Finanziare il welfare – 4. Demografia, Occupazione e Produttività in Europa e Us
Le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione, e dalle interazioni tra demografia, dinamiche del mercato del lavoro e produttività, non riguardano soltanto le Regioni italiane. Tutto il mondo occidentale industrializzato, con sistemi di welfare evoluti, dovrà, nei prossimi decenni, fronteggiare il fenomeno di ricomposizione della popolazione tra fasce di età, che vedrà un continuo ampliamento delle fasce inattive (i giovani e gli anziani) e una riduzione, sia in termini assoluti che in termini relativi, delle fasce in età da lavoro. Allo stesso tempo, è tutto il mondo occidentale e industrializzato che si troverà di fronte a scelte di policy complesse, per tentare di compensare l’invecchiamento favorendo la mobilità interna e internazionale dei cittadini, l’occupabilità e la produttività.
In questo capitolo, l’analisi già condotta sulle ripartizioni Italia viene ripetuta a livello internazionale, utilizzando dai di fonte Eurostat, Ocse e Us Bureau of Census.
La Tavola 1 ricapitola i fatti demografici essenziali per Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Spagna, UE-27 e Us. Per i Paesi europei le proiezioni demografiche sono quello di fonte Eurostat, scenario “convergence”, mentre per gli Stati Uniti quelle dello scenario “centrale” sviluppato dal Bureau of Census.
In tutti i Paesi le percentuali di ultrasessantancinquenni e di oltraottantenni crescono significativamente dal 2015 al 2030 al 2060, e così pure gli indicatori di dipendenza strutturale. Alcuni aspetti di comparazione tra Paesi meritano di essere sottolineati:
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La Germania ha davanti uno dei processi di invecchiamento più acuti. Nel 2015 è al quinto posto, tra i Paesi presi in esame, per incidenza dei degli inattivi con età inferire a 14 anni e superiore ai 64 sul totale degli attivi tra 15 e 64 anni. Nel 2030 si sposta al secondo posto, per poi passare al primo nel 2060;
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Invecchierà velocemente anche la Spagna. Da Paese relativamente più giovane nel 2015 e nel 2030, diventerà il secondo più vecchio nel 2060;
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Dinamica opposta quella della Francia che, da Paese più vecchio nel 2015 e nel 2030, tra il 2030 e il 2060 vede rallentare il suo processo di invecchiamento rispetto agli latri Paesi, superata da Germania, Spagna, Italia e dalla stessa media UE-27;
Tavola 1 – Indicatori di dipendenza strutturale in Europa e Us
fonte: elaborazioni Ncs su dati Eurostat (scenario “convergence”) e Us Bureau of Census (scenario “central”) (click per ingrandire)
Tavola 2 – Invecchiamento della popolazione in Europa e Us
fonte: elaborazioni Ncs su dati Eurostat (scenario “convergence”) e Us Bureau of Census (scenario “central”) (click per ingrandire)
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Il Regno Unito è, da questo punto di vista, assimilabile alla Francia. Relativamente più vecchio della media nel 2015 e nel 2030, poi tra il 2030 e il 2060 vede rallentare il processo di invecchiamento, sino a diventare il Paese europeo (tar quelli in esame) relativamente più giovane. Solo gli Us sono più giovani del Regno Unito nel 2060;
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Gli Stati Uniti invecchiano un po’ più velocemente della media UE-27 sino al 2030, per poi sperimentare un rallentamento del processo di invecchiamento che, al 2060, li fa diventare il Paese relativamente più giovane. Nel medio-lungo termine, l’Europa invecchierà di più degli Stati Uniti;
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L’Italia è il terzo Paese più vecchio nel 2015, più della media UE-27 e immediatamente a ridosso della Spagna, che è il secondo Paese più vecchio. Tra il 205 e il 2030 il processo di invecchiamento procede meno velocemente che negli latri Paesi, ma tra il 2030 e il 2060 esso ritorna al di sopra della media, e anche nel 2060 l’Italia è il terzo Paese più vecchio, con indicatori molto prossimi a quelli di Germania e Spagna, rispettivamente il primo e il secondo Paese più vecchio.
