QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Capitolo 5: Il Club di Roma e i limiti della crescita

“Potrebbe venire a prendere degli appunti e, già che c’è, far portare un caffè?” È così che cominciò la mia avventura con il Club di Roma: vi sono entrato proprio dalla porta di servizio. Questo invito mi era stato rivolto da Hugo Thiemann, direttore generale dell’Istituto Battelle di Ginevra. Alcuni mesi prima, gli avevo inviato il mio libro sull’Europa e lo Spazio4, e ne era rimasto colpito. Era il giugno 1968.
Nel mese di marzo precedente, egli aveva assistito a una riunione a Roma, organizzata da Aurelio Peccei nella sede dell’antica Accademia dei Lincei, durante la quale alcuni dei partecipanti avevano dato il loro assenso per fondare un gruppo di riflessione che si sarebbe chiamato “Il Club di Roma”, il cui presidente sarebbe stato per molti anni implicitamente – senza voto formale – Peccei stesso, fino alla sua morte nel 1984.
Hugo Thiemann aveva invitato il comitato direttivo del Club a riunirsi a Ginevra, presso la sede dell’Istituto, route de Drize a Carouge. Quest’ultima è una città di origine sarda che ha fatto parte della Savoia, costituendo una specie di avamposto di frontiera all’epoca in cui i futuri re d’Italia erano ancora dei sovrani in equilibrio a cavallo delle Alpi, tra la Savoia e il Piemonte.
Il vastissimo parco di Battelle, con quattro edifici principali e numerosi piccoli laboratori che ospitavano un personale formato da un migliaio fra ricercatori e altri impiegati, era il simbolo di un periodo fasto della ricerca e della riflessione. Thiemann era un fisico. Prima della seconda guerra mondiale, aveva già contribuito allo sviluppo del tubo catodico che sarebbe stato utilizzato per gli apparecchi televisivi. Grazie a questi titoli nobiliari, era stato nominato dalla Fondazione Battelle di Columbus, in Ohio, direttore generale di Battelle Ginevra, sino dalla sua fondazione negli anni cinquanta.
Aurelio Peccei aveva una grande esperienza dell’industria. Già prima della prima guerra mondiale, aveva lavorato in Cina e parlava un po’ il cinese. Durante il secondo conflitto, era stato uno dei capi della resistenza antifascista e aveva rischiato di essere fucilato. Avendo lavorato per la Fiat, dopo la guerra ebbe un ruolo nella fase di normalizzazione di questa grande impresa che fu diretta per molti anni da Valletta. Questi, pensando di sfruttare al meglio le capacità di Peccei, lo aveva inviato in Argentina dove sviluppò gli investimenti e le attività della Fiat, e diede anche l’avvio a una grande compagnia di studio e di promozione economica in quella parte del mondo, l’ADELA.
Rientrato in Italia negli anni sessanta, diventò vicepresidente dell’Olivetti e dell’Italconsult (una società di consulenza molto importante) e cominciò a dedicarsi allo studio delle questioni sociali. La sua priorità era quella di far capire che il mondo era diventato più piccolo e interdipendente: qualunque avvenimento importante si verificasse in qualunque punto del globo poteva avere dovunque conseguenze sempre maggiori, notevoli e anche gravi.
Il pericolo principale era quello di lasciar scoppiare in tragedia il confronto tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti al quale si aggiungeva il problema dello sviluppo economico nel mondo, della lotta contro la povertà e di tutti i conflitti e confronti possibili che potevano provocare dei disastri globali. Nel 1969, Peccei aveva pubblicato presso McMillan un libro intitolato “Chasm Ahead” (Sull’orlo del baratro) sulle crisi che il pianeta avrebbe dovuto affrontare, per provocare un dibattito e trovare delle soluzioni. Tutto ciò lo portò ad essere l’ispiratore principale e l’organizzatore del Club di Roma, sostenuto in particolare da Alexandre King.
Quest’ultimo era, a quell’epoca, il direttore generale dell’OCDE a Parigi per le questioni scientifiche e tecnologiche. King era uno scienziato scozzese, generoso e coriaceo, membro di un antico clan che aveva combattuto contro il re d’Inghilterra. Raccontava che la sua famiglia aveva perso la battaglia finale ed era stata così obbligata a cambiare nome e prendere quello del vincitore, King, Re. Alexandre King ha fortemente contribuito a introdurre nel Club di Roma la consapevolezza del ruolo che potevano avere la scienza e la tecnologia nello sviluppo sociale, mettendo tuttavia in guardia contro il loro cattivo uso.
Tra gli altri promotori del Club, vi era Saburo Okita la cui costante presenza era particolarmente interessante. Egli era stato un consigliere economico ascoltato dal governo giapponese e sarebbe diventato in seguito ministro degli Affari Esteri. All’epoca, il Giappone era ancora nella fase di piena crescita economica.
Edouard Pestel era ministro della Scienza e della Tecnica nel “Land” di Hannover e docente universitario. Come presidente della Fondazione Volkswagen avrebbe avuto un ruolo essenziale nella preparazione del primo rapporto del Club di Roma.
Tutti questi personaggi erano i più assidui alle riunioni di Ginevra che avevano luogo di media ogni due mesi. Peccei non voleva un eccesso di burocrazia nel Club, tanto che gli statuti furono depositati a Ginevra soltanto molti anni più tardi. I membri venivano semplicemente cooptati, senza quote da pagare, sulla base di una verifica del loro impegno o meglio, come diceva Peccei, della loro “qualità umana” (scrisse anche un libro dallo stesso titolo). Il numero dei soci era limitato a cento, e questa è rimasta una regola rigida fino ad ora. Ci si è sempre impegnati perchè tutte le parti del mondo e tutte le opinioni fossero rappresentate.

4 “L’Europe et l’Espace”, Centre de Recherches Européennes, Lausanne, 1968.


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