QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Lo sguardo etnografico nella ricerca-azione “memory”: Tra racconto e metodo

“Memory” rimanda ad una modalità di fare ricerca che si differenzia dalla tradizione sperimentale classica in quanto assume i fenomeni sociali come intrinsecamente contestuali e la stessa impresa conoscitiva come una pratica “situata”. In tal senso si colloca nelle recenti linee di ricerca empirica dei practice-based studies (Bruni Gherardi 2007) e utilizza metodologie che assumono il «legame con il contesto» e le dinamiche interattive che in “esso” si producono come ineludibile e precipuo oggetto di indagine (Zucchermaglio, Alby, Fatigante, Saglietti (2013).

In questa ottica il “Laboratorio narrativo”, ovvero il contesto socio-materiale ed interattivo in cui si producono le narrazioni è considerato «il luogo» dove è possibile indagare in modo «situato» l’azione del narrare come pratica di attivazione. Al pari di qualsiasi altro atto conoscitivo, infatti, il narrare non si realizza in un vuoto sociale ma si materializza in un contesto. Non è dunque azione intimistica, esito di processi individuali, ma è invece inteso come pratica sociale e culturale situata, incorporata, collettiva, distribuita e formata a partire dall’esperienza dei corpi immersi spazialmente e temporalmente nell’interazione con altri corpi e con diversi oggetti della pratica (Viteritti 2011). Ne consegue che le interazioni tra i diversi soggetti che vi partecipano (l’equipe di ricerca e le anziane) all’interno di un “nuovo” ambiente materiale stimolante (gli strumenti materiali e simbolici, l’attenzione al corpo e il nuovo posizionamento dei corpi nello spazio, la creazione di artefatti, etc.) costituiscono il focus privilegiato attraverso cui studiare come si struttura la pratica narrativa.

L’indagine etnografica condotta attraverso la tecnica dell’osservazione partecipante ricostruisce il contesto d’indagine in cui si svolge la ricerca azione, ovvero la cultura della comunità che ospita le anziane e, parallelamente, documenta l’esperienza del narrare nel vivo del laboratorio, analizzando le dinamiche interattive emerse nel nuovo frame comunicativo implementato. L’approccio etnografico porta, infatti, l’equipe di ricerca e il laboratorio narrativo “dentro il contesto di vita”, a interagire “con” i diversi attori che vivono la realtà della struttura residenziale. Il gruppo di ricerca non partecipa alla vita quotidiana della comunità in studio e non ha avuto accesso a tutti i locali della struttura. Tuttavia anche limitatamente agli incontri programmati nel disegno della ricerca e compatibilmente con la disponibilità di apertura della comunità religiosa, la tecnica dell’”osservazione partecipante” consente di cogliere l’ambiente materiale in cui viene introdotto il laboratorio e l’ambiente umano in termini di relazioni, pratiche, norme e valori esperiti dalle anziane nella vita quotidiana. Gli incontri con gli attori istituzionali (le religiose che gestiscono la struttura residenziale e le operatrici socio-assistenziali), con i soggetti assistiti (le anziane che non partecipano al laboratorio) e le osservazioni focalizzate sul nuovo frame costruito nel laboratorio, consentono di pervenire a una rappresentazione della cultura della comunità che ospita le anziane, delle pratiche e delle regole tacite che governano la struttura residenziale. Emergono così le dinamiche relazionali ordinarie agite nel contesto della struttura residenziale nella vita quotidiana che sottostanno e interagiscono con quelle “nuove” che si costruiscono nel contesto del laboratorio.

Parallelamente all’osservazione finalizzata a ricostruire una visione d’insieme della cultura in studio, l’osservazione etnografica si è focalizza, in particolare, sulle attività che si producono nel laboratorio e sulle dinamiche interattive emerse in relazione agli input introdotti. La domanda generativa da cui muove l’osservazione è stata: cosa sono in grado di essere e di fare le anziane che partecipano al laboratorio? Di contro, quali sono le opportunità messe a loro disposizione nel quotidiano fuori dal laboratorio. L’obiettivo perseguito è stato quello di evidenziare i fattori di contesto e i dispositivi che stimolano o viceversa inibiscono le capacità di attivazione delle anziane, e di individuare le performance soggettive che ci consentono di rilevare scome le anziane rispondono agli input.

