Diseguaglianze digitali: l’età nel modello di accesso e uso delle ICT in Italia
1. Società in rete, invecchiamento demografico e diseguaglianze digitali
Nella teoria sociale contemporanea l’innovazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT), pur all’interno di approcci teorici differenti, viene considerata tra i principali fattori esplicativi dei mutamenti che emergono nelle forme della socialità e dell’organizzazione socio-istituzionale (Kumar, 2000).
La tecnologia, tuttavia, non determina le forme della socialità, ma allo stesso tempo i processi sociali d’innovazione non possono prescindere dalla tecnologia data in certo momento. Diversi fattori di ordine istituzionale, culturale ed economico intervengono nei processi di scoperta scientifica, d’innovazione e nelle applicazioni sociali delle tecnologie, cosicché il risultato finale dipende da un complesso schema d’interazione in cui la società incarna le tecnologie ed attraverso il loro uso produce innovazione sociale, sia sperimentando diversi utilizzi delle tecnologie date, sia attraverso l’introduzione di nuove tecnologie che diventano poi la base di inedite pratiche sociali.
Premesso questo schema interpretativo del rapporto tra tecnologia e società, nel corso dell’ultimo decennio è stato registrato un rapido sviluppo delle ICT, basate sul linguaggio e le interfacce digitali (Negroponte, 1995), che ne hanno incentivato una rapida e pervasiva diffusione nelle pratiche della vita quotidiana, alimentando una profonda trasformazione dei processi comunicativi e dell’interazione sociale (Meyrowitz, 1993; De Kerckhove, 1991).
Questi fenomeni, secondo l’autorevole analisi di Manuel Castells (1996), rappresentano la manifestazione di trasformazioni strutturali della società contemporanea che, iniziate già negli anni Settanta, si fondano su un nuovo paradigma tecnologico il cui sviluppo ha segnato una discontinuità nelle basi materiali dell’economia, della società e della cultura. In particolare in concomitanza dello sviluppo della “galassia internet” (Id, 2002) si è costituito un paradigma socio-tecnico su cui si fonda la network society e il capitalismo informazionale. Schematizzando il pensiero di Castells, internet ha reso disponibili nuovi supporti tecnologici per l’interazione sociale che hanno permesso una crescita della comunicazione a distanza in un flusso reticolare e diffuso (la comunicazione “da molti a molti”), sempre più indipendente dalla prossimità spaziale. Ciò ha comportato l’affermazione del network come forma organizzativa prevalente e lo sviluppo di “comunità di scelta” (costituite da reti di legami selettivi secondo gli interessi e i valori di ciascun membro), basate su quello che l’autore chiama “l’individualismo in rete”.
Contestualmente all’emergere della società in rete, però, si osserva che le possibilità di accesso e le capacità d’uso delle nuove tecnologie digitali per la comunicazione – in particolare del personale computer e delle reti telematiche – non si distribuiscono equamente nella popolazione. In altri termini emerge una nuova dimensione della segmentazione sociale che s’intreccia con le tradizionali diseguaglianze, la cui rilevanza è direttamente associata all’incidenza che le ICT acquistano nei processi di produzione e riproduzione sociale. Questo fenomeno è stato identificato come l’espressione “divario digitale” (Norris, 2001).
Dalla ricerca più recente3 emerge che nonostante risulti tuttora cruciale la questione del divario digitale inteso come mero accesso alla rete e come possesso ed uso del computer, diventano sempre più rilevanti – soprattutto quando si considerano i livelli di diseguaglianza all’interno dei paesi economicamente più sviluppati, tra cui l’Italia – le diseguaglianze di competenza nell’utilizzo efficace delle ICT e di internet in particolare. È vero, come scrive Castells, che l’accesso “è un prerequisito per superare la diseguaglianza in una società le cui funzioni e i gruppi sociali dominanti sono sempre più organizzati intorno a internet” (2002, p. 232), ma il semplice accesso non dà conto della complessità delle diseguaglianze associate all’introduzione delle tecnologie digitale in quanto è anche nelle modalità di utilizzo delle ICT che esse si manifestano.
La letteratura che si focalizza sull’uso delle ICT adotta l’espressione “diseguaglianze digitali” (digital inequalities in alternativa al digital divide) (Di Maggio e Hargittai 2001; Di Maggio et al. 2003). In questo approccio il divario digitale è considerato un concetto gerarchico che supera la definizione basata sulla presenza/assenza di accesso alle tecnologie, per giungere ad una definizione che individua diversi gradi d’inclusione nei flussi informazionali in base alla capacità di manipolazione dei dispositivi tecnologici (hardware e software) e delle risorse (perlopiù immateriali) veicolate dalle reti telematiche4. Tale approccio risulta particolarmente adatto a cogliere le relazioni tra le diseguaglianze sociali tradizionali e le diseguaglianze nelle modalità di utilizzo delle ICT, anche in relazione alla capacità di individuare le barriere di accesso di natura socio-tecnica, differenziate in base alle variabili di stratificazione sociale tra cui l’età (Jones e Fox, 2009).
