Il lavoro di assistenza nell’Unione Europea: proposte nel contesto del cambiamento demografico
1. Introduzione
I cambiamenti demografici e del del mercato del lavoro stanno generando in Europa nuove richieste per il lavoro di assistenza, sia per i minori sia per le persone non autosufficienti. In tutti gli stati membri dell’Unione Europea si conferma la tendenza all’invecchiamento della popolazione, anche se con caratteristiche diverse; questa situazione porterà a un gran numero di persone bisognose di assistenza continuativa. Contemporaneamente, i bassi tassi di fecondità nella maggior parte degli stati membri hanno generato un aumento della richiesta di un’assistenza accessibile, non costosa e di qualità per l’assistenza all’infanzia. Nel frattempo la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è aumentata, in tutte le fascie di età, e di conseguenza aumenterà sempre più la richiesta di servizi di assistenza formale ed informale.
Nell’ Unione Europea la maggior parte delle cure assistenziali è garantita dalla famiglia o da reti informali; nella maggior parte dei paesi è solo negli ultimi decenni che l’assistenza formale si è trasformata in un fattore chiave dei preventivi di budget di spesa e questo settore è stato finanziato e sviluppato con modalità assai diffferenti tra i diversi stati. Questa situazione ha innescato un ampio dibattito a livello europeo sulle sfide che l’assistenza deve affrontare in relazione al cambiamento demografico, tuttavia non ha avuto alcuna risonanza in alcun paesi membri – in particolare in quelli in cui l’assistenza appare essere retaggio della famiglia. Attualmente le misure a sostegno dell’assistenza formale e informale, che si stanno sviluppando in Europa, non sono tra loro coordinate.
2. Prospettive demografiche
Le tendenze demografiche sono evidenziate nelle recenti proiezioni riguardanti la popolazione (Eurostat 2008); il trend dominante è quello dell’invecchiamento. Le previsioni indicano che l’età mediana della popolazione nella UE27 passerà da 40,4 anni nel 2008 a 47,9 anni nel 2060; il numero delle persone con più di 64 anni raddoppierà tra il 2008 ed il 2060, passando da 84 milioni a 151 milioni, mentre il numero degli ultra ottantenni passerà, nello stesso periodo, da 21,8 a 61,4 milioni. Questi cambiamenti demografici sono presentati spesso in termini del rapporto del “tasso di dipendenza” come nella figura 1.
Fig. 1: Tasso di dipendenza- proiezioni UE27
Source: Eurostat, EUROPOP 2008 convergence scenario
Considerando che nel 2008 nella UE27 c’erano 4 persone in età lavorativa (15-64 anni) per ogni persona ultra sessantaquatrenne, nel 2060 il rapporto potrebbe essere di 2:1 ed in molti paesi questo raddoppio del tasso di dipendenza avrà luogo entro il 2040. Tuttavia, i singoli paesi conosceranno evoluzioni tra loro diverse; si ipotizza che i più elevati incrementi dei tassi di vecchiaia avverranno tra i nuovi stati membri dell’Europa centrale ed orientale rispetto all’UE27 nel suo complesso. Questi sono paesi che, in generale, sembrano scarsamente preparati ad affrontare una rapido incremento della domanda di assistenza di lungo termine (Österle e Meichenitsch, 2008). La presentazione del tasso di dipendenza nei diversi paesi intende fornire un’indicazione del rapporto tra popolazione anziana e popolazione in età di lavoro, ma questo dato può essere ingannevole. Questi dati non forniscono i costi di cura e assistenza per la popolazione più anziana, o coloro che sono effettivamente attivi tra la popolazione in età lavorativa; certamente non danno indicazione del tipo di assistenza fornita dal coniuge o da altri per le persone anziane, o il grado di cura e assistenza forniti dai network informali e dalla famiglia per i minori.
