QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Volontariato in età matura: opportunità, barriere e best practices per il coinvolgimento degli anziani

Abstract

L’articolo propone una rassegna sulle opportunità e i maggiori ostacoli in merito alla partecipazione delle persone anziane alle attività di volontariato. A livello internazionale, il dibattito sul volontariato in età matura si è sviluppato principalmente negli Stati Uniti, mentre l’Europa appare ancora indietro nella ricerca: oltre che auspicare un aumento delle indagini sull’argomento a livello nazionale, sarebbe utile promuovere ricerche comparative e trasversali, presenti ancora in numero esiguo. Tra le evidenze attualmente disponibili, risulta che gli anziani più propensi a svolgere attività di volontariato sono quelli “più giovani”, in buona salute, con un livello di istruzione ed una posizione socio-economica elevati, impegnati principalmente in organizzazioni religiose che operano nel settore dei servizi alla persona. Le principali barriere sono invece rappresentate da pratiche discriminatorie legate all’età. A livello internazionale si rivela controverso il rapporto tra l’impegno degli anziani nel volontariato e in altre importanti attività quali il lavoro e la cura informale. Ad ogni modo, emerge con forza l’esigenza di implementare politiche di reclutamento dei volontari senior, dal momento che le poche esistenti sono spesso poco incisive: in questo senso, un supporto importante può essere fornito dalle esperienze realizzate nel contesto statunitense, le quali hanno prodotto negli ultimi anni delle best practices.

 

1. Introduzione

Il volontariato in età anziana costituisce un fenomeno in forte crescita negli ultimi anni, destinato ad avere un peso sempre maggiore nella vita sociale degli individui e nel complessivo sistema delle organizzazioni del settore, sia in Italia che in Europa. Le evidenze disponibili sembrano suggerire che esista un gradiente territoriale nella distribuzione dei tassi di partecipazione degli anziani al volontariato, con una partecipazione più elevata nel Nord Europa ed una più contenuta nei Paesi dell’area Mediterranea (sebbene le cause non siano del tutto chiarite: cfr. Erlinghagen e Hank, 2006). Tuttavia, anche in Italia si registra un considerevole incremento del coinvolgimento delle persone over 65 nel settore del volontariato: nel periodo tra il 1999 e il 2007, la partecipazione degli anziani è aumentata del 92,7% tra i 65 e 74 anni, mentre del 61,9% tra gli over 75 (ISTAT, 2008).

Il volontariato può essere generalmente definito come ogni tipo di attività in cui il tempo è prestato gratuitamente in maniera organizzata a vantaggio di un’altra persona, di un gruppo o di una causa. Tale comportamento di aiuto implica un maggiore impegno rispetto quello spontaneo o non organizzato, e con un campo di applicazione più ristretto rispetto all’assistenza prestata a parenti e amici (Wilson, 2000). Di norma dunque, non rientrano nell’ambito del volontariato, ad esempio, né le attività formali retribuite (impieghi lavorativi, servizio civile), né le attività informali a favore della famiglia (cura dei nipoti o di familiari) o forme di partecipazione sociale come ad esempio quella politica e di formazione continua (Mendes de Leon, 2005; Henkin e Zapf, 2006; Martinson e Minkler, 2006): questi tipi di partecipazione comunitaria e sociale rientrano invece nel più generale campo dell’invecchiamento attivo (Droogleever Furtuijn et al., 2006; Rozario, 2006).

Lo scopo di questo articolo è presentare i principali fattori, emersi nella recente letteratura internazionale, che possono facilitare o ostacolare la partecipazione delle persone anziane alle attività di volontariato, identificando al contempo le relazioni con le principali attività che possono entrare in competizione con esso, come il lavoro e la cura informale. Inoltre, si vogliono presentare le principali iniziative messe in atto dai policy makers che favoriscono il coinvolgimento dei senior nel volontariato: tali best practices, attivate nei Paesi dove il dibattito sul tema è più avanzato, possono costituire degli importanti precedenti per implementare le strategie nazionali, tenendo conto naturalmente delle diversità di carattere strutturale e culturale tra i vari contesti.