Il ranking si riferisce al primo indicatore di dipendenza strutturale (0-14 & 65+ / 15-64), ma l’ordinamento resta sostanzialmente invariato se si considera il secondo indicatore di dipendenza strutturale (0-24 & 70+ / 25-69), o se si considerano le percentuali di 65+ e di 80+.
Tavola 3 – Tassi di occupazione nella fascia di età 15-64
fonte: elaborazioni Ncs su dati Eurostat (click per ingrandire)
Grafico 1 – Tassi di occupazione totali nella fascia di età 15-64
fonte: elaborazioni Ncs su dati Eurostat (click per ingrandire)
Le differenze tra realtà nazionali non riescono a far passare in secondo piano il tratto distintivo che accomuna tutti Paesi: l’allungamento della vita, con il conseguente invecchiamento della popolazione.
La Tavola 2 fornisce una intuitiva quantificazione della progressione della vita media. In Italia, tra il 2015 e il 2030, la vita media aumenterà di quasi 1,5 mesi all’anno, e di 1,25 all’anno tra il 2015 e il 2060. Nella media UE-27 i valori sono, rispettivamente, oltre 2 mesi all’anno e quasi 1,5 all’anno. Per il Us la progressione sarà più moderata, ma ugualmente significativa. Una vita media che si allunga di circa 1 mese all’anno, come più o meno in tutti i Paesi presi in esame, è un passo elevato, capace di modificare profondamente la composizione, le capacità e le esigenze della popolazione.
Per integrare i dati demografici con quelli di occupazione, la Tavola 4 e la Tavola 5 riportano, da fonte Eurostat, i tassi di occupazione nelle due fasce di età 15-64 e 20-64, con spaccato per sesso. Il Grafico 1 e il Grafico 2 offrono una visualizzazione immediata degli andamenti delle due grandezze nell’arco di tempo 1997 – 2012.
Nella fascia di età 15-64, l’Italia ha il tasso di occupazione più basso lungo tutto l’orizzonte preso in considerazione (1997-2012). Costantemente staccata dalla media UE-17 di circa 10 p.p.. Solo la Spagna, dove la crisi ha causato un vero e proprio tracollo occupazionale, fa peggio dell’Italia nel biennio 2011 e 2012, ma dopo circa un decennio di exploit occupazionale. La Francia è grossomodo allineata alla media UE-27. Meglio dell’UE-27 fa la Germania, soprattutto dal 2005 in poi. Regno Unito e Us mostrano le performance più stabili sull’orizzonte di tempo preso in esame, anche se la crisi ha avuto anche lì conseguenze negative, lasciando comunque i loro tassi ben al di sopra della media UE-27. La Germania è l’unico Paese che è riuscito ad attraversare la crisi senza cadute occupazionali: nel 2012, quasi dieci p.p. sopra la media UE-17 e quasi 20 sopra l’Italia.
Purtroppo, l’Italia fa segnare un record negativo anche per quanto riguarda lo stacco uomini-donne. Il tasso di occupazione femminile in età 15-64 è il più basso di tutti, circa 10 p.p. sotto la media UE-27, circa 18 dal valore degli Us.
Tra il 1997 be il 2007, non c’è evidenza di chiare tendenze alla convergenza verso i tassi di occupazione più elevati. Dal 2007 anno della crisi, ad oggi, sono subentrati, invece, segnali di divaricazione.
Considerazioni simili possono essere ripetute per i tassi di occupazione tra 20 e 64 anni. Su tutto l’orizzonte di tempo, l’Italia resta staccata di circa 10 p.p. dalla media UE-27. La Francia si mantiene poco al di sopra della media UE-27, mentre Germania e Regno Unito hanno tassi di occupazione significativamente più elevati. Nel 2012, il 61% dell’Italia si confronta con il 68,5 dell’UE-27, il 76,7 della Germania, il 59,3 della Spagna, il 69,3% della Francia, il 74,2 del Regno Unito, l’oltre 70% degli US (dato del 2011).