Capitolo 7: L’associazione di Ginevra (1973-2001)
“Ma, mio caro Signore, siamo tutti di centro sinistra!” mi disse Raymond Barre a Parigi, nel suo appartamento a rue de Bagatelle. Rimasi assolutamente sbalordito. Gli avevo appena detto che avevo conosciuto bene Altiero Spinelli, membro della Commissione delle Comunità Europee a Bruxelles, al tempo in cui lui ne era vicepresidente. Raymond Barre fece allora le lodi dell’intelligenza del Commissario italiano che aveva fondato in Italia il Movimento Federalista Europeo e che, prima della guerra, era stato fatto prigioniero dai fascisti in quanto dirigente della gioventù comunista. Erano inoltre i suoi amici del partito socialista di Nenni che lo avevano candidato alla Commissione di Bruxelles. Il tono di voce di Raymond Barre era convinto e sincero e l’ho fissato negli occhi con una meraviglia che doveva essere molto evidente, vista la sua reputazione di uomo della destra moderata e gollista. Da qui la sua affermazione inaspettata.
Non c’era in gioco soltanto la confessione indiretta del mio radicalismo federalista europeo. C’ero io, collaboratore del Club di Roma, davanti all’uomo che, al momento della controversia provocata dal rapporto sui Limiti dello Sviluppo, si era pubblicamente schierato a Bruxelles contro le tesi del Club. Ho ritenuto opportuno non fare alcun riferimento su questo punto: il mio istinto diplomatico aveva preso il sopravvento sul mio coraggio.
Era la primavera del 1973 e, in linea di principio, avevo già accettato la proposta di diventare segretario generale dell’Associazione di Ginevra. I fondatori avevano anche proposto a Raymond Barre che era appena rientrato da Bruxelles, di diventarne il Presidente. Da quell’incontro dipendevano tanto il suo consenso che il mio impegno definitivo.
La discussione durò per più di due ore e si concluse con un’altra frase che non ho mai dimenticato: “Molto bene, caro Signore, penso che accetterò ed è chiaro che la nostra sarà una collaborazione schietta. Discuteremo veramente di tutti i problemi importanti, senza nasconderci nulla”. Esultai davanti a una simile dichiarazione d’impegno per un lavoro preso seriamente e davanti all’evidente rettitudine, equilibrio e buon senso del personaggio che da quel giorno ho sempre considerato come uno degli uomini più notevoli che io abbia avuto la fortuna di incontrare in vita mia. Uno che, prima di diventare tre anni dopo ministro del Commercio estero francese e poi Primo Ministro, ha seguito con costanza, amicizia e una conoscenza sempre eccezionale degli uomini e delle cose, ed un giudizio fondato e vivace, tutte le prime vicissitudini dell’Associazione di Ginevra.
Veniva mediamente una volta al mese nel piccolo ufficio (50 metri quadrati) dell’Associazione al chemin Rieu 18, a Ginevra, per discutere dei vari problemi, senza contare le discussioni telefoniche e le mie visite a Parigi. Fu lui a proporre la pubblicazione di una serie di testi sulle nostre ricerche che, sull’esempio dei “Princeton Papers”, si sarebbero rapidamente trasformati in una rivista trimestrale, i “Quaderni di Ginevra sul Rischio e l’Assicurazione”. Fu lui ad offrirsi subito di convocare a Ginevra la prima riunione degli Economisti Europei del Rischio e dell’Assicurazione, alla quale intervennero 8 partecipanti in tutto. Questa iniziativa prosegue ancora oggi, ogni anno in una città diversa, con quasi 50 partecipanti europei ed americani, selezionati fra molti candidati.
Ci furono delle battaglie difficili dove si dovette combattere fianco a fianco.