3. Le iniziative politiche europee
I familiari che assistono una persona non autosufficiente sono stati fino a cinque anni fa praticamente invisibili per le istituzioni europee. Una maggiore ed effettiva attenzione verso coloro che assistono persone con disabilità ha coinciso con la crescente attenzione che i policy makers hanno posto alla questione dell’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro, in particolare nei confronti dei costi e dei servizi di assistenza per le persone non autosufficienti. Oggi, il riferimento a coloro che prestano assistenza, formale ed informale ai membri della propria famiglia, viene evidenziata nei documenti relativi alle politiche dell’occupazione, della protezione sociale e delle pari opportunità. Nondimeno, la più importante comunicazione dalla Commissione Europea a riguardo, “Il futuro demografico dell’Europa” (2006), non faceva alcun riferimento ai lavoratori che operano nel settore assistenziale in quanto tali (un’omissione che è stata rettificata quando il Commissario per gli Affari Sociali ha poi reso pubblico il documento). L’attuale dibattito politico sull’assistenza di lungo termine riconosce i differenti contributi dello stato, del mercato, della famiglia e della comunità nel rispondere alla richiesta di assistenza. Il più recente aggiornamento sugli sviluppi della protezione sociale nell’Unione Europea (Commissione Europea, 2008) pone l’attenzione al ruolo, alle difficoltà ed ai bisogni di coloro che svolgono attività di assistenza informale. In particolare questo rapporto evidenzia le scarsità nel numero e l’inadeguatezza della professionalità tra coloro che forniscono servizio di assistenza sia nel settore formale sia informale.
Evidenzia, come molti altri documenti, che l’aumentata partecipazione femminile al mercato del lavoro sta ponendo una seria sfida alla sostenibilità delle cure informali. Mentre questo è senza dubbio un tema importante (viene ripreso in un capitolo successivo), dovrebbe anche essere riconosciuto che storicamente è stata la donna che, in ogni famiglia, ha assunto la responsabilità di assistere un familiare, e che ci sono ancora molte donne – e uomini – fuori dal mercato del lavoro che possono essere potenziali providers per i servizi di assistenza. Tuttavia, è chiaro che la probabilità che una persona in età lavorativa abbia la responsabilità di assistere un familiare sta aumentando. Il rapporto della Commissione sostiene che la principale preoccupazione per i politici è assumere e trattenere al lavoro persone qualificate ed esperte nel settore dell’assistenza, così come garantire una formazione adeguata ai familiari che assistono la persona non autosufficiente. Tra le misure proposte per migliorare la condizione dei familiari che dispensano le cure, il rapporto sottolinea come sia importante integrare l’assistenza informale nel sistema di protezione sociale, ovvero con diritti previdenziali e altri diritti sociali.
Un secondo argomento riguarda le politiche di riconciliazione, ovvero le proposte per cercare di coniugare il lavoro con l’assistenza prestata in famiglia. Un documento del Directorate-General for Employment (2008) asserisce che “molte donne (e pochissimi uomini) lasciano il lavoro per fornire assistenza ai propri cari” e questo può causare difficoltà finanziarie e isolamento sociale. Per la maggior parte di coloro che prestano assistenza, il problema più comune è cercare di riconciliare la professione con gli impegni di assistere un proprio caro. Gli autori del documento propongono per il futuro di sviluppare day-care center per gli anziani non autosufficienti, servizi di sollievo e l’introduzione di nuove tipologie di permesso, oltre che rendere possibile un orario lavorativo che concili il lavoro con l’assistenza. Le parti sociali (come le organizzazioni degli imprenditori e i sindacati) sono invitati a sviluppare questo approccio per permettere ai lavoratori di occuparsi di un familiare anziano o non autosufficiente.
