Le nuove procedure di acquisto dei farmaci biosimilari – In attesa del voto del Senato
Se il cluster alla base del reference pricing e delle liste di trasparenza comprende medicinali che condividono principio attivo (o combinazione di principi attivi), formulazione farmaceutica, modalità di somministrazione, tempi di rilascio e dosaggio unitario, a maggior ragione non deve stupire che si richieda che l’asta per l’acquisto di biologici sia organizzata (almeno) a parità di principio attivo (o combinazione di principi attivi), modalità di somministrazione e dosaggio, vietando che nello stesso lotto possano entrare per esempio prodotti accomunati dall’indirizzo terapeutico ma aventi strutture chimiche diverse. Nell’universo biologico, strutture chimiche diverse possono implicare indicazioni, spettri di applicabilità ed effetti anche molto differenziati a seconda della casistica clinica soggettiva.
Tra l’altro, mentre l’universo dei farmaci chimici è sufficientemente conosciuto, o si può dire anche ben conosciuto per quanto riguarda i prodotti che hanno perso il brevetto dopo tanti anni di utilizzo clinico, l’universo dei biologici si colloca oggigiorno in piena frontiera della ricerca biomedica, con tutte le conseguenze che questo comporta sia sul piano della padronanza del complesso degli effetti sul corpo umano, sia su quello della stima di quali possano essere i costi efficienti per la riproduzione, una volta scaduto il brevetto, di biosimilari che assicurino le stesse prestazioni.
Tirando le somme, si può dire che bene ha fatto la Camera a recepire l’indicazione dell’AGCM di rimuovere la base d’asta prefissata. Sarebbe stato un inutile “legarsi le mani” per i centri di acquisto responsabili delle gare. Una base d’asta prefissata e incorporata nella normativa rischiava di generare effetti di “focal point”, attirare a sé le scelte di prezzo e indebolire l’interazione concorrenziale in un mercato in cui il numero dei produttori resta limitato. C’è anche da dire, tuttavia, che soprattutto i primi tempi, in attesa che il comparto dei biosimilari si ispessisca e si rodino i meccanismi d’asta, esigenze di tutela della varietà dei prodotti potrebbero suggerire di non forzare troppo verso il basso il prezzo di partenza e di avvalersi delle esperienze dei Paesi in cui le procedure competitive per l’approvvigionamento dei biosimilari sono già in funzione su larga scala.
Una prospettiva il più possibile internazionale andrebbe adottata anche per quanto riguarda il riconoscimento della qualità di biosimilare. Indipendentemente che l’attestazione formale sia a cura dell’EMA o dell’AIFA (i.e. delle Agenzie nazionali), la decisione dovrebbe scaturire dalla disamina della più vasta letteratura teorica ed empirica a disposizione a livello mondiale. Difformità di indirizzi tra Paesi andrebbero approfonditi per verificare se è possibile, al meglio delle conoscenze scientifiche di cui si dispone, identificare best practice su cui convergere. Per certo, sono da evitare come pericolose e dannose interferenze regionali e territoriali, ma qui il disegno di legge è chiaro e dà l’ultima parola all’EMA o all’AIFA (con un coordinamento tra le due Istituzioni, e più in generale tra l’EMA e le Agenzie nazionali, che avrà probabilmente bisogno di un po’ di tempo per fluidificarsi e razionalizzarsi, quantomeno per evitare scelte contraddittorie).
Alla luce delle argomentazioni sin qui espresse, altrettanto bene ha fatto la Camera a non dare seguito alla richiesta dell’AGCM di rivedere il divieto di sostituibilità automatica e di allargare il perimetro del lotto da mettere a gara. È bene usare prudenza e, almeno per adesso, accettare che la sostituibilità passi sempre per una scelta esplicita del medico, che conosce la casistica clinica sotto terapia, e non per un automatismo normativo e d’ufficio. Questa precauzione non impedisce alle Regioni e alle loro strutture di governo sanitario di sensibilizzare i medici sul tema del controllo della spesa e sulla necessità di utilizzare i prodotti biotecnologici più economici a parità delle loro prestazioni.
Per quanto riguarda il lotto d’asta, invece, il perimetro indicato nel disegno di legge pone correttamente in concorrenza solo biosimilari con un alto grado di sovrapponibilità, come sono quelli che condividono principio attivo, via di somministrazione e dosaggio. Ed è già una soluzione che si sforza di stimolare la concorrenza di prezzo, anche accettando di inserire nello stesso lotto prodotti non perfettamente sovrapponibili perché, per esempio, diversi in formulazione farmaceutica, tempi di rilascio e di interazione con il corpo umano, e processi di produzione, tutti aspetti in grado di incidere sugli effetti che i biologici hanno nella casistica clinica soggettiva, molto più di quanto già accada sul fronte dei prodotti da sintesi chimica. Proprio perché si opta per un perimetro già inclusivo, da un lato è importante che resti al medico la scelta su quale prodotto utilizzare tra i tre aggiudicatari e su quando, per motivi di continuità, usare invece un prodotto diverso dai primi tre classificati; dall’altro lato, parrebbe inopportuna l’estensione all’intero gruppo terapeutico (il suggerimento dell’AGCM), che porterebbe ad accorpare farmaci biologici che possono avere costi di sintesi e produzione, profili di applicabilità e effetti anche molto diversi tra loro.
In conclusione, per il probabile voto di fiducia che potrà arrivare nei prossimi giorni (forse già domani 7 Dicembre), il Senato si troverà davanti una norma tutto sommato ben scritta e anche prudente ed equilibrata, consapevole di stare affrontando aspetti regolatori riguardanti medicinali complessi e per certi versi “inesplorati”, sui quali anche dopo la scadenza del brevetto la promozione della concorrenza deve esser perseguita senza andare a discapito della varietà disponibile sul mercato e della appropriatezza, quest’ultima valutata il più possibile a livello individuale (alla stregua delle potenzialità aperte dai nuovi farmaci che permettono personalizzazione dei percorsi terapeutici).
Compiuti i passi avanti del comma 407, articolo 1, potranno essere valutati ulteriori progressi, come per esempio il coordinamento delle centrali di acquisto (almeno sul prezzo base delle aste indette in periodi ravvicinati), o l’avvio di una centrale di acquisti unica nazionale dedicata alle aste dei biosimilari e supportata da un adeguato disegno (per il Ssn forse la maniera migliore di instaurare rapporti contrattuali con le big pharma), oppure accordi-quadro che già contemplino clausole standard di payment-by-result o risk-sharing (non incompatibili con la natura off-patent di medicinali che restano ad alto potenziale e complessi).
Senza dimenticare, adesso che l’attenzione comincia a focalizzarsi sull’universo biologico, che recuperi importanti di efficienza restano ancora possibili nel comparto dei prodotti tradizionali off-patent, e che le relative risorse potrebbero essere rigenerate all’interno del capitolo di spesa farmaceutica e dedicate alla diffusione delle terapie innovative.
Buon voto al Senato e in bocca al lupo all’Italia.