Come fare il ricalcolo contributivo – In un comma “dimenticato” della Legge 335-1995
Ci si continua a interrogare su come si possa svolgere un ricalcolo delle pensioni retributive o delle pensioni miste, per poter valutare ipotesi di applicazione del criterio di calcolo contributivo nozionale a tutti, sia a coloro che si pensioneranno nei prossimi anni sia a coloro già in quiescenza. Sulla necessità economica e sull’opportunità politica di effettuare un simile ricalcolo Reforming si è già espresso tante volte. Si veda, per esempio, “L’Equità delle Pensioni vista dalla Corte Costituzionale” comparso su laVoce.info. Adesso ci si concentra sul metodo di ricalcolo che potrebbe essere applicato.
In mancanza di serie storiche complete sulle contribuzioni annuali individuali, un possibile metodo di ricalcolo è quello già proposto nei due documenti Reforming “Come intervenire sulle Pensioni (troppo) alte?” e “Proposta di Metodo per Riequilibrare le Pensioni Retributive”. Tra le tante soluzioni approntabili come second best (il first best essendo il ricalcolo su serie storiche complete ed esaustive), la soluzione descritta in questi due documenti ha diversi pregi, tra cui trasparenza, linearità e minimizzazione del numero dei parametri di cui si potrebbe lamentare arbitrarietà e opinabilità.
A ben guardare, però, un metodo di correzione esiste già nelle leggi, ed è quello annunciato all’Articolo 1, comma 24 della Legge n. 335-1995: “Il Governo della Repubblica è delegato ad emanare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni in materia di criteri di calcolo, di retribuzioni di riferimento, di coefficienti di rivalutazione e di ogni altro elemento utile alla ricostruzione delle posizioni assicurative individuali ai fini dell’esercizio dell’opzione di cui al comma 23, avendo presente, ai fini del computo del montante contributivo per i periodi di contribuzione fino al 31 dicembre 1995, l’andamento delle aliquote vigente nei diversi periodi, nel limite massimo della contemporanea aliquota in atto presso il Fondo pensioni lavoratori dipendenti”.
L’opzione in predicato è la facoltà di scelta, per i titolari di pensioni erogande di tipo retributivo o misto, di optare volontariamente per il ricalcolo contributivo degli assegni. Pensata per permettere di passare al criterio di calcolo contributivo integrale quando questo fornisse risultati più convenienti rispetto alla vecchia normativa e alla normativa di transizione1, i criteri applicativi di questa opzione possono costituire oggi una soluzione più generale per convertire pensioni retributive in pensioni contributive.
Il Decreto Legislativo n. 180 del 30 Aprile 1997 si è incaricato di raccogliere la delega e di esplicitare i dettagli del criterio di ricalcolo. In appendice a questa RN si riportano articoli e commi rilevanti sia della Legge 7 Agosto 1995, n. 335 che del Decreto Legislativo n. 180 del 30 Aprile 1997. La ratio seguita dal Legislatore è chiara. In particolare viene “aggirata” la difficoltà di non disporre di serie storiche esaustive sulle contribuzioni pensionistiche individuali. Lo sforzo da compiere, leggendo il D. Lgs. n. 180-1997, è quello di estendere la sua validità alla più ampia casistica di ricalcolo, sia per pensioni già in erogazione che per pensioni erogande. Illo tempore, infatti, l’articolato fu pensato e scritto per coloro che, entro scadenze predefinite ma sicuramente prima dell’inizio di erogazione della loro pensione, potevano avvalersi dell’opzione.
