QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Gli Anziani Fragili, il Neurologo e gli Eventi Avversi da Farmaci

1. Introduzione: gli Anziani Fragili

Il problema dell’invecchiamento della popolazione, anche se molto celebrato, non ha ricevuto tuttavia le attenzioni socio-sanitarie e politiche adeguate.

L’età è di gran lunga il più importante fattore di rischio per varie patologie per il semplice motivo che esiste una verità biologica: non siamo fatti per invecchiare. La vecchiaia è un “fuori programma” non scritto nei nostri geni, programmati per riprodurre la specie. L’invecchiamento è stato costruito dall’uomo attraverso le innovazioni scientifiche e i notevoli miglioramenti della medicina, gli interventi di salute pubblica, le norme igieniche, i cambiamenti nel lavoro e complessivamente nella società, tutti fattori che tuttavia hanno promosso un imprevisto aumento di ammalati cronici e di persone fragili. A causa del rapido invecchiamento della popolazione che si sta realizzando a partire dalla seconda metà del XX secolo, è nata quindi un’entità clinica individuata e descritta dalla medicina geriatrica negli ultimi 15-20 anni, l’anziano con fragilità. Si tratta di un paziente storicamente ignorato dalla medicina tradizionale perché fino a non molti anni fa numericamente irrilevante e soprattutto “scientificamente” non interessante, né gratificante sul piano professionale in quanto inguaribile, “disturbante” e scomodo da gestire da parte delle strutture sanitarie ed assistenziali.

Sebbene non esista unanime accordo sulla sua definizione, il clinico esperto è in grado di riconoscere l’anziano fragile. “… un uomo, o più spesso una donna, che vive sul filo del rasoio, in bilico tra il mantenimento della propria indipendenza e il rischio di una tragica cascata di eventi patologici, disabilità e complicanze, che troppo spesso si dimostrano irreversibili, rappresentando i più complessi problemi che i medici e tutte le figure professionali sanitarie si trovano a dover affrontare…Si tratta di un’enorme sfida in quanto la coesistenza di molteplici patologie croniche e progressive è la regola, mentre problemi semplici, che si risolvono spontaneamente o che facilmente si curano, rappresentano l’eccezione… Inoltre queste patologie, interagendo tra loro, si presentano in maniera atipica o non specifica, rendendo “oscuro” ogni tentativo di formulare una diagnosi precisa……si tratta di soggetti nei quali la riduzione della riserva funzionale e le limitate capacità di recupero aumentano il rischio di dimagrimento e malnutrizione, disidratazione, reazioni avverse a farmaci, ad interventi medici e chirurgici… La complessa rete di interazione di tutti questi fattori frequentemente è causa della comparsa di una o più sindromi geriatriche che, forse, più di qualsiasi altro elemento individuano la geriatria come specialità medica: confusione, cadute e fratture, incontinenza urinaria, depressione, demenza, per individuarne solo alcune”.(Hazzard W.R.).

Dal punto di vista operativo l’anziano fragile è di regola un soggetto di età avanzata o molto avanzata, affetto da multiple patologie croniche, clinicamente instabile, frequentemente disabile, nel quale sono spesso presenti problematiche di tipo socio-economico, quali soprattutto solitudine e povertà. Secondo l’Associazione Medica Americana circa il 40% degli ultraottantenni è portatore di fragilità, così come sarebbe fragile la stragrande maggioranza del milione e mezzo circa di anziani ospiti nelle strutture residenziali degli USA.

