I centenari in Europa
1. Introduzione
Oggi, è ben noto che il numero dei centenari sta aumentando in tutta Europa, ma questa consapevolezza è relativamente nuova. Uno dei principali argomenti citati da James Fries nel 1980 nel suo importante lavoro sulla compressione della morbilità, per giustificare la scelta della sua curva di distribuzione di sopravvivenza intorno alla durata modale di 85 anni fu la totale assenza di ogni tipo di aumento nel numero dei centenari fino al 19° secolo in Inghilterra e Galles (Fries, 1980). In quel periodo la convinzione che il numero dei centenari non potesse aumentare col tempo fu condivisa dai maggiori biologi dell’invecchiamento (si veda ad esempio Cutler, 1985; Walford, 1985; Hayflick, 1996).
Effettivamente, l’aumento del numero dei centenari fu pronosticato negli anni ‘80 attraverso alcuni scenari demografici che ipotizzavano il declino della mortalità per il ventunesimo secolo (Vaupel e Gowan, 1986). Gli studi empirici presto confermarono che questo aumento era già iniziato durante il ventesimo secolo nell’Inghilterra e nel Galles per poi accelerare dopo la seconda guerra mondiale (Thatcher, 1992). Nella metà degli anni 90, James Vaupel e Bernard Jeune dimostrarono che il numero dei centenari era raddoppiato in media ogni dieci anni, a partire dal 1950, in circa una mezza dozzina di paesi europei occidentali e per i quali hanno raccolto dati sui centenari (Vaupel e Jeune, 1995). Da allora, l’aumento nel numero dei centenari è stato descritto meticolosamente in Giappone (Robine e Saito, 2003; Robine ed altri, 2003) ed in alcuni altri paesi europei: Danimarca (Skytthe e Jeune, 1995; Jeune e Skytthe, 2001), Galles e Inghilterra (Thatcher, 1997, 1999 e 2001), Belgio (Poulain ed altri, 2001), Francia (Vallin e Meslé, 2001) e Svizzera (Robine et Paccaud, 2005).
Recentemente, Robine e Caselli hanno raccolto dati sui centenari in dieci paesi europei, ovvero Danimarca, Inghilterra e Galles, Francia, Germania, Italia, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Svezia e Svizzera. Misurando in quanto tempo si è verificato il raddoppio del numero dei centenari in ciascuno di questi paesi, hanno rilevato i diversi incrementi: un elevato aumento in Francia, Italia e Svizzera; un modesto aumento in Danimarca e nei Paesi Bassi. Hanno proposto di computare uno specifico Centenarian Rate (CR,) all’interno di ogni coorte per valutare l’importanza del numero reale dei centenari (Robine e Caselli, 2005). Tuttavia nessuno studio sull’aumento del numero dei centenari è stato svolto su scala europea, a causa della sua difficoltà e per la mole della raccolta dei dati.
L’analisi corrente del numero dei centenari in Europa è stata resa possibile grazie allo sviluppo del Human Mortality Database (www.mortality.org) a partire dall’anno 2002. Cominciando con quattro paesi, precedentemente riuniti nel Berkeley Mortality Database (BMD), lo Human Mortality Database (HMD) ha raggiunto il significativo numero di 38 paesi nel 2009. Tutti i dati utilizzati in questo articolo provengono dal HMD.
2. Dati
Dall’inizio del 2009, l’HMD raccoglie i dati demografici di 38 paesi, includendo la maggioranza dei paesi europei. I dati sono stati scaricati il 31 marzo 2009 nella forma delle stime della popolazione al 1° gennaio per 36 paesi, per età e sesso, dall’età 0 fino a 110+, dal 1946 in poi. Oltre che i paesi europei il documento contiene i dati di Australia, Canada, Cile, Giappone, Nuova Zelanda e Stati Uniti d’America. Fra i 30 paesi europei, non abbiamo considerato Bielorussia, Russia e Ucraina per il nostro studio sull’aumento dei centenari in Europa. In questa analisi abbiamo mantenuto soltanto le stime della popolazione all’età di 100 anni e a partire dal 1946 in poi, tranne nel caso della Francia in cui erano necessari dati più remoti per elaborare la figura 8, per due motivi principali: in primo luogo la maggior parte dell’aumento del numero dei centenari si sono presentati dopo la seconda guerra mondiale e secondariamente la maggior parte dei paesi europei non ha una raccolta dati sulla vecchiaia con riferimento al passato.
In effetti per l’anno 1946 l’HMD fornisce le stime della popolazione soltanto per 14 paesi europei, ovvero Belgio, Danimarca, Inghilterra, Galles, Finlandia, Francia, Islanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Scozia, Spagna, Svezia e Svizzera. I dati hanno iniziato ad essere raccolti negli altri paesi europei a cominciare dal 1947 per Austria e Bulgaria, dal 1950 per Repubblica ceca, Ungheria, Irlanda e Slovacchia, dal1956 per Germania, dal 1958 per Polonia, dal 1959 per Estonia, Lettonia e Lituania, dal 1960 per Lussemburgo e finalmente dal 1983 per Slovenia. Abbiamo computato parecchi indicatori con questi dati, compreso il Centenarian Rate (CR), definito come il numero dei centenari (età 100) per 10.000 persone di 60 anni, quaranta anni prima (Robine e Caselli, 2005). Inoltre abbiamo stimato l’aumento del numero dei centenari per decade fra gli anni 1946, 1956, 1966, 1976, 1986, 1996 e 2006. Per i tre ultimi anni, 1986, 1996 e 2006, l’HMD fornisce le stime della popolazione per 27 paesi europei. Abbiamo aggregato le stime della Germania Occidentale e Orientale per gli anni precedenti la riunificazione.
In una prima sezione del nostro articolo descriviamo le caratteristiche principali dell’aumento del numero dei centenari nei paesi europei. In una seconda sezione ricapitoliamo questi cambiamenti a livello regionale europeo nel corso degli anni. In una terza sezione si evidenzia la variabilità in Europa nella velocità di aumento durante l’ultimo decennio in esame, 1996-2006 e viene esaminato il Centenarian Rate. Nella sezione finale i dati europei vengono messi a confronto con i dati giapponesi, in quanto questo paese è il paese leader della rivoluzione della longevità sin dal 1986 (Oeppen e Vaupel, 2002; Robine e Saito, 2003; Robine ed altri, 2003).
Jean-Marie Robine:National Institute on Health and Medical Research, INSERM, France – Robine@valdorel.fnclcc.fr
Yasuhiko Saito: Nihon University Advanced Research Institute for the Sciences and Humanities, Tokyo
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