È proprio sul rapporto tra età e uso delle ICT – in particolare del personal computer e della rete internet – che si sofferma questo saggio. Le statistiche evidenziano che nei paesi sviluppati (tra questi l’Italia) in corrispondenza delle classi d’età più anziane l’uso delle ICT risulta meno frequente e più povero, con importanti differenze però in relazione ad altre variabili di stratificazione sociale, quali ad esempio il titolo di studio, il sesso e la professione. Questa osservazione risulta di grande rilievo se si considera la tendenza di lungo periodo all’invecchiamento demografico delle società occidentali e in particolare dell’Italia che presenta tra i più elevati tassi d’invecchiamento al mondo. In altri termini, in Italia si osserva che mentre la distribuzione per età della popolazione tende a sbilanciarsi progressivamente verso le classi d’età più elevate, queste ultime presentano una maggiore inerzia nell’adozione e nell’uso delle ICT. Ciò spiega la rilevanza dello studio del rapporto tra l’età, le generazioni e l’uso delle tecnologie digitali, soprattutto alla luce delle analisi sociologiche richiamate sopra che evidenziano la centralità delle reti telematiche nella strutturazione delle società contemporanea con l’emergere di nuovi rischi di esclusione sociale connessi alle diseguaglianze digitali.
Il saggio presenta prima un quadro statistico descrittivo delle differenze di accesso e delle capacità d’uso del computer e di internet tra i diversi gruppi d’età in Italia. Successivamente saranno presentati e discussi i risultati di una survey relativa ai fattori che incidono sull’uso del computer tra le persone adulte e anziane (con 50 anni ed oltre). A partire da queste analisi, in conclusione, saranno discusse alcune tesi relative alla riproduzione delle diseguaglianze digitali, con particolare attenzione all’incidenza del fattore età.
2. Diseguaglianze digitali associate all’età in Italia
2.1. Le diseguaglianze per età nell’uso del personal computer e di internet
L’Italia ha accumulato nel corso degli ultimi decenni un significativo divario digitale nei confronti degli altri paesi ad economia avanzata, dovuto perlopiù ad una posizione periferica nei processi di sviluppo delle infrastrutture tecnologiche su cui si fonda il capitalismo informazionale. Il divario digitale si esprime soprattutto in un modello distorto della dotazione delle ICT5 e ad una più ridotta partecipazione degli individui e delle imprese ai flussi informazionali legati allo sviluppo delle reti telematiche.
Le statistiche più aggiornate (ISTAT, 2009) registrano che in Italia il 54,3% delle famiglie possiede un PC, mentre solo il 47,3% ha un accesso ad internet, percentuale che scende ancora più in basso se si considera la connessione alla bada larga che riguarda il 34,5% delle famiglie italiane.
Utilizzando la stessa fonte di dati, ma passando alle statistiche relative alle differenze tra i paesi dell’Unione Europea nell’accesso ad internet, si evidenzia chiaramente il ritardo dell’Italia nell’adozione di tale tecnologia: in riferimento alla percentuale di famiglie con almeno un componente tra i 16 e i 64 anni che possiede un accesso ad internet da casa, l’Italia rispetto ai 25 paesi della Comunità europea per i quali sono disponibili i dati aggiornati risulta collocata al ventunesimo posto, con un tasso di penetrazione del 53% rispetto alla media europea del 65%. Vicini all’Italia troviamo paesi come Cipro (53%) e Repubblica Ceca (54%), mentre in testa alla graduatoria ci sono paesi quali Olanda (90%), Svezia (86%) e Danimarca (83%). Considerando un altro indicatore rilevante per misurare il divario digitale, vale a dire il possesso dell’accesso ad internet mediante banda larga, si osserva un ritardo ancora più marcato: l’Italia, infatti, si colloca al ventiduesimo posto, quasi in fondo alla graduatoria, con un tasso di penetrazione del 39% rispetto alla media europea del 56%. Valori vicini a quello dell’Italia si riscontrano per la Slovacchia (42%), la Grecia (33%), la Bulgaria (26%) e la Romania (24%), mentre ancora Svezia (80%), Olanda (77%) e Danimarca (76%) registrano un tasso di penetrazione quasi doppio.
Le statistiche relative all’incidenza percentuale delle persone che accedono ad internet per classi d’età rilevano che l’uso di internet riguarda soprattutto i gruppi d’età giovanili e che all’aumentare degli anni, la quota degli utenti di internet tende ad essere sempre più ridotta (Figura 1). I dati relativi al 2009 per la popolazione con 11 anni ed oltre, evidenziano un picco di utilizzatori tra i 18-19 anni dell’83,7%; nelle classi d’età successive la quota di persone che accede ad internet scende progressivamente attestandosi sotto il 50% tra i 45 e i 54 anni (meno di una persona su due accede ad internet), per poi decrescere più intensamente nelle classi d’età successive fino a valori molto bassi oltre i 75 anni (1,5%).
