1. Introduzione
Cadute le illusioni delineatesi nel 2010 fino alla prima metà 2011, la crisi finanziaria sta proseguendo il suo percorso d’indebolimento delle maggiori economie occidentali, in un processo del quale non appaiono chiari esiti e termine. Tale crisi, propagatasi a livello globale nel 2008, trae origine da una bolla finanziaria e immobiliare che, tra i vari fattori concomitanti, vede predominare la questione irrisolta dell’equilibrio tra ruolo di controllo pubblico e autonomia di mercati e operatori finanziari.
Il presente elaborato – estratto di una più articolata tesi di 343 pagine – si pone lo scopo di riportare, in questo periodo drammatico per la sopravvivenza dell’Euro, l’attenzione alle responsabilità del sistema paese statunitense e alle relative criticità, ancora largamente irrisolte. Ciò non intende certo negare colpe legate al contesto europeo: in questo senso spunti sono offerti da una moneta unica slegata da una politica fiscale comune, o da un processo di unità politica accantonato a favore dell’allargamento a nuovi paesi. Inoltre non è possibile dimenticare il ruolo di quei singoli Paesi (fra cui l’Italia) che hanno sfruttato la stabilità della nuova moneta per rinviare il risanamento dei conti e/o per aumentare il proprio indebitamento. Le cause vanno tuttavia prioritariamente ricercate in ambito americano e così i correttivi delle problematiche attuali: a tutt’ora rimane infatti aperta la questione dell’eccessivo peso e condizionamento di una finanza slegata dalla funzione di supporto all’economia reale e priva di un forte controbilanciamento pubblico. Una finanza che – in una logica di profitti a breve termine – è riuscita ad occultare il rischio mediante strumenti derivati complessi e gonfiare così una bolla immobiliare, che ha legato a sé l’economia dei beni e ha inquinato la società nel suo complesso.
Ad oggi incisivi interventi per una ristrutturazione complessiva dell’economia guida dell’Occidente non si sono visti. La stessa riforma di Wall Street (il Dodd-Frank Act) firmata dal presidente Obama il 21 luglio 2010, se da un lato rappresenta un passo in avanti, dall’altro non sembra assolutamente all’altezza del compito ascrittole. Altri interventi, quali la continua immissione di liquidità, ripropongono rischi passati ed espongono a conseguenze di speculazione. La stessa cui almeno in parte è da ricondurre il ritorno a una forte volatilità azionaria e l’ancora attuale crisi dei rendimenti sui titoli di stato dell’area euro.
Non si può dire nemmeno che chi ha sbagliato abbia pagato, se è vero ad esempio che il top management di Goldman Sachs – della quale più avanti verranno illustrate alcune operazioni assoggettate ad inchiesta – è ancora in carica.
Come accennato, i contenuti di questo lavoro rappresentano un estratto del capitolo 3 (e di alcuni parti introduttive) di una tesi di laurea intitolata “La crisi finanziaria e la crisi dei rating su derivati creditizi” discussa in data 8 giugno di quest’anno presso l’università Ca’ Foscari di Venezia. In essa, a partire da un’analisi sugli squilibri economici e sulle azioni politiche/monetarie statunitensi, si focalizza l’attenzione sul sistema dei derivati creditizi e si indaga l’erroneità dei giudizi delle agenzie di rating. Il testo integrale della tesi è riportata nel sito della pubblicazione.
Francesco Buoro: Laureato con lode presso l’università Ca’ Foscari Venezia, attualmente in Deloitte.