Se si generalizza la ratio, qui di seguito si elencano sono i passaggi individuato dal Legislatore per trasformare in pensione contributiva i contributi versati in regime retributivo2:
Metodo di conversione della pensione retributiva in contributiva:
- Si considera il numero complessivo di anni di contribuzione (noto, perché entra nel calcolo della pensione o della quota di pensione retributiva);
- Si adotta come riferimento il periodo degli ultimi anni di lavoro nel limite massimo di 103. Il periodo di riferimento è pari al numero di anni che le vecchie regole retributive consideravano per il calcolo della retribuzione pensionabile;
- Si calcola la retribuzione imponibile (pensionabile) sul predetto periodo di riferimento (al più 10 anni)4;
- L’importo della contribuzione nell’anno <t> (del periodo di riferimento) è pari al prodotto tra la retribuzione imponibile e l’aliquota contributiva vigente in <t>5;
- Le contribuzioni annuali sono rivalutate su base composta fino al 31 Dicembre dell’anno precedente la decorrenza della pensione;
- Il tasso di rivalutazione delle contribuzioni è quello di cui all’articolo 1, comma 9, della Legge n. 335 del 1995 (media quinquennale del tasso di crescita del Pil)6;
- Si calcola il valor medio delle contribuzioni annuali rivalutate (i.e. il valor medio delle contribuzioni di cui al precedente punto 5.);
- Gli anni di contribuzione rientranti nel periodo di riferimenti sono ponderati con fattore 100% (i.e. ogni anno vale per intero);
- Gli anni di contribuzione antecedenti il periodo di riferimento sono ponderati con un fattore pari al rapporto tra l’aliquota contributiva vigente in ciascun anno e la media delle aliquote contributive lungo il periodo di riferimento7;
- Il prodotto tra il numero degli anni di contribuzione (precedenti punti 8. e 9.) e la media delle contribuzioni dell’ultima parte della carriera, rivalutate sino a fine carriera (precedente punto 5.), costituisce il montante dei contributi da prendere a riferimento per il ricalcolo contributivo della pensione.
Il montante di cui al punto 10. può essere trasformato in rendita (assegno di pensione), esattamente come avviene per il montante calcolato sulla base dei contributi annuali all’interno delle regole di calcolo del sistema contributivo nozionale. Per la trasformazione in rendita si applicano i coefficienti di trasformazione corrispondenti alle età in cui i lavoratori/professionisti si sono effettivamente pensionati cominciando a ricevere l’assegno. Diviene possibile il confronto tra la pensione originaria e quella ricalcolata con i principi contributivi. Il D. Lgs. n. 180-1997 non copre questi ultimi dettagli operativi che, tuttavia, sono facilmente completabili. Il nodo più complesso resta quello delle operazioni di ricalcolo.
Ripercorrendo il dibattito degli ultimi anni, si ha l’impressione che il comma 24 dell’articolo 1 della L. n. 335-1995, con la sua messa in opera da parte del D. Lgs. n. 180-1997, sia stato sottovalutato o addirittura ignorato. Il combinato disposto della 335 e del 180 permette il ricalcolo contributivo sulla base di grandezze note e disponibili: le retribuzioni negli ultimi anni di carriera, le aliquote contributive di legge, le contribuzioni negli ultimi anni di carriera (ottenibili come prodotto di retribuzione e relativa aliquota), l’anzianità contributiva. Queste grandezze sono note perché necessarie al calcolo delle pensioni retributive e delle quote retributive di pensioni miste.
La ratio del Legislatore è stata: Si prendano le retribuzioni degli ultimi anni di carriera, necessariamente note (altrimenti non sarebbe possibile il calcolo delle pensioni retributive o con quota retributiva). Vi si applichi la relativa aliquota contributiva. Le contribuzioni (in Euro assoluti) vengano rivalutate sino a fine carriera e ne venga fatta la media. Questa contribuzione media rivalutata venga assunta come contribuzione applicabile a tutti gli anni di carriera. Il prodotto tra la contribuzione media rivalutata e l’anzianità contributiva fornisca il montante teorico da trasformare in rendita.
In aggiunta, per evitare sovrastime della contribuzione, il Legislatore ha provveduto a ponderare gli anni di carriera (gli anni di anzianità), per tener conto della differenza tra l’aliquota contributiva in vigore in ogni singolo anno e il valor medio delle aliquote valide negli ultimi anni di carriera.
