Invecchiamento attivo: quali esperienze negli stati dell’Unione Europea?
1. Introduzione
L’invecchiamento della popolazione rimane una sfida comune nel lungo periodo per tutti gli Stati Europei, sebbene gli ordini di grandezza, rapidità e tempistica dei fenomeni siano variabili (Lanzieri 2011). Le potenziali implicazioni sulle dimensioni e forma dei servizi pubblici e delle finanze, nonché sulle capacità di crescita futura e sul tenore di vita sono notevoli (Economic Policy Committe, 2009a, 2009b). Serve perciò un cambiamento nelle politiche pubbliche e nelle istituzioni ed anche nei comportamenti individuali che vada verso l’estensione della vita lavorativa, ma anche un contributo alla società attraverso lo svolgimento di attività non pagate (ad esempio il volontariato e l’impegno familiare) nel periodo della senescenza. Questa sfida ha assunto una particolare urgenza da quando, nella maggior parte dei paesi europei, le cosiddette schiere dei nati nel periodo del baby boom stanno per raggiungere l’età pensionabile. La crescita della popolazione in età lavorativa dipende in molti paesi dal fenomeno migratorio2.
Per capire meglio l’enfasi del fenomeno dell’invecchiamento attivo, è utile fare una distinzione tra “età cronologica” (per esempio l’esperienza di cambiamento che tutte le persone fanno dalla culla alla tomba) e “l’età sociale” (è un costrutto sociale che coinvolge le aspettative ed i vincoli istituzionali e che permette di capire come gli anziani reagiscono quando invecchiano). L’invecchiamento attivo è collegato con il fenomeno sociale attraverso il quale, con la speranza di vita che aumenta, le persone anziane si aspettano di continuare a partecipare più a lungo al mercato del lavoro così come nelle altre attività produttive. Nello spirito di promuovere una vita attiva il più a lungo possibile, si cerca di innalzare l’età pensionabile e di creare aggiustamenti nell’ambiente lavorativo tali da renderlo il più possibile adatto alla forza lavoro anziana. Per esempio, Laszlo Andor, Commissario per il lavoro e gli affari sociali, ha notato che “la chiave per affrontare la sfida dell’incremento del numero delle persone anziane nelle nostre società è l’invecchiamento attivo: incoraggiando le persone anziane a rimanere attive attraverso il prolungamento della loro vita lavorativa, andando in pensione più tardi, ed impegnandosi in attività lavorative dopo il pensionamento, conducendo una vita sana ed autonoma” (Commissione della Comunità Europea, 2011, pag. 8). Nel Box 1 si dà una definizione di invecchiamento attivo che proviene dall’Ageing and Life Course Programme dell’OMS, incluso il documento della 2° Assemblea Mondiale sull’Invecchiamento, Madrid, Aprile 2002 (World Health Organisation, 2002).
Box 1: Che cosa significa per noi invecchiamento attivo?
L’invecchiamento attivo è un concetto ampiamente discusso ma è di relativamente recente accezione. La definizione più quotata è quella della World Health Organisation’s Ageing and Life Course Programme che fu inclusa anche nel documento della Seconda Assemblea dell’UN World sull’invecchiamento, redatta nell’aprile del 2002. La definizione comincia così:
“L’invecchiamento attivo è un processo per ottimizzare le opportunità per la salute, la partecipazione e la sicurezza al fine di migliorare la qualità della vita delle persone.”
(World Health Organisation, 2002, pp. 12).
Qui è utile elaborare le parole chiave: “attivo” e “salute”.
• Attività implica una continua partecipazione delle persone anziane nell’ambito sociale, economico e culturale, spirituale e negli affari civili[e]non solo l’abilità di essere fisicamente attivo o di partecipare alla forza lavoro (ibid, pp. 12).
• Seguendo lo spirito delle multidimensionalità, adottando una prospettiva ampia, il termine salute si riferisce allo stato di benessere fisico, mentale e sociale (ibid, pp. 12).
