Archivio di Agosto, 2015
Il paradosso svizzero della mortalità da tumore
Se fossimo nati parecchie migliaia di anni fa, avremmo potuto sperare in media di vivere poco più di 20 anni. Da un paio di millenni fa le varie civiltà hanno allungato la vita media di oltre un decennio. Poi la mortalità è diminuita drasticamente nell’ultimo secolo dopo le scoperte dei vaccini, degli antibiotici e, quindi, per la minore incidenza delle malattie infettive. Però nel 1900 la vita media nel mondo era di 41 anni; nel 1950 di 53 e nel 2010 di 67. Nell’ultimo decennio la speranza di vita è ancora cresciuta nei paesi sviluppati da 67 a 80 anni – in Africa da 40 a 67 anni. Leggi tutto
La vita estrema. Per una sociologia della fragilità e della dipendenza nella grande vecchiaia.
Il discorso sulla vecchiaia è da sempre caratterizzato da una profonda incertezza terminologica. Termini quali persone anziane, vecchi, terza età, quarta età, pensionati, senior, si confondono, si sovrappongono o si oppongono1. Nel corso del tempo può accadere che un termine assuma un significato opposto a quello originario. E’ il caso di “terza età” che, adottato negli anni 60, in alternativa al termine “pensionato” per proporre una concezione ottimistica e attivistica della vecchiaia, ha assunto nel giro di pochi decenni una connotazione negativa, soprattutto fra le generazioni più giovani2. Anche la difficoltà di stabilire una soglia di accesso condivisa alla vecchiaia, che alcune categorizzazioni statistiche fissano a 60 anni (mentre altre la elevano a 65), conferma questa incertezza. Tale varietà e vaghezza terminologica denotano un’esitazione e un’ambivalenza simile a quella che circonda i discorsi sulla morte. Il ricorso a circonlocuzioni o a espressioni eccessivamente ottimistiche o pessimistiche sembra rivelare sia il disagio che proviamo di fronte a una condizione che non abbiamo ancora imparato a padroneggiare3, sia la rimozione di una condizione caratterizzata da aspetti prevalentemente indesiderabili e poco inclini a soddisfare un’immagine di sé fortemente incentrata sulla piacevolezza. Un’analisi più approfondita della storia plurisecolare della vecchiaia ci mostra come la società, sotto all’incertezza che caratterizza il discorso attuale, abbia sempre operato una chiara distinzione tra i due aspetti principali che configurano questa fase della vita: già nel XVII secolo, infatti, i manuali sanitari e i dizionari distinguevano due stagioni nella vecchiaia, ovvero la vecchiaia “verde” e “l’età decrepita”. Leggi tutto
Le risorse per il welfare del futuro. Insufficienza del pay-as-you-go e disegno multipilastro
1. Il problema “a colpo d’occhio”
Many intellectuals in the US and Asia believe that European social welfare policies should be a blueprint for action in their own countries. But those policies, financed by high taxes and costly mandates on business, are mainly responsible for the enormous increase in European unemployment during the past decade and a half. This “European disease” is hardly a model for other Nations.
Gary Becker, Premio Nobel per l’economia 1992, Chicago University Business Week, 8 aprile 19961
«Yet, as the UK and Western Europe contemplate adapting more to the “American model”, it is worth noticing a more menacing side. Economic ine-quality has continued to widen.
All the rungs on the economic ladder are now further apart than a generation ago, and the space between them continues to spread.
This widening of inequality leads to distress and misery for those at or near the bottom and anxiety for those in the middle. Left unchecked it could also undermine the stability and moral authority of the Nation».
Robert Reich, former US Secretary of Labour, Brandeis University, Financial Times, 3rd of March 19972
Ma se è auspicabile che gli Stati Uniti non imitino tout court l’Europa (Gary Becker) e, nel contempo, altrettanto auspicabile che l’Europa non imiti tout court gli Stati Uniti (Robert Reich), e se entrambi i modelli stanno sperimentando difficoltà e problemi di sostenibilità, allora quale futuro progettare per i welfare systems? Quello europeo e quello statunitense sono i due principali (per certi aspetti unici) macro-modelli strutturati di welfare esistenti al mondo. Questo scritto prova a suscitare riflessioni, avanzando chiavi di lettura e alcune proposte.
Leaders diversamente giovani
Riassunto. Il valore dei leader non più giovani sembra poco riconosciuto. La ricerca empirica su questo tema non sostiene la plausibilità di questo punto di vista, anche se qualche scostamento fra giovani e meno giovani è registrabile: situazioni emotivamente impegnative possono essere affrontate meglio da leader meno giovani, i quali invece sarebbero meno prestanti per quanto riguarda gli aspetti cognitivi. Non ci sono evidenze empiriche per poter affermare che le patologie di leadership si acuiscono con l’avanzare dell’età, anche se l’osservazione delle dinamiche organizzative fa intravedere come esistano alcune criticità ricorrenti legate all’avvicinarsi del pensionamento dei leader e alla conseguente perdita annunciata del potere. Leggi tutto