La fragilità rappresenterebbe il risultato finale di un processo di accelerato decadimento psico-fisico che, una volta innescato, tende a progredire. Esiste ampio accordo sul fatto che la fragilità sia l’espressione di un’estrema precarietà degli equilibri dell’organismo dovuta alla contemporanea compromissione di più sistemi anatomo-funzionali indotta dal sommarsi, agli effetti dell’invecchiamento, dei danni conseguenti ad uno stile di vita inadeguato, a malattie in atto o subite nel corso della vita. Sono questi i motivi per cui l’anziano fragile è un paziente che caratterizzato dall’incapacità a reagire efficacemente ad eventi che turbano il suo già precario equilibrio, quali ad esempio una temperatura ambientale inusualmente elevata (la lunga estate calda del 2003 in cui tanti anziani morirono, soprattutto nelle grandi città europee), il riacutizzarsi di una malattia cronica, l’instaurarsi di una malattia acuta anche se di modesta entità (un episodio influenzale, una cistite), un evento traumatico sia di natura fisica che psichica, un procedimento diagnostico incongruo o condotto senza la dovuta cautela, un intervento terapeutico inappropriato. Naturalmente, tanto maggiore è il grado di fragilità, tanto maggiore è il rischio che fattori, anche banali, inneschino nel volgere di breve tempo una catena di eventi ad esito catastrofico. La fragilità, con altre parole, è la risultante di meccanismi complessi che attraverso percorsi di volta in volta diversi e non del tutto noti compromettono l’equilibrio precario preesistente e predispongono l’anziano al cosiddetto “scompenso a cascata”.

Un ruolo centrale nel determinare la condizione di fragilità viene oggi attribuito ad una riduzione della massa muscolare (sarcopenia) di entità tale da compromettere in misura significativa le funzioni a cui essa è fisiologicamente deputata. È stato infatti dimostrato che una marcata sarcopenia si accompagna a riduzione della forza, potenza e resistenza muscolare, aumento della massa grassa, accelerazione della perdita di massa ossea, instabilità delle funzioni dell’equilibrio e ridotta capacità di termoregolazione . A tali fenomeni conseguono: aumentato rischio di declino funzionale, cadute e fratture, ipotermia ed ipertermia.

La condizione di fragilità dal punto di vista clinico si caratterizza per:
– elevata suscettibilità a sviluppare malattie acute che si esprimono con quadri clinici spesso atipici (confusione mentale, instabilità posturale e cadute), e con parziale e lenta capacità di recupero;
– ridotta capacità motoria fino all’allettamento per astenia ed adinamia non completamente giustificate dalle patologie presenti;
– fluttuazioni rapide dello stato di salute anche nell’ambito della stessa giornata, con spiccata tendenza a sviluppare complicanze (scompenso a cascata) ;
– elevato rischio iatrogeno e di eventi avversi da farmaci;
– continua richiesta di intervento medico, frequenti e ripetute ospedalizzazioni, necessità di assistenza continuativa;
– alto rischio di mortalità.

 

Avvalendosi di competenza e professionalità nella cura e prevenzione di aspetti apparentemente “minori” dell’anziano fragile, si possono ottenere dei risultati di rilievo e nello stesso tempo inquietanti (pensando a ciò che potremmo fare e non facciamo…). Un esempio pratico di quanto appena proposto viene da uno studio apparso nel 2008 su un’autorevole rivista scientifica di geriatria (Bassim C.W.) che aveva lo scopo di indagare se una adeguata igiene orale fosse in grado di ridurre la mortalità per polmonite in ospiti di una casa di riposo. L’indagine è stata effettuata su 143 soggetti ospiti della Nursing Home del Veteran Affair Medical Center. Tali soggetti furono valutati per i fattori di rischio predisponenti allo sviluppo di infezioni polmonari (età, disabilità, patologie, funzione cognitiva, stato nutrizionale e rischio di polmonite ab ingestis) e quindi furono assegnati a due gruppi: il primo fu sottoposto a scrupolosa igiene orale mentre il secondo, utilizzato come controllo, continuò l’igiene orale con le modalità preesistenti.

La probabilità di morire per polmonite risultò 3 volte più bassa nel gruppo in trattamento “scrupoloso” (composto peraltro da soggetti più anziani e meno autosufficienti).

Trattiamo quindi pazienti la cui gestione, data l’elevata complessità, estrema instabilità e vulnerabilità, richiede una solida cultura gerontologica, una grande preparazione clinica congiunta al “buon senso”, un’esperienza profondamente maturata, ma dove l’aspetto “motivazionale” gioca un ruolo fondamentale.