Così, seguendo la definizione dell’OMS, il discorso pubblico sull’invecchiamento attivo si innesta, attraverso buone opportunità, nel mercato del lavoro ed anche attraverso contributi attivi riguardo il volontariato. Tutto ciò è produttivo sia per gli individui, sia per la società dove questi vivono. Anche il mantenimento delle attività per la salute sono incluse e si basano non solo sulla salute fisica, ma anche su quella mentale e sociale.
Facendo riferimento alla definizione dell’OMS, in questo lavoro viene sottolineata l’attività, ma non se sia stato raggiunto l’obiettivo finale di migliorare la qualità della vita di coloro che ne sono coinvolti. Il problema delle implicazioni di un invecchiamento attivo che si attua attraverso le finanze pubbliche (al fine di migliorare le entrate fiscali e i contributi sociali e rendere così il sistema di welfare pubblico finanziariamente sostenibile) in questo contesto non viene discusso.
Il presente lavoro è, quindi, orientato a fornire un’evidenza empirica in materia di invecchiamento attivo in tutti gli Stati dell’Unione Europea, attraverso un’analisi comparativa dei dati disponibili basandosi su due aspetti: il mercato del lavoro che assume lavoratori anziani e la natura delle attività produttive di volontariato. Esso analizza le variazioni dei vari paesi (in modo da esplorare la misura in cui le differenze tra paesi potrebbero essere associate a differenze nelle politiche pubbliche e nelle istituzioni), e tra i sottogruppi di individui (in modo da analizzare quali sono le differenze nel modo in cui viene vissuto l’invecchiamento in base alle diverse esigenze e aspirazioni, in relazione a età, sesso e stato di occupazione, nonché lo stato civile, le modalità di vita e il livello di istruzione).
Il resto del testo è diviso in cinque sezioni. La sezione 2 fornisce una breve rassegna della letteratura sull’invecchiamento attivo, soprattutto quella più recente. La sezione 3 presenta una panoramica sulla ripartizione del tempo tra lavoro retribuito e le varie forme di lavoro non retribuito di uomini e donne durante tutto il corso della vita in 14 paesi europei. La sezione 4 fornisce maggiori dettagli sui modelli di lavoro non retribuito degli anziani. La sezione 5 si concentra sull’analisi dei modelli di partecipazione al mercato del lavoro dei lavoratori più anziani in tutti i 27 paesi dell’UE. La sezione 6 fornisce alcune conclusioni politiche.
I risultati ottenuti per il tempo dedicato al lavoro retribuito e quello non retribuito sono stati tratti principalmente dall’HETUS (the Harmonised European Time Use Surveys). Questi risultati si aggiungono a quelli derivati dallo SHARE (the Survey of Health and Retirement in Europe), per il lavoro di volontariato. I dati relativi alle tendenze e modelli di assunzione nel mercato del lavoro derivano dalla EU-LFS (the European Union Labour Force Survey).
2. Riassunto della letteratura
Le politiche volte a promuovere l’invecchiamento attivo sono state presentate come una potenziale panacea per le sfide dell’invecchiamento della popolazione incontrate dalle società europee. Queste politiche sono ritenute particolarmente rilevanti nel prolungare la vita lavorativa in quanto contribuiranno a risolvere le sfide della sostenibilità finanziaria del sistema pubblico e del welfare. Queste politiche sono inoltre tenute a contribuire ad evitare il conflitto tra generazioni che molti sostengono deriverà dal cambiamento demografico che le nostre società stanno vivendo (Hamblin and Zaidi, 2010; Gasior and Manchin, 2012). L’aspetto più rilevante è che l’aumentare della speranza di vita dovrebbe essere accompagnato dall’aumentare degli anni di attività del mercato del lavoro. Mentre non è così, infatti il tempo che le persone trascorrono in pensione è superiore rispetto al tempo lavorativo – in media, in Europa la durata della pensione va oltre al 50% rispetto a quello della vita lavorativa.