I dati della figura 1, d’altra parte, permetto anche uno sguardo diacronico mettendo a confronto le statistiche più aggiornate del 2009 con quelle relative al 2000. Si osserva chiaramente che durante gli anni Duemila c’è stata una dinamica progressiva di espansione degli utenti di internet (anche se non paragonabile a quella che si è registrata in altri paesi europei). La crescita ha riguardato, con intensità diversa, tutti i gruppi d’età, come si dimostra graficamente dallo spostamento verso l’alto della curva relativa al 2009 rispetto a quella del 2000. Si osserva, però, che le due curve mantengono una forma simile e ciò è indicativo del fatto che l’incidenza degli utenti di internet tende ad essere in entrambe le rilevazioni più elevata nelle classi d’età giovanili e progressivamente più bassa al crescere dell’età.
Per comprendere le variazioni tendenziali che si osservano tra le due rilevazioni, è opportuno considerare che, da una parte, si affievolisce l’effetto coorte, vale a dire che i gruppi d’età che non hanno avuto una socializzazione digitale e che nel corso della loro vita (professionale e privata) sono stati esposti in maniera margine all’uso delle ICT, tendono a ridurre la loro incidenza sulla popolazione e a concentrarsi nelle classi d’età più anziane, mentre acquistano maggiore rilevanza, soprattutto nelle classi d’età giovanili, i “nativi digitali” (Gasser e Palfrey, 2008), vale a dire le coorti che fin dalla prima socializzazione hanno manipolato tecnologie digitali. D’altra parte, però, persiste una differenza tra i gruppi d’età nell’uso di internet, dovuti alle differenti propensioni ad avvicinarsi alle nuove ICT e a seguire gli sviluppi della tecnologia in funzione dell’invecchiamento individuale (Vandenplas Holper, 2000). Ciò può essere ricondotto ad un effetto età la cui incidenza emerge dalla persistenza della forma che la distribuzione conserva le due rilevazioni.
Figura 1: Percentuale di persone che hanno utilizzato internet nel corso dell’anno, per classi d’età in Italia. Valori percentuali, anni 2000 e 2009
Fonte: ISTAT (2002; 2009), nostra elaborazione.
L’esclusione digitale di una quota rilevante delle persone mature è un fenomeno allarmante soprattutto per l’Italia dove l’invecchiamento della popolazione è molto accentuato. Le statistiche relative all’ultimo decennio riportate nella Tabella 1 mettono a confronto la distribuzione per classi d’età della popolazione e quella delle persone che accedono ad internet nel 2000 e poi nel 2009. I dati evidenziano che la quota della popolazione che è cresciuta di più (in termini assoluti e percentuali) è quella delle persone con 65 anni ed oltre (+17%, pari a circa 1,8 milioni), mentre tra gli individui che accedono ad internet questa classe d’età rappresenta ancora una percentuale molto limitata (2,5% del totale nel 2009), la cui crescita che in termini relativi corrisponde ad una quadruplicazione, in termini assoluti (circa 495 mila utenti in più con oltre 65 anni) è tra quella di gran lunga più modesta.
Tabella 1: Popolazione residente e persone che accedono ad internet per classi d’età in Italia. Anni 2000 e 2009
Fonte: (a) ISTAT, Bilancio demografico, anni 2000 e 2009; (b) ISTAT (2002; 2009), nostra elaborazione.
I dati presentati evidenziano per l’Italia l’esistenza di un significativo divario digitale per classi d’età che, limitatamente agli andamenti dell’ultimo decennio, non sembra essersi attenuato – come pure vorrebbe l’ipotesi della normalizzazione6 – ma che anzi sembra assumere maggiore rilevanza in considerazione della portata dell’invecchiamento della popolazione.
Chiara Fiorelli: Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica, Università di Salerno, chiarafiorelli@yahoo.it
Francesco Pirone: Dipartimento di Sociologia e Scienza della Politica, Università di Salerno, fpirone@unisa.it
Il saggio è frutto di un lavoro comune dei due autori, tuttavia, Chiara Fiorelli ha curato la redazione del paragrafo 3, mentre Francesco Pirone quella dei paragrafi 1, 2; la stesura del paragrafo 4 è stata realizzata congiuntamente.
3 Dell’ampia bibliografia esistente si rimanda in particolare ai saggi di Norris (2001) e di Warschauer (2004) e per il caso italiano a quelli di Sartori (2006) e Bentivegna (2009).
4 Secondo Di Maggio e Hargittai (2001) gli indicatori di diseguaglianza nell’utilizzo della rete sono principalmente cinque: la qualità dei mezzi tecnici a disposizione; la competenza e le capacità digitali; il sostegno di reti sociali; l’autonomia di uso; la varietà di usi.
5 Si pensi in particolare allo sviluppo intenso e precoce della telefonia mobile e al ritardo con cui, invece, si è diffuso l’accesso ad internet e le inerzie che ancora oggi ci sono nell’adozione della banda larga.
6 L’ipotesi della normalizzazione prevede un progressivo livellamento delle differenze in termini di accesso man mano che l’innovazione tecnologica permetterà minori costi, interfacce più semplici, espansione dei contenuti d’intrattenimento e rapidi effetti di rete. Le disuguaglianze nell’accesso sono pertanto considerate di natura temporanea e quindi saranno progressivamente colmate.
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