QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

2. Premessa su alcuni concetti fondamentali.

Per una corretta comprensione delle tematiche di seguito riportate, sono qui esposti alcuni concetti preliminari. Al seguente capitolo sarà invece proposta una breve sintesi d’inquadramento sull’avvio della crisi nel 2007-2008.

2.1 Securitization e modello d’intermediazione “originate to distribute”.
Per Securitization (cartolarizzazione), si intende un’operazione di finanza strutturata finalizzata alla cessione di attività non liquide o future attraverso l’emissione di titoli il cui rimborso e corresponsione di interessi sono collegati ai flussi di cassa prodotti dalle stesse attività smobilizzate. Questo tipo di operazione consente di rimodellare il rischio e ridistribuirlo presso gli investitori, venendo incontro alle diverse preferenze di rischio-rendimento.
Il modello di intermediazione originate to distribute (OTD) poggia appunto sul processo di securitization. Sulla base di questo, le banche e le finanziarie erogano credito, ma piuttosto che mantenerlo a bilancio (attività tradizionale, detta anche originate to hold), lo cartolarizzano (creando così “strumenti finanziari supportati da attivi”, Asset Backed Securities – ABS) e lo rivendono al mercato.
Tipicamente, il procedimento di cartolarizzazione prevede la cessione di un portafoglio (pool) di attività (idonee a produrre flussi di cassa periodici, omogenee fra di loro e possibilmente di un elevato valore complessivo, in modo tale da realizzare economie di scala) da parte del soggetto titolare (originator) a una società veicolo, o “special purpose vehicle” (SPV). A partire da questo patrimonio separato si realizza l’emissione di titoli commerciabili il cui valore è direttamente legato alle performance delle attività in parola, che ne costituiscono quindi il sottostante.
Successivamente alla loro emissione, i titoli sono collocati principalmente per il tramite di una investment bank. In particolare, queste possono collocare direttamente tali ABS, oppure procedere ad accorparle in nuovi portafogli, sulla base dei quali emettere altri titoli (realizzando così ulteriori livelli di cartolarizzazione, a seconda dei quali si possono avere gli ABS CDO, i CDO squared, i CDO cubed – dove CDO sta per Collateralized Debt Obligations, o obbligazioni fondate su altri titoli soggetti a rischio di credito). Ruolo rilevante è poi quello svolto dal servicer, che si occupa (contro corresponsione di una commissione, la servicing fee) di ricevere i pagamenti e di monitorare la situazione delle attività sottostanti2. Tale compito può essere svolto dallo stesso originator, oppure affidato a società apposite.

2.2 Caratteristiche dei titoli da cartolarizzazione. Vantaggi e rischi per emittenti e investitori.
Come si è detto, lo special purpose vehicle emette titoli il cui valore è fondato su attività sottostanti, sulle quali gli investitori detengono un diritto. Tuttavia il valore di quest’ultimo è condizionato dal grado di subordinazione dei titoli posseduti, oltre che da ulteriori caratteristiche contrattuali.
Con riguardo al primo aspetto, è necessario registrare come, a partire dal portafoglio delle attività, vengano create di norma diverse classi di titoli (tranches) caratterizzate da diversi gradi di priorità nel conseguimento dei flussi di cassa. Con questo meccanismo infatti, al verificarsi di eventi di default nell’ambito del sottostante, le perdite sono assorbite a partire dalle categorie di titoli a minore seniority (cui in cambio viene promesso un maggiore rendimento), con coinvolgimento delle altre classi solamente in via successiva, secondo un meccanismo detto “a cascata” (waterfall).
Mediante il procedimento di tranching vengono dunque create categorie di cartolarizzazioni a diverso grado di rischio e rendimento, concentrando il rischio in alcune fasce, e ricavando una certa quantità di titoli quasi risk-free. Successivamente le tranche vengono corredate da giudizio di rating (il ruolo delle agenzie di rating è fondamentale) e i titoli vengono immessi nel mercato.

Diagramma : Esempio di tranching applicato a un portafoglio di crediti.
Impostando un ordine di priorità (seniority) nel beneficio dei flussi di cassa originati da un portafoglio crediti, è possibile concentrare il rischio in determinate fasce di cartolarizzazioni. Il rischio di credito di ciascuna categoria viene valutato dalle agenzie di rating secondo modelli matematico-statistici. Su questa base vengono connotati i titoli.

