Una società che pensi alla diversità recuperando la capacità inventiva di ogni disciplina
Vorrei iniziare questo mio intervento raccontandovi un piccolo episodio che mi è stato riferito un po’ di anni fa e che a mia volta riferisco per attestare quanto si è fatto, nel nostro paese, sul percorso della deistituzionalizzazione.
Un’assistente sociale, in visita in una struttura residenziale per anziani, aveva incontrato un anziano signore che vagava in corridoio con una mela sbucciata in mano. Il signore le aveva chiesto:”Potrebbe per favore portare questa mela sbucciata a mia moglie che sta dall’altra parte, in quell’altra palazzina di questa struttura? Perché sa quando eravamo a casa insieme ero io che le sbucciavo la mela”.
L’episodio della mela sbucciata in modo sintetico dice tante cose sul cammino che si è fatto. Esistono oggi finalmente strutture che accolgono coppie che possono stare insieme. Esistono strutture dove è possibile portare qualche oggetto da casa, o un mobile. Il processo di deistituzionalizzazione è stato lungo e faticoso. Ma tanto si è fatto. E questo bisogna dirlo. Esistevano anche a Bologna strutture terribili che adesso non ci sono più.
Tanto si è fatto e tanto tuttavia c’è da fare perché la questione dell’assistenza agli anziani è una questione complessa. Si pensi alla carenza di servizi per l’assistenza domiciliare e al fatto che nel nostro paese, più o meno in un decennio, fattori diversi hanno reso il ricorso alle assistenti familiari straniere una prassi diffusa: in primis la forte carenza di servizi domiciliari e residenziali, la presenza di significative prestazioni monetarie senza vincolo di destinazione (appunto all’indennità di accompagnamento), la resistenza all’istituzionalizzazione. Da circa un decennio, dunque, donne straniere sostituiscono mogli, figlie e nuore nell’assistenza agli anziani. Di loro la società italiana sembra non poter fare più a meno. È emblematico, in tal senso, il consenso riscosso dalle badanti nel nostro paese. Svolgono una molteplicità di mansioni che vanno dalla cura delle persone alla gestione della casa.
La cura rappresenta un’esperienza usurante. Si è visto che a un peggioramento del soggetto non autosufficiente corrisponde un progressivo declino del caregiver. È stato anche dimostrato che la malattia di un genitore anziano determina, nel tempo, l’esclusione da qualsiasi altra sfera di attività che non sia la cura. Riduce drasticamente il tempo libero e la disponibilità per l’attività lavorativa. Complessivamente poi la non autosufficienza può avere un impatto destabilizzante nei confronti degli equilibri familiari. La vera questione è che le 24 ore sono qualcosa di inaffrontabile. Una sola badante non sarebbe sufficiente. Ce ne vorrebbero due, nel caso non ce ne sia una coresidente tre, per assicurare la copertura nelle 24 ore e la turnazione.
E allora fondamentale insistere nel dibattito sulla prevenzione, rafforzando i sistemi di protezione sociale, l’apprendimento permanente e le politiche di inclusione attiva dei cittadini, al fine di creare opportunità nelle diverse fasi della vita, proteggendo dal rischio di povertà ed esclusione sociale e incrementando la partecipazione attiva alla società.
Ribadire il ruolo centrale del volontariato nell’organizzazione dei servizi per anziani. Finalizzare risorse alla formazione delle badanti. Promuovere il telesoccorso. Rafforzare il ruolo dell’Università della Terza Età. Organizzare vacanze per gli anziani.
E se mancano servizi alleniamoci a mettere in campo idee.
Credo che bisogna aiutare la costruzione di una società che accetta che tutti non sono uguali, che pensa alla diversità recuperando la capacità inventiva di ogni disciplina. Per questo mi è piaciuto questo libro. Per la capacità inventiva di mettere insieme approcci diversi, per la capacità di suggerire non soluzioni, ma strade percorribili. Abbiamo bisogno di idee, di immaginare percorsi. Il nostro è un paese caratterizzato da un welfare debole in cui le risorse vanno massimizzate attivando servizi mirati.
Anni fa in Valpellice per gli anziani che vivevano su alture che d’inverno restavano isolate è stata realizzato a valle un foyer con annessa stalla in cui gli anziani avevano la possibilità di portare con se i propri animali, fonte essenziale di sussistenza.
Così come esistono progetti dove il problema della carenza delle abitazioni e del caro affitto per i giovani è risolto grazie ad anziani che fittano a buon prezzo una stanza nella loro casa godendo di un po’ di compagnia. A Piacenza per esempio sono stati realizzati progetti di coabitazione tra giovani e anziani. Un’idea che si potrebbe importare anche a Napoli.
Ciò che voglio dire è che è fondamentale far circolare le idee e che ogni idea va poi contestualizzata. A Valpellice il foyer si è dimostrato una soluzione vincente perché ideata da chi conosceva bene il contesto. È fondamentale contestualizzare l’intervento perché solo tenendo conto del territorio e dei problemi delle persone è possibile ideare soluzioni adeguate alle esigenze.