Il diario degli incontri redatto attraverso le note etnografiche e l’ausilio delle audio e delle video registrazioni, costituisce la base empirica di costruzione del dato che consente di rilevare il cambiamento dei comportamenti osservati nell’arco temporale in cui si sono svolte le attività, e gli effetti trasformativi (Mezirow 2003) prodotti dalle nuove interazioni sui soggetti. Il resoconto etnografico osserva e descrive in modo denso (Geertz, 1988) i processi di attivazione delle anziane focalizzando l’attenzione sulle singole azioni messe in campo e sulle dinamiche relazionali tra i soggetti componenti il gruppo nel laboratorio narrativo, e fuori nell’ambito delle interazioni inscrivibili nelle routine quotidiane. In particolare, l’osservazione focalizzata sulle attività praticate e sulle dinamiche interattive emergenti nel laboratorio evidenzia i fattori di contesto e i dispositivi che favoriscono il processo di attivazione, individua le performance soggettive che consentono di rilevare se e come le anziane rispondono alle sollecitazioni.

In queste note richiamiamo brevemente l’attenzione sui fattori e i dispositivi che hanno stimolato i processi di attivazione e le performance narrative.

 Il laboratorio: un nuovo ambiente socio-materiale
Il laboratorio narrativo non allestisce una struttura fisica, ciononostante modifica lo spazio e il tempo di vita esperiti dalle anziane nella casa, innescando un dispositivo che cambia significativamente l’ambiente socio-materiale: introduce nuovi soggetti e nuovi oggetti con cui interagire, pone le anziane in una nuova dimensione comunicativa e relazionale, crea il luogo dell’incontro e del dialogo, non solo tra le partecipanti e i componenti del gruppo di ricerca ma anche tra le anziane stesse.

Nella pratica dell’auto-narrazione le anziane sperimentano un diverso agire comunicativo e relazionale che comporta una novità nelle pratiche consuete vissute nella comunità residenziale (le dinamiche relazionali tra le anziane, tra i soggetti istituzionali e le anziane, i saperi riconosciuti e legittimati, le routine quotidiane standardizzate) introducendo nuove condotte, nuove modalità di interazione e nuove attività che modificano seppure in modo contingente il vivere quotidiano e, quindi, i soggetti coinvolti.

L’auto-narrazione costituisce il dispositivo che mette in moto le anziane: le diverse attività proposte nel laboratorio stimolano la rievocazione narrativa orale di frammenti più o meno estesi delle storie di vita personali, al fine di riattivare le anziane sul piano esperienziale, emotivo e cognitivo. I racconti sono indotti mediante diverse sollecitazioni sensoriali – l’osservazione di immagini e foto personali, l’ascolto di brani musicali, la manipolazione, il suono e l’odore di diversi oggetti comuni della vita quotidiana oggi non più consueti – e attività pratiche quali “le mani in pasta” e il disegno libero. Gli input introdotti richiamano alla memoria delle partecipanti sensazioni, emozioni, esperienze vissute in un passato lontano o anche recente e stimolano il racconto. Inducono quindi a mobilizzare (mettere in moto) le energie e le risorse interne delle anziane che progressivamente fanno fronte alle sollecitazioni del ricercatore producendo diverse risposte, prima sul piano emotivo e via via, alcune in modo particolare, su quello cognitivo. Nello specifico, rispondono in modo diverso alle sollecitazioni per diversità caratteriali, di background e condizioni di salute psico-fisica. Dai diversi gruppi, inizialmente indistinti e uniformi, progressivamente emergono le performance soggettive, i diversi tratti caratteriali e le diverse storie di vita che in alcuni casi è possibile ricostruire con dovizia di particolari, in altri solo abbozzare.

Ricorrendo a configurazioni di differenti risorse semiotiche (linguaggi, gesti, sguardi, posizionamento corporeo, oggetti, etc.) le anziane compiono azioni congiunte e interconnesse (ricordare, parlare, parlare a sé, parlare alle altre, ascoltare, vedere, toccare, odorare, manipolare, disegnare) che diventano empiricamente osservabili. I linguaggi e le nuove regole agite dagli attori che compongono l’equipe di ricerca, gli strumenti che sollecitano e mediano l’azione del ricordare e del narrare, le pratiche narrative e auto-narrative prodotte, costituiscono i dati empirici rilevanti che innescano e sviluppano il processo di attivazione.

L’analisi di tali risorse semiotiche consente di considerare come la capacità di cognizione (ricordare e raccontare) che rivelano le anziane non si produca nelle singole teste, ma si estrinsechi in un ambiente relazionale e materiale diverso da quello che esperiscono nella loro vita quotidiana, mostrandone la natura profondamente sociale e situata. Ciò porta a concludere che l’atto narrativo si possa configurare come una pratica collaborativa, materiale e mediata culturalmente.


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