QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Prefazione

Orio Giarini vive a Ginevra ma è nato, poco prima della seconda guerra mondiale a Trieste, città emblematica degli sbocchi sul mare e su vasti orizzonti, del più aperto degli Imperi continentali, quello austro-ungarico.
La sua vita, mossa dalla passione per l’apertura, fa pensare a quella di Stephan Zweig, nato Vienna all’epoca in cui Trieste faceva ancora parte dell’Impero asburgico, anch’egli uomo di frontiera di tutte le culture europee. Dalla ricerca intellettuale di quest’ultimo scaturì l’immagine di un’Europa civilizzata ai massimi livelli. Giarini ha iniziato facendo mille lavori in parallelo agli studi all’Università del Texas e altri centri universitari. Certo, non è il solo. Ma chi altro, dopo esser stato produttore di spettacoli di jazz, è divenuto ricercatore di fertilizzanti liquidi e di calzature da sci? Questo allegro esploratore dell’interdisciplinarietà creativa ha passato la parte migliore della sua gioventù a percorrere l’Europa, giorno dopo giorno, riunione dopo riunione, al servizio appassionato e disinteressato del Movimento Federalista Europeo, nel solco di Alexandre Marc, di Denis de Rougemont e di Altiero Spinelli. Ciò non gli ha impedito successivamente, mentre pubblicava il suo primo libro sulla conquista dello spazio e l’Europa nel 1968, di partecipare attivamente al Club di Roma, militando particolarmente per la causa ecologica a partire dagli anni ‘70. È così che con la lettura di questo libro assistiamo alla nascita dell’analisi dei sistemi e del concetto di sviluppo sostenibile.
La letteratura fu per Stephan Zweigg ciò che l’economia e il federalismo europeo divennero progressivamente per Orio Giarini. Il primo, ammiratore di Romain Rolland; il secondo, di Raymond Barre e di Denis de Rougemont. Nell’opera di Zweig le donne hanno un posto quasi analogo a quello dei modelli economici e sociali nel pensiero di Giarini il quale, da una scoperta all’altra, presenta in questo nuovo libro un’immagine inedita della moderna economia in senso più generale e più profondo. Egli la chiama “economia di servizio” (al singolare), tendente a comprendere o a penetrare a fondo il nostro apparato produttivo.
Questa economia di servizio è caratterizzata da incertezze crescenti, cioè da rischi, e quindi dalla necessità di sicurezza. In questa prospettiva globale estremamente nuova, l’assicurazione non è più un’attività secondaria in rapporto alla banca ma, al contrario, “tenuto conto della logica economica, le assicurazioni diventano sempre più importanti. Un tempo si riteneva che il centro del mondo finanziario fosse costituito dalle banche e che le assicurazioni ne fossero la periferia. Oggi si può pensare che le assicurazioni formeranno sempre più il nucleo solido del sistema finanziario”. Partendo da questo convincimento fortemente sostenuto, Orio Giarini ha animato, fin dalla sua creazione nel 1973, l’Associazione Internazionale per lo Studio dell’Economia dell’Assicurazione, detta “Associazione di Ginevra”. Avviata da Fabio Padoa, Amministratore Delegato delle Generali, assieme ad un gruppo di assicuratori europei, essa vede oggi riuniti a titolo personale gli 80 “CEO” (Chief Executives) delle più importanti compagnie di assicurazioni del mondo e collabora con centinaia di università e centri di ricerca.
L’andamento di questo libro non è certo meno originale di quello della vita intellettuale del suo autore. Infatti, l’idea principale non viene esposta nella parte centrale dell’opera ma nell’ultimo capitolo. Si tratta di una specie di manifesto che le dà una forza singolare e che può essere riassunto in una formula semplice e rivoluzionaria al tempo stesso: restare attivi almeno fino a 80 anni. Non prima degli 80 anni perché, ai tempi nostri, dopo i 65 anni rimangono alla maggior parte di noi ancora una quindicina d’anni per delle attività lavorative a tempo parziale o di volontariato, che dovrebbero venir stimolate da agevolazioni fiscali. Ciò favorirebbe il mantenimento in salute della terza età e il finanziamento delle cure della quarta età. Sarebbe il modo migliore per lottare contro quello che, a torto, viene chiamato invecchiamento della popolazione, senza nuocere in alcun modo al lavoro dei giovani. Una simile riforma costituirebbe una conquista sociale permettendo l’accesso non più e non soltanto al welfare state, a quello Stato-provvidenza oggi minacciato, ma alla “welfare society”, la società del benessere.
Vero pungolo intellettuale, questo libro rappresenterà un must per gli assicuratori, un faro per gli altri investitori, e un viatico per gli economisti, nell’attesa e nella speranza che diventi una fonte di ispirazione per i politici.

Michel Albert

Michel Albert: “Secrétaire perpétuel” dell’Accademia delle Scienze Morali e Politiche, Parigi