Fonte: Elaborazione personale.

Vi sono diversi motivi per cui questo tipo di operazione determina un valore maggiore rispetto all’emissione di titoli semplicemente rappresentativi del sottostante e privi di seniority, o alla vendita dei singoli asset. Le ragioni fondamentali sono collegate ad imperfezioni di mercato, ma soprattutto ad una regolamentazione finanziaria (Basilea, Solvency, vincoli di detenzione di capitale per le investment bank, restrizioni agli investimenti dei fondi pensione) che incentiva l’acquisto di titoli a minore rischio (o meglio, a maggiore rating), creando così una forte domanda.
Il miglioramento della qualità creditizia di parte dei titoli originati rispetto al portafoglio iniziale è detto “credit enhancement”. Esempi rilevanti in questo senso sono la previsione di una “over-collateralization”, ovvero l’emissione di titoli di valore nominale inferiore rispetto al sottostante fornito, oppure la presenza di assicurazioni o garanzie di terze parti. Clausole contrattuali protettive hanno effetti favorevoli in termini di rating.
Nel campo delle ABS esiste una varietà di alternative in termini di caratteristiche contrattuali. In particolare, differentemente dalle obbligazioni societarie tradizionali, la maggior parte dei titoli cartolarizzati è connotata da un processo di ammortamento (la restituzione del capitale avviene quindi in via graduale) e vi è la possibilità di rimborso anticipato del credito. Le differenze chiave tra bond e ABS (con ripartizione in tranche a diversa seniority) sono presentate nella successiva tabella:

Tabella : differenze chiave tra obbligazioni e ABS.

Fonte: Elaborazione personale.

In via generale, le ragioni sottese all’attività di cartolarizzazione sono riferibili alla possibilità di ridurre il mismatching tra le scadenze e di reperire fondi a costi minori, oltre che all’allocazione del rischio e a specifici benefici in termini di liquidità. Inoltre il trasferimento del rischio può migliorare la dotazione di capitale in rapporto ai requisiti di vigilanza, agevolando la remunerazione degli azionisti.
Con riguardo alla riduzione dei costi di finanziamento, sono diversi gli studi3 che confermano come, in determinate circostanze, le cartolarizzazioni riescano a determinare una diminuzione dei costi di reperimento di risorse liquide.
Per gli intermediari finanziari, l’attività di cartolarizzazione assume poi una rilevanza particolare, data le possibilità d’intervento nelle asincronie delle scadenze e di espansione della propria attività. Vantaggi specifici sono poi riconnessi al trasferimento del rischio e alla natura stessa dell’attività: con la cartolarizzazione dei crediti di cui sono titolari, gli intermediari hanno possibilità di conseguire una sostituzione di ricavi da margine di interesse con ricavi da commissioni, riducendo la rilevanza di problematiche di raccolta e in particolare di limitazione del rischio di credito e di vincolo dimensionale sul patrimonio.
Infine, altri vantaggi sono poi collegati al trattamento delle poste a bilancio, in quanto la liquidazione degli asset consente la registrazione di valori certi (evitando valutazioni prudenziali delle attività).