È chiaro, quindi, che l’uscita dal mercato del lavoro per andare in pensione non è necessariamente associata con la riduzione del livello delle attività produttive per la maggior parte delle persone (Walker e Naegele, 1999). Il pensionamento è quindi sempre più considerato da molti come la terza fase attiva nel corso della vita, dopo quella scolastica e quella lavorativa – quindi il termine troisième âge (terza età) è stato concepito in Francia per definire questo periodo di relativa buona salute e partecipazione sociale (Guillemard e Rein, 1993).
L’origine del termine invecchiamento attivo risale, molto probabilmente, alla letteratura americana sull’ “invecchiamento di successo”, durante gli anni ’60, che viene definito come “negare l’inizio della vecchiaia e sostituire quelle relazioni, attività e ruoli della mezza età che si perdono con altre nuove, al fine di mantenere le attività e le soddisfazioni della vita” (Walker, 2002: 122). Walker (2002) sostiene che lo stesso concetto è stato riformulato negli anni ’80 come “invecchiamento produttivo”, spostando l’accento dal solo invecchiamento al corso di tutta la vita. Inoltre, l’evoluzione dell’invecchiamento produttivo in invecchiamento attivo è avvenuta negli anni ’90 quando l’OMS ha creato il collegamento tra l’attività e la salute, così come è stato riconosciuto che il pensionamento è un periodo caratterizzato da attività produttive (oltre a un impegno formale con il mondo del lavoro), come ad esempio il volontariato e il prendersi cura dei bambini e degli altri membri della famiglia (Guillemard e Rein, 1993; Künemund e Kolland, 2007).
L’invecchiamento della popolazione è diventato evidente come una questione di politica europea nei primi anni ’90, quando è stato istituito un osservatorio europeo per studiare l’impatto delle politiche pubbliche sull’invecchiamento e sulle persone anziane (come citato in Walker, 2010). Durante questo periodo, l’Anno Europeo degli anziani nel 1993 è stato un’occasione importante nel momento in cui è stato promosso a livello europeo un discorso politico sull’invecchiamento attivo (Walker, 1993). La tappa successiva è stato il 1999, l’anno degli anziani delle Nazioni Unite. Il riferimento al prolungamento della vita attiva nella documentazione EU/EC (Commissione delle Comunità Europee, 1999) fa un’importante menzione al pensionamento anticipato come a una decisione vincolata per i lavoratori più anziani: “per tutta la durata della vita lavorativa, cresce il rischio di emarginazione e di una eventuale esclusione dal mercato del lavoro. Alla fine, i lavoratori anziani si trovano spesso davanti al fatto che il pensionamento anticipato è l’ultima scelta possibile” (Ibid, pp. 10). Così, come proposto in questa sede, l’accento è stato posto su un miglioramento del tasso di occupazione dei lavoratori più anziani e sul fatto che bisogna adeguare le normative di tutela del lavoro basandosi su una forza lavoro che invecchia.
Dal 1999, l’invecchiamento attivo è apparso spesso in molti documenti dell’EU/EC. Più delle volte, l’obiettivo dell’invecchiamento attivo è stato visto come un prolungamento della vita lavorativa al fine di scoraggiare il pensionamento anticipato. Per esempio, l’attenzione posta per migliorare la partecipazione al mercato del lavoro dei lavoratori più anziani è riflessa in due obiettivi dell’Unione Europea: nel 2001 l’obiettivo di Stoccolma è stato quello di garantire che la metà delle persone nella fascia di età 55-64 anni fosse occupato entro il 2010, e nel 2002 l’obiettivo di Barcellona e stato quello di aumentare l’età media di uscita dal mercato del lavoro (per il pensionamento) di cinque anni entro lo stesso anno. Anche se, fino ad oggi, nessuno dei paesi dell’unione europea è riuscito a raggiungere l’obiettivo di Barcellona, Germania, Irlanda, Cipro, Paesi Bassi e Finlandia hanno innalzato il tasso di occupazione per la fascia di età 55-64 anni oltre la soglia del 50% entro il 2010 (in Svezia, Danimarca, Portogallo e Regno Unito il tasso di occupazione di questa fascia di età era già superiore al 50% nel 2001, anno in cui è stato fissato l’obiettivo).
