QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Una pratica trasformativa: l’auto-narrazione per soggetti anziani non autosufficienti e istituzionalizzati

L’esperienza che qui si presenta è stata realizzata dall’IRPPS-CNR nell’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo (decisione 940/2011/EU) e finanziata dal Comune di Napoli. In occasione dell’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo, infatti, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Napoli riporta in primo piano il tema per comprendere se e come il dibattito in corso sull’invecchiamento attivo possa riguardare la fascia più debole degli anziani presi in carico dal sistema dei servizi sociali, ovvero gli anziani istituzionalizzati non autosufficienti. Di qui il finanziamento del progetto Memory: il laboratorio narrativo, realizzato in una Casa Albergo che ospita 80 donne autosufficienti e non, di età compresa tra 65 e 91 anni. Una di quelle comunità che producono una sistematica, anche se spesso non intenzionale, mortificazione e riduzione del sé attraverso la segregazione fisica e la riduzione dei soggetti in contesti dove sono costantemente e permanentemente agiti (Goffman 1961). In comunità siffatte il sé non è abilitato a parlare di sé perché non si pensa e riconosce più quale soggetto agente. Al fine di ri-abilitare i soggetti a parlare di sé, si è dunque implementato un laboratorio narrativo con l’obiettivo di favorire il massimo livello possibile di attivazione in questi anziani non autosufficienti nell’idea che, proprio attraverso l’auto-narrazione, sia possibile promuovere una nuova comprensione di sé e quindi migliorarne la qualità di vita. In tal senso la narrazione è stata utilizzata quale pratica di attivazione e ne è derivata una proposta metodologica per studiare il ruolo della narrazione nei processi di attivazione degli anziani non autosufficienti.

La strategia d’intervento si è basatasull’attivazione di pratiche conversazionali su temi di vita quotidianae ha previsto l’allestimento di un laboratorio narrativo nell’ambito del quale con l’ausilio di sollecitatori visivi e uditivi (immagini colorate, foto personali e canzoni) e tattili (oggetti della vita quotidiana) l’équipe di ricerca ha stimolato donne anziane istituzionalizzate da anni e affette da pluripatologie a ricordare e raccontare frammenti di memoria perduta. Il laboratorio ha innescato un dispositivo che ha cambiato l’ambiente socio–materiale e configurato una situazione in cui donne anziane, normalmente agite, si sono performate quali soggetti agenti. Da una condizione quotidiana in cui erano normalmente tacitate e ridotte alla semi-immobilità, sono passate a una situazione in cui potevano parlare di sé, liberamente, ad alta voce e pubblicamente. Questa situazione nuova le ha trasformate. Ha sollecitato un ampliamento narrativo e discorsivo, ha sollecitato consapevolezza retrospettiva e variazioni nell’immagine di sé. Ha permesso loro di riappropriarsi di quella identità mortificata e appiattita dalla condizione di inattività. Si è così di fatto realizzata una nuova comprensione del sé a partire da un’esperienza formativa (Mezirow 2003).

Quando l’équipe è arrivata sembrava che queste donne non avessero il concetto di sé come persone titolari di diritti che potevano essere violati, e neanche il senso dell’ingiustizia di quanto stava loro accadendo. Non si lamentavano e non protestavano, sapevano che le cose andavano così e che così sarebbero andate e non sprecavano energia mentale nell’adirarsi, né tantomeno perdevano tempo a desiderare un’altra vita, perché le cose non sarebbero cambiate.

Attraverso l’auto-narrazione queste donne hanno invece recuperato il concetto di sécome persona (Nussbaum 2000) e questo le ha cambiate. Dopo l’intervento non sono state più le stesse.

Il caso di Anna.All’arrivo dell’équipe Anna è titubante e misura la sua partecipazione, poi supera le resistenze iniziali. Sceglie d’impulso un’immagine tra le tante poste sul tavolo e reagisce con impeto. Irrompe con una narrazione lunga e articolata. Finisce per monopolizzare l’attenzione dell’intero gruppo di ricerca. Dice: “Mi ricorda qualcosa… mi ricorda proprio la terra di mio padre, mi ricorda un po’ l’Abruzzo, vedendo questa famiglia, perché così me li ricordo.”È tangibile la sua sorpresa. Si muove e si commuove. I suoi occhi si accendono. È meravigliata e al tempo stesso soddisfatta per il solo fatto che sta ricordando. L’immagine la emoziona perché richiama la commozione che Anna provava da bambina quando andava in vacanza e nella narrazione Anna riesce a restituirci l’atmosfera di quelle vacanze, il carattere eccezionale di quell’evento, il sapore di quell’esperienza. Il processo rievocativo vissuto ha un effetto dirompente. La trasforma. Dopo non è più la stessa. L’équipe torna la settimana successiva e Anna è inquieta e agitata, parla a voce alta e protesta: rivendica maggiore attenzione alle sue necessità, chiede aiuto. Al nostro ritorno Anna è una donna in azione, una donna che rivendica il suo diritto ad esistere riaffermando il suo punto di vista.


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