QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Capitolo 6: Assaggi di economia nelle università (1971-1999)

Nell’ambiente rococò del castello di Leopoldskron a Salisburgo, in Austria, sentii per la prima volta parlare della società e dell’economia post-industriale. In quell’estate 1959, Daniel Bell dava la sua prima conferenza sul tema, nell’ambito di un seminario di studi americani la cui serie continua ancora ai giorni nostri.
Come sociologo, non si spingeva agli argomenti più propriamente economici ma si concentrava sul fatto che la maggior parte della popolazione lavorava ormai – e sempre di più – nelle attività di servizio. Questa constatazione induceva a pensare che la “classe operaia” fosse sempre meno quella che le teorie marxiste avevano definita e presa come riferimento. In conclusione, i lavoratori delle fabbriche non potevano più costituire, se mai l’avessero fatto, la base per una grande rivoluzione sociale.
Annotai queste osservazioni, mentre pensavo che nella storia umana qualsiasi struttura politica correva il rischio di degradarsi dando vita a forme di oppressione, qualunque fosse l’ideologia di base. L’osservazione riguardante la diminuzione relativa al lavoro manifatturiero in fabbrica era importante – vi ritornerò sempre più spesso in seguito, soprattutto dopo la mia esperienza nell’industria e all’Istituto Battelle.
Dopo un primo libro pubblicato nel 1968 su “L’Europa e lo Spazio”13, seguito dopo alcuni anni da un contributo ad un secondo libro su “L’Europa e gli Oceani”14, a partire dal 1971 cominciai a tenere un corso sulla Politica della Scienza e della Tecnologia e l’Integrazione Europea presso l’Istituto Universitario di Studi Europei a Ginevra. Fu l’inizio di un’attività d’insegnamento universitario che sarebbe durata ventotto anni (dal 1971 al 1999)15
Nel 1985, eccomi infine debitamente nominato “prof”. Per oltre dieci anni avevo fatto lezione gratuitamente, per due, tre ore alla settimana. Si doveva pur fare qualcosa per l’Europa ed inoltre imparare a mettere in ordine le idee e le esperienze.
Quei corsi mi hanno insegnato molto. Infatti, non sono come quei docenti che prima si specializzano in una materia sui libri e poi travasano il loro sapere agli studenti. Fondamentalmente, sono piuttosto un ricercatore: prima devo capire sulla base dell’esperienza pratica dove si colloca la linea più avanzata di una disciplina e poi vado ad indagare oltre quella linea, utilizzando anche i libri. I miei riferimenti sono stati le esperienze vissute nell’industria, la ricerca tecnologica e infine l’esperienza delle istituzioni attinenti alla gestione dei rischi e dell’assicurazione.
Naturalmente, il compito principale a livello universitario è quello di inquadrare i dati empirici, i fatti, in un’esposizione ordinata e coerente. Questa, a sua volta, consente di dare un significato o una spiegazione più approfondita ai fatti stessi. È un lavoro di largo respiro che richiede il miglior compromesso tra il lavoro cosiddetto “pratico” e la sintesi detta “universitaria”. In ogni caso, è molto divertente. Devo quindi un ringraziamento ai miei studenti ai quali, per tanti anni, mi sono trovato ad esporre esperienze spesso inattese e ad introdurre nella ricerca, senza richiesta da parte loro, nuovi elementi per capire e giudicare la realtà economica contemporanea. Una battaglia che ho sempre considerato parallela a quella della costruzione della nuova Europa.

13 “L’Europe et l’Espace”, Centre de Recherches Européennes, Losanna, 1968.
14 “L’Europe et les Ressources de la Mer”, con H. Schwamm e H. Loubergé, edizioni Georgi, St. Saphorin (Svizzera), 1977.
15 Ho poi ripreso dal 2006 a tenere dei corsi in inglese all’IUIES (International University Institute for European Studies) nella sede di Gorizia dell’Università di Trieste.


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