 

2. Accesso al volontariato

Sono molteplici i fattori che intervengono nella partecipazione degli anziani al mondo del volontariato. Di seguito si analizzeranno tre tipologie di fattori che influiscono in tale scelta. In primo luogo, è importante risalire ai principali predittori statistici dell’ingresso nel mondo del volontariato, che consentono di stabilire delle relazioni tra vari fattori socio-demografici e il coinvolgimento dei senior nelle organizzazioni.

In secondo luogo, anche le motivazioni personali degli anziani sono un punto cruciale da approfondire per comprendere quali sono le cause della partecipazione, e su quali elementi psicologici e attitudinali fare leva per le campagne di reclutamento.

Infine, si analizzeranno le barriere esistenti che contrastano l’accesso degli over 65 alle organizzazioni di volontariato, alcune da intendersi come pratiche discriminatorie (basate sull’età degli aspiranti volontari), mentre altre sono veri e propri ostacoli di natura logistica, psicologica o attitudinale.

 

2.1 Predittori

Il coinvolgimento nelle organizzazioni di volontariato degli over 65 può essere ricondotto a predittori statistici che consentono di rilevare quali sono le condizioni che favoriscono la loro partecipazione. Distinguiamo questi predittori in quattro distinti tipi: demografici, socio-economici, relativi alla salute e al senso della comunità.

In ambito demografico, l’età rappresenta un forte predittore della partecipazione: gli anziani “più giovani” hanno più probabilità di svolgere attività di volontariato (Rozario, 2006; Warburton et al., 2001). Allo stesso tempo, sebbene il tasso di partecipazione raggiunga il picco nella mezza età (Erlinghagen e Hank, 2006; Goonyea e Googins, 2006), alcuni studi sostengono che il suo declino in età anziana sia oggi meno pronunciato che negli scorsi anni (Cutler e Hendricks, 2000). L’effetto di genere è invece controverso: i risultati in merito sono discordanti tra loro, alcuni dipingendo le donne come più attive (Rozario, 2006), altri gli uomini (Wymer, 1999), e altri ancora non evidenziando differenze significative tra i sessi (Cutler e Hendricks, 2000).

Per quanto riguarda i predittori di natura socio-economica, sia il fatto di possedere un elevato titolo di studio (Wymer, 1999; Cutler e Hendricks, 2000; Thompson e Wilson, 2001; Erlinghagen e Hank, 2006; Martinson, 2006; Martinson e Minkler, 2006; Rozario 2006) che quello di avere uno status economico più elevato (Wymer, 1999; Thompson e Wilson, 2001; Walburtun et al., 2001; Martinson, 2006; Martinson e Minkler, 2006; Morrow-Howell, 2007), sono associati ad un maggiore impegno nel volontariato in età anziana. Ulteriori fattori predittivi sono l’essere sposati, avere figli non autosufficienti in famiglia, essere inseriti in un ampio nucleo familiare, avere legami familiari ridotti, avere amici o altri parenti che svolgono già volontariato, nonché il vivere in case in affitto (Wymer, 1999; Cutler e Hendricks, 2000; Warburton et al., 2001).

In relazione ai predittori sanitari, una migliore salute (fisica e psicologica), nonché una maggiore capacità di mobilità, sono elementi che favoriscono un migliore coinvolgimento degli over 65 nelle attività di volontariato (Burr Bradley, 1999; Cutler e Hendricks, 2000; Warburton e Cordingley, 2004; Martinson, 2006; McBride, 2006; Morrow-Howell, 2006; Rozario, 2006).

Fra i predittori inerenti la partecipazione comunitaria, l’aver già svolto volontariato in età più giovane costituisce un forte fattore di influenza (Warburton et al., 2001; Mutchler et al., 2003), così come la partecipazione religiosa (Wymer, 1999; Warburton et al., 2001), il forte legame con la comunità (Henkin e Zapf, 2006; Okun e Michel, 2006) e la disponibilità di contatti, risorse sociali e informazioni (Wymer, 1999; Warburton et al., 2001; Morrow-Howell, 2006). A livello pragmatico, inoltre, incidono notevolmente sia la presenza di un ampio numero di organizzazioni tra cui poter scegliere, che la comodità d’accesso dovuta alla vicinanza della sede dell’organizzazione alla propria abitazione (Narushima, 2005).