Dal punto di vista dei rischi riconnessi all’attività di cartolarizzazione, questi, in generale, possono essere riassunti nei concetti di asimmetria informativa, moral hazard e aumento del rischio sistematico.
Svantaggi per gli emittenti (focalizzando solamente gli aspetti specifici di questa categoria di attivi) sono in primo luogo collegati alla gestione degli asset più rischiosi: possono infatti emergere problematiche inerenti al collocamento dei titoli a qualità inferiore. In particolare, le tranche di ultima categoria (equity/junior tranche) possono permanere in capo al soggetto che ha gestito la cartolarizzazione, se non vengono acquistate da hedge fund.
Ulteriori problematiche ineriscono a problemi di scala: affinché il processo presenti un certo grado di economicità, è infatti necessario che questo interessi un volume sufficientemente elevato di sottostante (in modo da ammortizzare adeguatamente costi amministrativi, legali, commissioni, spese per l’attribuzione di rating, ecc.).
Infine possono aversi questioni di permanenza del rischio anche in via successiva al trasferimento degli asset (ad es. in caso di prestazione di garanzie).
Le opportunità per gli investitori possono essere di diversa natura, tuttavia un aspetto di particolare rilevanza riguarda il cd. “arbitraggio” sui rating: le obbligazioni corporate (senza contare i titoli di Stato) a giudizio AAA hanno infatti un rendimento inferiore rispetto ad ABS a paritetico giudizio AAA4. Dati i vincoli regolamentari, che in diversi campi incentivano la detenzione di asset ad elevato standing creditizio, a parità di rating è maggiormente profittevole rivolgersi a titoli più remunerativi (maggiore rendimento su base risk adjusted – se si considerano solo i rating);
Ulteriori vantaggi, in linea teorica, possono essere conseguiti in termini di diversificazione del portafoglio, nonché, per determinati soggetti, in termini di ricartolarizzazione. Considerando quest’ultimo aspetto, costituendo un nuovo portafoglio di ABS di diversa tipologia e attivando un nuovo processo di cartolarizzazione, è possibile (teoricamente) raggiungere un risultato di diversificazione tale da permettere un incremento globale nella quantità di titoli a maggiore rating (questa è la ragione di fondo dei titoli da ricartolarizzazione).
I rischi per gli investitori derivano dagli aspetti generali già indicati nel precedente paragrafo (asimmetria informativa, moral hazard e aumento del rischio sistematico). In particolare, la possibilità di effettuare cartolarizzazioni stimola banche e società finanziarie ad una politica di forti assunzioni, con possibile coinvolgimento di soggetti non meritevoli e altrimenti esclusi, dato il trasferimento del rischio al mercato e la possibilità di ricavare titoli ad elevato standing creditizio anche a partire da un sottostante di scarsa qualità. Tutto ciò in presenza di una limitata capacità di controllo e apprezzamento da parte dell’investitore, che, affidandosi eccessivamente alla valutazioni di rating, può esporsi a errori insiti in queste ultime. Ad accentuare le problematiche appena esposte può poi concorrere la complessità dei titoli, progressivamente cresciuta nel tempo.