In pratica, il Legislatore adotta l’ipotesi che le retribuzioni osservabili a fine carriera siano la parte finale di un percorso retributivo ascendente che ha avuto gli stessi tassi di crescita annuali del Pil. Questa è l’ipotesi alla base del metodo di conversione retributivo-contributivo proposto dal Legislatore. Per comprenderlo in maniera intuitiva basti pensare che se la contribuzione rivalutata sino a fine carriera è la stessa per tutti gli anni (e questo è vero per costruzione):
- la contribuzione dell’ultimo anno (fine carriera), che non viene rivalutata, è tutta ascrivibile al prodotto tra aliquota contributiva e retribuzione lorda dell’ultimo anno;
- la contribuzione del primo anno (inizio carriera), che viene rivalutata per tutta la durata della carriera, è ascrivibile in parte al prodotto tra aliquota contributiva e retribuzione lorda dell’ultimo anno, in altra parte al fattore moltiplicativo di rivalutazione (1+r)^T-1 con T durata della carriera;
- per essere le due precedenti contribuzioni identiche nel loro valore rivalutato a fine carriera, necessariamente la retribuzione lorda di inizio carriera deve esser pari al rapporto tra la retribuzione lorda di fine carriera e il fattore di rivalutazione (1+r)^T-1 di cui alla precedente alinea.
L’ipotesi adottata dal Legislatore a livello micro (per la ricostruzione del profilo individuale di contribuzione) corrisponde, a livello macro, alla ipotesi che, in presenza di un livello occupazionale stabile, la quota delle retribuzioni sul Pil resti anch’essa stabile. Una ipotesi di equilibrio macroeconomico su orizzonti temporali lunghi come una carriera lavorativa.
Per riepilogare, il ricalcolo delle pensioni da retributive in contributive, così come già delineato dal Legislatore nel 1997, è quello schematizzato alla pagina successiva.
Dal momento che i calcoli sono fattibili (la difficoltà è nella quantità di posizioni individuali da trattare), perché l’Inps non li svolge su tutta la platea di pensionati e di pensionandi e non ne dà pubblica diffusione in forma anonima (nascondendo nome e cognome del titolare)? Il dibattito ne guadagnerebbe in trasparenza e concretezza e si potrebbero vagliare, numeri alla mano, le migliori soluzioni di policy.
1 Una sorta di clausola di salvaguardia. Le micro simulazioni mostrano che la convenienza emerge per percorsi di carriera lungi e continui. Per i lavoratori ricadenti in questa casistica il criterio di calcolo contributivo può generare assegni pensionistici più elevati.
2 Ovviamente, i contributi già versati in regime contributivo (per le pensioni miste) sono noti per definizione, perché essenziali nel computo della quota parte contributiva della pensione.
3 Per i dipendenti della PA, di cui all’articolo 2, comma 9, della citata legge n. 335 del 1995, la retribuzione imponibile è quella indicata al medesimo comma 9.
4 La retribuzione pensionabile dell’anno <t> non può eccedere l’importo del massimale di cui all’articolo 2, comma 18, della Legge n. 335 del 1995 attualizzato all’anno <t> usando l’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Istat).
5 Le singole aliquote sono computabili nel limite massimo della contemporanea aliquota in vigore presso il Fondo Pensioni dei Lavoratori Dipendenti dell’Inps. Per i lavoratori dipendenti della PA si applicano le stesse aliquote del Fpld. Per i lavoratori autonomi iscritti all’Inps, per i periodi contributivi antecedenti il 1 luglio 1990 si applicano le aliquote contributive vigenti a questa data.
6 “Il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del Pil nominale, appositamente calcolata dall’Istat con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. In occasione di eventuali revisioni della serie storica del Pil operate dall’Istat i tassi di variazione da considerare ai soli fini del calcolo del montante contributivo sono quelli relativi alla serie preesistente anche per l’anno in cui si verifica la revisione e quelli relativi alla nuova serie per gli anni successivi”.
7 Non conoscendo la specifica contribuzione di ogni singolo anno, il Legislatore prende la media delle contribuzioni nell’ultima fase della carriera lavorativa (rivalutate sino a fine carriera) e, per ottenere, il montante teorico di tutte le contribuzioni, moltiplica questa media per il numero di anni di contribuzione (i.e. l’anzianità contributiva). Il problema della mancanza di microdati è risolto assegnando a ciascun anno una contribuzione pari a quella media degli ultimi anni di carriera. Inoltre, per tener conto che l’aliquota di contribuzione pensionistica è variata nel tempo, la somma degli anni di contribuzione è ponderata: il peso è pari all’unità per gli anni in cui l’aliquota contributiva è pari a quella media nell’ultima fase della carriera, mentre per gli altri anni il peso è pari al rapporto tra l’aliquota contributiva valida nell’anno e il suo valor medio nell’ultima fase della carriera.