popolazione anziana rappresenta tutt’ ora un importante problema di salute pubblica. Sfortunatamente risulta spesso difficile diagnosticare correttamente la depressione in una persona anziana, a causa del fatto che molti dei sintomi depressivi possono essere scambiati per sintomi di altre patologie come la demenza. Visti i pericolosi effetti per la salute della persona anziana è fondamentale essere in grado di diagnosticare correttamente la depressione in questo gruppo di persone. A tal proposito, esistono test specifici per valutare la presenza di sintomi depressivi e ansiosi nelle persone anziane che possono aiutare nel condurre una valutazione completa dello stato di salute psicologica della persona.

2.2 Deterioramento cognitivo e demenze

La demenza costituisce un quadro di deterioramento cronico e progressivo delle funzioni cognitive (memoria, pensiero astratto, il giudizio critico, il linguaggio). Il progressivo decadimento di tali funzioni comporta una ridotta capacità di adattarsi alle richieste dell’ ambiente circostante, di conservare un comportamento sociale adeguato alle circostanze e un ridotto controllo sulla propria emotività. In altre parole, sono coinvolti sia gli aspetti di funzionamento cognitivo, che aspetti affettivi ed emotivi. Questa complessità di sintomi fa sì che vi sia una difficoltà nella gestione delle attività quotidiane delle persone.

A causa del progressivo aumento della popolazione anziana, e in particolare di quella ultrasessantacinquenne, si assiste oggi ad un incremento del numero di persone a rischio di malattie croniche invalidanti legate all’ età. Tra queste rivestono particolare rilievo le patologie neurologiche, nell’ ambito delle quali la demenza costituisce una delle più importanti cause di disabilità nell’ anziano. Tale condizione aumenta in maniera rilevante con l’ avanzare degli anni.

Ad oggi, con la recente pubblicazione della revisione del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) formulata dall’ American Pychiatric Association, le demenze vengono incluse in una categoria di disturbi definiti “disturbi neurocognitivi” che possono essere di diversi tipi. La demenza, infatti, non costituisce di per sé una patologia, ma un quadro sindromico, ovvero un insieme di sintomi, che può essere sostenuto da diversi tipi di patologie sottostanti (Carlomagno, 2007). Per questo motivo, le “demenze”, o “disturbi neurocognitivi”, vengono classificate in base al tipo di patologia che ne è responsabile, di cui la più frequente e conosciuta è la malattia di Alzheimer. La maggior parte degli studi riguardanti i fattori di rischio di sviluppare un quadro demenziale è stata effettuata con persone affette da questa patologia ed hanno dimostrato che i principali fattori di rischio sono:

  • in primo luogo l’ avanzare dell’ età

  • la storia familiare, e quindi la presenza di situazioni di familiarità con la patologia

Tuttavia, questi sono fattori di rischio cosiddetti “non modificabili”.

Esistono anche altri fattori di rischio “modificabili” che sono associati allo stile di vita e di questi fanno parte:

  • fumo

  • assunzione di alcol

  • carenza di vitamine

  • scarsa attività fisica o attività di svago ( sia mentali che sociali )

  • diabete

  • ipercolesterolemia

  • ipertensione

  • obesità

  • una storia positiva di traumi cerebrali o patologie cerebrovascolari

  • bassa scolarità

  • stile alimentare poco sano.


Dott.ssa Federica Trento, dottore in psicologia – Trieste
Dott.ssa Deanna Fornasier, psicologa – Trieste
Dott. Mauro Cauzer, psicoterapeuta – Trieste


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