4. Gli sviluppi delle politiche negli Stati membri
In pratica le maggiori responsabilità e risorse per realizzare le politiche socio-assistenziali si gestiscono principalmente a livello statale. I 27 paesi della UE hanno sviluppato i servizi in base al loro contesto culturale, economico, demografico e politico, con profonde varietà e diversità di approccio nel sostenenere l’assistenza. Österle e Meichenitsch (2006) sostengono che fra i paesi del sud e nell’Europa orientale soltanto alcuni, recentemente, hanno formulato proposte per l’assistenza di lungo termine, o hanno cominciato a sviluppare tali proposte o a implementare i propri sistemi assistenziali. I dati disponibili sui costi dell’assistenza per le persone non autosufficienti forniscono solo un’idea generale, ma ci sono profonde differenze fra i paesi in termini di spese, passando da un costo inferiore allo 0.5% a più del 2.5% del PIL. In alcuni paesi dell’Europa centrale e orientale è tradizione finanziare l’assistenza informale. Tali sovvenzioni, che sono elargite direttamente alla persona che fornisce assistenza, esistono ancora in Ungheria ed in Slovacchia. In Ungheria, per esempio, il livello del benefit è vincolato alla pensione minima, con l’opportunità di ridurre o aumentare il finanziamento a secondo delle condizioni della persona che viene assistita. Il periodo durante il quale viene pagato il benefit è inoltre riconosciuto come periodo di contribuzione ai fini previdenziali.
Nella Repubblica Ceca l’indennità per l’assistenza è stata introdotta nel 2006, in concomitanza con nuove leggi sull’accreditamento dei servizi sociali. Recenti riforme nei paesi dell’Europa centrale e sud orientale evidenziano un obiettivo simile: decentralizzare, chiarire le responsabilità per il finanziamento del sistema sanitario e assistenziale, diversificare i servizi, sviluppare un’infrastruttura per i servizi sociali nella comunità e migliorare la loro accessessiblità ed efficienza. Però, nel dibattito pubblico è assente l’argomento di come sviluppare questi servizi di sostegno e di come reperire le necessarie risorse finanziarie.
Sono stati creati numerosi modelli assistenziali nei paesi dell’Europa occidentale, un ampio spettro di esempi, da quelli in cui la famiglia assume ancora un ruolo importante (per esempio Italia) a quelli in cui vi è una forte presenza di servizi formali (per esempio Svezia e Paesi Bassi). Tuttavia, Ranci e Pavolini identificano, in una loro ricerca sviluppata in sei paesi dell‘Europa occidentale, una tendenza comune tra le nuove politiche nel ripensare il rapporto fra assistenza familiare e servizi formali, non più come tra loro alternativi, ma come attività complementari. Ciò si riflette nello sviluppo delle iniziative pubbliche a sostegno e a integrazione dell’attività svolta a livello familiare tramite: benefit monetari mirati a supporto dell’assistenza informale, maggiore flessibilità nell’offerta dei servizi assistenziali, aumento delle possibilità di scelta per gli utenti dei servizi oltre che misure per riconciliare vita familiare e lavoro.
Allo stesso tempo l’offerta dei servizi di assistenza a livello familiare è stata differenziata ed aumentata, introducendo la concorrenza nel settore pubblico e incentivi per lo sviluppo del settore privato. Sono state sollevate alcune critiche a proposito delle misure che prevedono il pagamento in denaro al caregiver informale, responsabile di avere, in pratica, intrappolato le donne in condizioni di povertà a causa del basso compenso per l’attività di assistenza e limitato le loro opportunità nel mercato del lavoro – con un risparmio dei fondi istituiti per i programmi di assistenza e di sanità pubblica. Pavolini e Ranci (2008) argomentano, tuttavia, che le nuove politiche riconoscono e sostengono i caregiver familiari attivamente, riconoscendoli come una risorsa esplicita e non come una risorsa data per scontata. Queste misure per l’assistenza informale in famiglia includono: contributi previdenziali, contributi sociali; la possibilità di frequentare corsi di formazione; coperture assicurativa per malattia e infortunio e l’accessibilità ai servizi di sostegno.
Robert Anderson: Head of the Living Conditions and Quality of Life Research Program, European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, Dublin.
Articolo per l’International Symposium on Social Support Measures for Care Work, Seul, 9 ottbre 2008.
Tag:assistenza in Europa, carriere lavorative, politiche assistenza