La differenza fra un mestiere e una vocazione è che il mestiere “ si fa ”, mentre per la vocazione “si è portati ” a occuparsi dell’altro al di là di quello che la nostra mansione ci chiede di “ fare ”. Senza vocazione si perdono gli alunni a scuola, non si recuperano i carcerati, non si educano i bambini, non ci si prende cura dei vecchi, non si assistono i malati…(Umberto Galimberti. Repubblica. 2003).

Bisogna lavorare per educare e curare al meglio la popolazione che invecchia prima e dopo l’ingresso nel pianeta “fragilità”. Poiché gli strumenti terapeutici attualmente disponibili hanno dimostrato una limitata e temporanea efficacia, da un punto di vista clinico e socioeconomico sono indispensabili la ricerca scientifica e la tempestiva attuazione di strategie preventive finalizzate al miglioramento dell’ autonomia funzionale e cognitiva.

Tra le accortezze preventive che il medico deve applicare sistematicamente all’anziano sono preminenti le modifiche dello stile di vita da consigliare più tempestivamente possibile e l’uso adeguato e corretto dei farmaci.

2. Il Neurologo e gli Eventi Avversi da Farmaci

2.1. Note generali sull’uso dei farmaci

Molti sintomi o segni che si incontrano in Neurologia possono essere indotti da farmaci e a volte, associandosi fra di loro, possono dar luogo a manifestazioni cliniche che mimano alcune malattie idiopatiche di competenza: Malattia di Parkinson, Demenze, Epilessia, ecc..

L’esordio spesso insidioso dei sintomi, la possibilità che un farmaco riveli una patologia latente, la politerapia, frequente nel soggetto anziano, che peraltro è più frequentemente vittima di tali manifestazioni, rendono questo tipo di diagnosi a volte complessa. La politerapia è peraltro abituale e spesso legittima nel soggetto anziano, spesso affetto da polipatologia. Le difficoltà di gestione di un paziente in politerapia aumentano inoltre con ulteriori interventi farmacologici di specialisti, di area non internistica (oculisti, ORL, ortopedici, ecc.) che non tengono nel debito conto il complicato insieme, clinico e terapeutico, dei pazienti anziani fragili.

Vittorio Mapelli ha riscontrato che la popolazione anziana rappresenta il 16 % in una grande ASL lombarda ma é “responsabile” del consumo del 47 % dei farmaci. Le prescrizioni possono risultare in eccesso (overuse), insufficienti (underuse) o inappropriate (misuse).

Attualmente l’espressione Evento Avverso da Farmaci (Adverse Drugs Events – ADE) include tutti gli eventi nocivi in relazione all’uso di medicinali conseguenti ad errori di prescrizione, aderenza e monitoraggio. Nell’anziano tali eventi possono riconoscere spesso più fattori causali, fra cui la presenza di varie malattie (comorbilità) e l’assunzione di diversi farmaci (politerapia), tanto da meritare l’inclusione del termine di Iatrogenic Drug Reactions tra le grandi sindromi geriatriche.

La iatrogenicità (malattie da farmaci) ha un costo umano ed economico molto elevato: sarebbe responsabile di più del 10 % delle ospedalizzazioni degli anziani (e almeno del 20 % degli ultra-ottantenni). In realtà, i dati di prevalenza e incidenza del fenomeno sono alquanto eterogenei per diversità dei metodi di rilevamento e gravità. Lo Studio GIFA, italiano, ha dimostrato che in una popolazione di circa 28.000 pazienti di 77 anni, il 3,5 % dei ricoveri ospedalieri in reparti di medicina o geriatria era dovuto ad ADE e che i farmaci maggiormente coinvolti erano diuretici, calcio-antagonisti, FANS (anti-infiammatori non steroidei) e digossina (Onder G.) Una parte consistente di questa iatrogenicità seria appare evitabile, come viene ammesso dai responsabili dell’HAS, Alta Autorità della Salute Francese (Desplanques-Leperre A.).