Il Madrid International Plan of Action on Ageing (MIPAA) del 2002 e il suo European Implementation Strategy (RIS) ha dato ulteriore risalto all’invecchiamento attivo come risposta politica strategica alle tendenze della popolazione e ad una visione della società per tutte le età (Nazioni Unite, 2002).
Recentemente, l’invecchiamento attivo viene definito nell’Europe 2020 – una strategia per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva, che sottolinea in particolare l’importanza di rispondere a “La sfida di promuovere un invecchiamento sano e attivo per consentire una coesione sociale e una maggiore produttività” (Commission of the European Communities 2010:18). In linea con la strategia Europe 2020, la European Employment Strategy promuovere politiche e misure destinate alle persone anziane al fine di sostenere il prolungamento della vita lavorativa.
I documenti dell’Unione Europea riconoscono anche forme più ampie di attività nell’ambito di una politica dell’invecchiamento attivo, come ad esempio la formazione permanente, al fine di mantenersi attivi in attività produttive non retribuite dopo il pensionamento (come il volontariato), e anche di impegnarsi in attività che conservino la salute (Commission of the European Communities, 2002). Nell’ambito della più ampia strategia Europea 2020, la European Innovation Partnership for active and healthy ageing, ad esempio, si concentra sulla prevenzione, promozione della salute e assistenza integrata, nonché su una vita attiva e autonoma per le persone anziane. Il suo obiettivo principale è quello di aumentare l’aspettativa media di vita in buona salute dalla nascita all’interno dell’Unione Europea di due anni entro il 2020 (Commission of the European Communities, 2011, pp. 12).
Nel settembre 2011, l’Unione Europea ha designato il 2012 come l’Anno Europeo dell’Invecchiamento Attivo e della Solidarietà tra le Generazioni (decisione 940/2011/EU). L’obiettivo principale dell’anno europeo 2012 è quello di aumentare la consapevolezza del valore dell’invecchiamento attivo, evidenziando l’utile contributo degli anziani alla società e all’economia, per individuare e diffondere buone pratiche, e per incoraggiare i responsabili politici e le parti interessate a tutti i livelli al promuovere l’invecchiamento attivo.
1 Questo articolo è stato finanziato e preparato ad uso della Commissione Europea, Direzione Generale per lo Sviluppo, Affari Sociali ed Inclusione. Non è necessario che rifletta l’opinione o la posizione della Commissione Europea, Direzione Generale per lo Sviluppo, Affari Sociali ed Inclusione. Nessun altra Commissione od alcuna persona è responsabile per l’uso che può essere fatto delle informazioni contenute in questa pubblicazione. Gli autori sono grati per i commenti ricevuti da Terry Ward riguardo l’articolo e per averci fornito i risultati dettagliati dal Labour Force Survey.
Asghar Zaidi: PhD professore di Politica Internazionale Sociale, Centro per la ricerca sull’invecchiamento – Università di Southampton.
Eszter Zólyomi: Ricercatore e Project Coordinator of MA:IMI / II (Mainstreaming Ageing: Indicators to Monitor Implementation) European Centre for Social Welfare Policy and Research, Vienna – zolyomi@euro.centre.org.
2 Per esempio, in Italia il naturale ricambio della popolazione (la differenza tra nascite e morti) durante il 2010-2011 ha ridotto la popolazione di 25.500 unità, dove la popolazione totale (inclusi i flussi migratori) è stata incrementata di almeno 300.000 persone.