2.3 I Credit Default Swap.
I credit default swap (CDS) rappresentano contratti mediante i quali negoziare il rischio di credito. Attraverso questi, un venditore di protezione si obbliga a corrispondere il valore nominale di un titolo, o un valore nozionale pattuito, al verificarsi di un evento inerente al rischio di credito (credit event – un’insolvenza, o anche un downgrade) di un’entità di riferimento, società o, ad es., un’obbligazione o tranche di prodotto strutturato (si dice reference entity la società, reference obligation lo strumento d’interesse). La protezione viene venduta ad un acquirente che, di contro, si impegna a fornire pagamenti periodici (di norma trimestralmente), in genere commisurati sulla base di uno spread pesato sul valore nozionale, in proporzione al rischio assunto.
Fornendo un esempio concreto, al default di Lehman Brothers il valore nozionale dei CDS ad essa riferiti era di 72 miliardi di dollari. Tuttavia, di per sé, il valore nozionale rappresenta un valore globale: dati i segnali del verificarsi di un credit event, il protection seller può anche coprirsi acquistando protezione a sua volta, anche se probabilmente ciò gli costerà spread maggiori rispetto ai pagamenti in entrata. Può essere anche vero il contrario: degli operatori possono infatti speculare sul deterioramento della posizione di una società, o di determinati strumenti finanziari, acquisendo protezione per poi rivenderla, e lucrare così sulla differenza tra spread. In questo senso si può registrare come, sempre nel caso di Lehman, a fronte di un nozionale di 72 miliardi di dollari, vi fosse un’esposizione netta (con compensazione delle posizioni opposte detenute da uno stesso soggetto) attorno ai 6 miliardi di dollari.
In questa sede interessa considerare i seguenti elementi:
a. I contratti CDS sono spesso paragonati ad assicurazioni, tuttavia essi rappresentano derivati rischiosi in quanto:
– non sono negoziati in mercati regolamentati, con possibilità quindi di rilevante rischio di controparte;
-collegato a quanto precede: chi li negozia spesso non è un’impresa di assicurazione, ma anche lo fosse non avrebbe l’obbligo ad accantonare fondi prudenziali;
– sono strumenti che permettono di speculare senza possedere il sottostante, in situazioni di asimmetria informativa; un esempio emblematico (accertato giudizialmente) è il seguente: immettendo presso gli investitori titoli evidentemente destinati al default, ma in forma di titoli a larghissima porzione AAA, Goldman Sachs ha contestualmente assunto una posizione di acquisto di protezione, speculando contro i propri clienti;
– la scissione di questi contratti dal possesso del sottostante può amplificare i rischi; inoltre è necessario notare come possa sussistere un’interesse ad affossare la reference entity, una volta acquisita protezione contro di essa (riprendendo il paragone con le assicurazioni, ad es., non è invece permesso sottoscrivere polizze senza il consenso dei soggetti interessati);
– con molti di questi derivati in essere, in caso di ciclo economico avverso si potrebbero avere contraccolpi negativi amplificati, inoltre, in situazioni di stress di liquidità, potrebbero ingenerarsi effetti a catena per la difficoltà a regolare pagamenti; in ultima analisi, un’ampia diffusione di questi strumenti espone al rischio di problematiche sistemiche.
b. i contratti CDS rappresentano strumenti in grado di replicare le performance del sottostante: di conseguenza, come si è già accennato, mediante essi è possibile creare titoli in via “sintetica” e, mediante panieri, indici di riferimento;
c. la negoziazione di tali contratti fuori da mercati regolamentati determina una situazione di opacità, con possibilità, in situazioni di stress, d’incremento dell’incertezza (per l’incapacità di comprendere le esposizioni e gli eventuali contraccolpi); in definitiva, ciò può contribuire ad alimentare nervosismo e situazioni di panico di mercato;
d. anche in relazione a quanto precede: il mercato dei CDS si presta a frodi. Un operatore finanziario abbastanza influente potrebbe realizzare profitti speculativi immettendo nel mercato notizie allarmanti, o alimentando le tensioni con massicce operazioni in brevi spazi di tempo. Così ad esempio nell’“attempted short squeeze”, descritto dalla Senate Subcommitte of Investigation con riguardo a Golman Sachs, che, nell’ottica di un successivo acquisto, a maggio 2007 ha cercato di condizionare al ribasso il costo delle protezioni su CDS. Un ulteriore esempio può essere poi tratto dall’ondata speculativa sulla Grecia.
In generale è importante notare come la differenza cruciale tra i credit default swap e gli altri derivati ad es. su tassi, su cambio ecc. sia collegata al fatto che per questi ultimi vi è una minore crucialità dell’aspetto informativo: non vi è infatti ragione per assumere che una parte detenga più informazioni dell’altra.
Una volta avviato il mercato dei CDS, si sono poi creati degli scambi riconnessi, comprendenti forward e opzioni su tali titoli. In questo senso si sono ampliati i margini di speculazione e le possibilità di un’ulteriore dilatazione del rischio di credito.
In questo senso è rilevante accennare come risalga al 1997 la creazione di CDO “sintetici”, e cioè titoli costituiti su portafogli di credit default swap, che rimandano alla performance di altre cartolarizzazioni: di fatto si sta parlando di strumenti che non sottendono crediti “fisici”, con un proprio rischio, ma piuttosto derivati il cui valore dipende da altre entità di riferimento5.


2 Il servicer ha parte anche nell’escussione delle garanzie in caso di default di debitori.
3 A titolo di esempio si possono citare “Securitization of credit. Inside the new technology of finance” di Rosenthal J. A., Ocampo J. M. (1988) e “Securitization: The Tool of Financial Transformation” di Fabozzi F. J., Kothari V. (2007).
4 Ad es. Benmelech e Dlugosz (2008), riportano spread medi sul Libor di 32 bps per le tranche AAA di CDO, chiaro indicatore di maggiore rischio. Permane sempre, ad es., la questione della distanza dal sottostante, col necessario affidamento a valutazioni di rating.
5 Esistono comunque CDO sintetici “ibridi”, il cui sottostante è costituito in parte da finanziamenti “fisici”, in parte da credit default swap.