Le conoscenze terapeutiche neurogeriatriche, inoltre, non sembrano trarre benefici delle conclusioni dei trial clinici, in cui molto spesso sono esclusi i soggetti con polipatologia e in politerapia oppure non vengono rilevati gli effetti indesiderati di debole incidenza. Gli anziani, quindi, non partecipano adeguatamente alle coorti nelle sperimentazioni. L’argomento, di notevole spessore malgrado sia ancora sottovalutato, richiede ulteriori precisazioni: essere uomo o donna fa molta differenza anche quando si parla di salute. Il genere, cioè quell’insieme di differenze sessuali, ma anche genetiche, comportamentali, culturali e sociali che strutturano l’identità di ciascun individuo, influisce biologicamente sul modo in cui una malattia si sviluppa, viene diagnosticata e curata. La Medicina di genere da tre decenni tenta di combattere l’errata convinzione che vi sia una perfetta equivalenza uomo-donna. La medicina è stata scritta da maschi per i maschi, i nuovi farmaci vengono testati su “giovani adulti maschi bianchi” perché meno problematici e costosi, e persino più su animali di sesso maschile. Solo da pochi anni sono aumentati di numero i medici di sesso femminile e nel contempo le evidenze scientifiche hanno confermato che esistono delle sostanziali diversità fra uomo e donna in varie patologie e nella risposta alle terapie.

Questa diversità ignorata ha comportato e comporta tuttora errori diagnostici e terapeutici. E le conseguenze sono, appunto, non sempre immaginabili ma in parte evitabili.

Un altro aspetto poco considerato riguarda l’omissione di una diagnosi, di intervento terapeutico o informativo in anziani con patologie complesse, nel primo caso per timore di effetti indesiderati o ignoranza, nel secondo per mancanza di tempo ( di rispetto, direi…) da dedicare all’ informazione del paziente o dei familiari. Quanti medici, ad esempio, comunicano al paziente a rischio di non bere succo di pompelmo se assumono certi farmaci ?

La nota AIFA 2006 mette in guardia sugli effetti avversi dall’assunzione di pompelmo associata ad alcuni farmaci : La spremuta di pompelmo : rinfrescante o intossicante ? Il CYP 3A4…e alcuni farmaci: in particolare viene segnalato un rischio di Aritmia ventricolare con l’uso di Antistaminici (Terfenadina) e di Cisapride, di Ipotensione sintomatica con Calcio-antagonisti e di Rabdomiolisi (distruzione di tessuto muscolare con conseguenze temibili per la funzione renale e per la stessa sopravvivenza) con le Statine, i farmaci che combattono l’aumento del colesterolo.

Caso 1. Omissione di diagnosi. Uomo di 74 anni sottoposto a giudizio in tribunale in seguito a molestie sessuali nei riguardi di una donna. Una volta condannato e posto agli arresti domiciliari, sottoposto per altro motivo a valutazione neurologica, gli fu posto il sospetto clinico di Demenza di Alzheimer. Le difficoltà per arrivare ad una diagnosi di “relativa certezza” furono enormi, in quanto si trattava di persona sottoposta a procedimento restrittivo: fu necessario il ripetuto intervento del giudice in modo da poter procedere agli accertamenti necessari. La pena fu sospesa.

 

Alcune manifestazioni da Eventi Avversi da Farmaci nell’Anziano

● Cefalea
● Vertigini e disturbi dell’equilibrio
● Encefalopatie
● Crisi epilettiche
● Perdite di coscienza di breve durata (Sincopi)
● Turbe visive, del gusto e odorato
● Mielopatie, Neuropatie e Miopatie
● Movimenti involontari e alterazioni psichiche da Dopaminergici
● Parkinsonismo, Acatisia, Distonie acute, Tremore periorale, Blefarospasmo, Distonia-discinesia tardiva, S. maligna da neurolettici, S. serotoninergica.
● Alterazioni cognitive, Demenze ed Episodi confusionali (Delirium)

Questo lavoro analizzerà solamente gli ultimi due argomenti


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