 

2.2 Motivazioni

E’ anche utile analizzare le motivazioni che spingono gli anziani a prestare il proprio tempo e le proprie forze nelle attività di volontariato, le quali possono essere di diversa natura.

In primo luogo, è evidente che nella maggior parte dei casi si realizza un’aspirazione di natura altruistica, incentrata sull’aiuto e la solidarietà verso gli altri (Kovacs e Black, 1999; Wymer, 1999; Warburton e Cordingley, 2004; Narushima, 2005; Morrow-Howell, 2007), al contrario di quanto avviene tra i giovani, che sono invece più guidati da motivazioni egoistiche.

Tra le motivazioni di tipo altruistico, le più forti sono sicuramente quelle relative al senso del dovere e alle obbligazioni morali (Wymer, 1999; Narushima, 2005), all’instaurazione di un legame positivo con la comunità e la società (Narushima, 2005; Henkin e Zapf, 2006; McBride, 2006; Rozario, 2006), al sentirsi utili nell’aiutare persone in difficoltà (Burr Bradley, 1999; Wymer, 1999; Warburton et al., 2001; Nagchoudhur et al., 2005; Erlinghagen e Hank, 2006), alle precedenti esperienze dirette e indirette di volontariato (Kovacs e Black, 1999; Nagchoudhur et al., 2005) e all’opportunità di restituire quanto avuto dalla vita (McBride, 2006; Morrow-Howell, 2007).

D’altro canto, può sussistere anche una coesistenza delle dimensioni altruistica e egoistica nella partecipazione alla vita delle organizzazioni di volontariato, rendendo molto difficile una separazione netta tra le due (Kovacs e Black, 1999; Warburton et al., 2001). Esempi di queste motivazioni ambivalenti sono: la possibilità di migliorare le proprie relazioni sociali (Kovacs e Black, 1999; Wymer, 1999; Warburton et al., 2001; Mutchler et al., 2003; Steinberg e Cain, 2004; Warburton e Cordingley, 2004), il desiderio di essere attivi e di incrementare le proprie attività (Burr Bradley, 1999; Wymer, 1999; Steinberg e Cain, 2004; Warburton e Cordingley, 2004; Nagchoudhur et al., 2005; Narushima, 2005; McBride, 2006), il piacere e la soddisfazione derivanti dallo svolgere volontariato per un certo scopo (Warburton et al., 2001; Callow, 2004; Erlinghagen e Hank, 2006), la familiarità con l’organizzazione e la condivisione della sua mission (Kovacs e Black, 1999; Mutchler et al., 2003; Naghoudhur et al., 2005; Narushima, 2005), l’avere più tempo libero da responsabilità (Burr Bradley, 1999; Narushima, 2005) e l’adeguamento alle proprie credenze religiose (Kovacs e Black, 1999; Steinberg e Cain, 2004).

Tuttavia, non è possibile escludere in certi casi una predominanza di motivazioni egoistiche tra quelle alla base del coinvolgimento degli anziani. In situazioni simili prevalgono motivazioni quali: gli interessi e le convinzioni personali (Burr Bradley, 1999; Narushima, 2005), il perseguimento dei traguardi personali e prospettive di vita privata (Burr Bradley, 1999), la crescita personale (Burr Bradley, 1999; Nagchoudhur, 2005), il desiderio di ottenere riconoscimento sociale per il lavoro svolto (Wymer, 1999), il sostegno della propria autostima (Narushima, 2005), la ricerca di una struttura o di senso di affiliazione (Kovacs e Black, 1999; Callow, 2004).

Nel confronto con i giovani, gli anziani sono meno orientati verso motivazioni che hanno a che fare con il mercato del lavoro (Steinberg e Cain, 2004; Morrow-Howell, 2007), con l’apprendimento di nuove capacità (Narushima, 2005; Morrow-Howell, 2007) e con il desiderio di auto-sviluppo (Narushima, 2005).

Francesco Barbabella, Carlos Chiatti, Andrea Principi e Giovanni Lamura, presso INRCA, Centro di Ricerca Socio-Economica e Modelli Assistenziali per l’Anziano, Via S. Margherita 5, 60124, Ancona, Italia.
Corrispondenza: Dr. Andrea Principi, tel. 0039-071-8004887; e-mail: a.principi@inrca.it


Pagine: 1 2 3 4


Tag:, ,