Pensioni pubbliche e partecipazione della forza lavoro: il caso della Grecia
5. Proiezioni di spesa: 2005-2050
In questo paragrafo ci baseremo sul modello sviluppato sopra per stimare i costi futuri del regime pensionistico greco. Nel paragrafo precedente abbiamo visto che pg = gg – bg + zg. Il tasso di sostituzione del regime pensionistico greco ha raggiunto il 37% nel 2000; ipotizziamo che in futuro questo valore non superi il 40%. Di conseguenza, tra il 2005 e il 2050 l’aumento dell’imposta sui salari sarà determinato dall’incremento del tasso di partecipazione alla popolazione attiva, bg, e del tasso di dipendenza economica, zg.
La Tabella 5 illustra i tassi di dipendenza economica prevalenti secondo diverse ipotesi relative ai tassi di partecipazione della popolazione attiva. Per il periodo 2005-2050 i dati concernenti la popolazione attiva e a riposo sono derivati da Tsimpos13 e dall’NSSG. Le proiezioni tengono conto del censimento del 2001 e dei flussi migratori in arrivo che si sono verificati nell’ultimo decennio. Tutti gli indici sono più che raddoppiati tra il 2005 e il 2050. Persino con una partecipazione della popolazione attiva dell’80%, dopo il 2025 il tasso di dipendenza economica sarà superiore a quello attuale, così rispecchiando gli sviluppi demografici negativi che si verificheranno in futuro.
Le Tabelle 6 e 7 presentano le stime dei costi futuri del regime pensionistico greco sulla base di diversi scenari relativi all’aumento dei tassi di dipendenza economica, come pure della disoccupazione e della produttività dell’economia greca nel periodo 2005-2050. Il “peggiore” dei casi prevede la proiezione delle condizioni economiche degli anni ’80 e ’90. Se l’economia greca mantiene invariati i tassi di produttività e disoccupazione ai livelli del ventennio 1980-2000, come pure quello della partecipazione alla popolazione attiva, le imposte sui salari necessarie dovranno aumentare dal 17% attuale a circa il 39% nel 2050. Un tale insostenibile prelievo contributivo potrebbe fermarsi al 30% grazie ai successivi aumenti del tasso di partecipazione della popolazione attiva (dall’attuale 65% all’80% nel 2050), al raddoppiamento della produttività e alla riduzione della disoccupazione di due punti percentuali. Paragonando le Tabelle 6 e 7, vediamo che il miglioramento è dovuto quasi esclusivamente all’incremento dei tassi di partecipazione alla popolazione attiva tra il 2005 e il 2050.
Tabella 5: Tassi di dipendenza economica: 2005-2050
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Tabella 6: Costi del regime pensionistico greco: 2005-2050. SCENARIO 1*
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* Ipotesi: 1. Produttività media dell’1% annuo nel periodo 2005-2050
2. Tasso di disoccupazione medio dell’8% nel periodo 2005-2050
3. Il valore di β passa dal 65 all’80%.
4. Tasso di sostituzione: 40%.
Tabella 7: Costi del regime pensionistico greco: 2005-2050. SCENARIO 2*
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* Ipotesi: 1. Produttività media del 2% annuo nel periodo 2005-2050
2. Tasso di disoccupazione medio del 6% annuo nel periodo 2005-2050.
3. Il valore di β passa dal 65 all’80%.
4. Tasso di sostituzione: 40%.
Grazie alla formula pg = gg – bg + zg, è possibile scomporre il tasso di crescita dell’aliquota d’imposta sui redditi nel periodo 2005-2050. Il tasso di crescita combinato per p è pari all’1,3% (pari a un incremento dal 17,1% nel 2005 al 30,5% nel 2050), per γ è pari allo 0,0% (perché ipotizziamo un tasso di sostituzione costante al 40% per l’intero periodo), per β è pari allo 0,46% (aumento dal 65% all’80%), e per z è pari all’1,4% (incremento dallo 0,43 del 2005 allo 0,80 del 2050). Quindi tra il 2005 e il 2050 la crescita del tasso di partecipazione della forza lavoro frenerà l’aumento dell’aliquota d’imposta sui salari del 35%, mentre il notevole rialzo del tasso di dipendenza economica porterà a un aumento dell’aliquota d’imposta sui salari pari al 107%. Lo studio EPC conduce a risultati analoghi.14
L’analisi condotta sopra dimostra che, in assenza di riforme sostanziali, il regime pensionistico pubblico dovrà più che raddoppiare l’aliquota d’imposta sui salari tra oggi e il 2050. È chiaro che un simile sviluppo sarebbe insostenibile dal punto di vista economico, perché si ripercuoterebbe negativamente su occupazione, investimenti e concorrenzialità. Ne consegue che nei decenni a venire le finanze pubbliche si dovrebbero far carico della maggior parte del costo aggiuntivo per il finanziamento delle pensioni. Nemmeno questa sarebbe una soluzione possibile a causa delle restrizioni imposte dal Patto di stabilità fiscale. Occorre dunque valutare le possibilità di riforma con urgenza. Nel paragrafo che segue, sulla base delle nostre analisi avanzeremo dei suggerimenti relativi alla direzione da prendere e alle scadenze da rispettare nel processo di riforma. La caratteristica principale del regime pensionistico greco è riconducibile alla sua complessità e frammentazione. L’analisi presentata in questo contributo prescinde da gran parte della complessità organizzativa, pur illustrando i notevoli ostacoli macroeconomici che il Paese deve affrontare con urgenza. Se si tiene conto della complessità del sistema, rinunciando in parte alle semplificazioni operate, le conclusioni risulterebbero rafforzate e l’analisi si orienterebbe nella stessa direzione. Per esempio, se si endogenizzano i tassi di sostituzione, o se si considerano la diffusione delle pensioni complementari o altri effetti nel lungo termine, si avrebbe comunque un’ulteriore incremento dei tassi di sostituzione medi. Quindi, tenendo conto di una maggiore complessità si assisterebbe a un peggioramento dei disequilibri previsti e si renderebbe ancora più urgente la necessità di risolverli.
6. Possibilità di riforma
Nel corso degli anni ’90, gran parte dei Paesi europei, compresi persino i nuovi membri orientali dell’Unione, hanno adottato dei piani di riforma delle pensioni basati su sistemi in parte o totalmente a capitalizzazione. Dopo lunghi dibattiti politici, nella maggior parte dei casi si è riusciti a raggiungere un equilibrio tra i sistemi a ripartizione e quelli a capitalizzazione.15
La Grecia finora non è riuscita a far approvare una riforma delle pensioni che tenesse conto dello sviluppo demografico prevalente atteso nei prossimi decenni, pur essendo il deficit pensionistico previsto il maggiore tra tutti i membri dell’Europa dei 15.16 Inoltre, il sistema pensionistico attuale si trova di fronte a problemi seri dovuti alla sua frammentazione e alla mancanza di piattaforme organizzative e informatiche moderne. Le analisi, condotte sopra, hanno dimostrato che rimane poco tempo per realizzare una riforma di ampio respiro che preveda la creazione e la gestione di un regime pensionistico moderno a capitalizzazione a fianco dell’esistente sistema a ripartizione: come è stato dimostrato in tutti i Paesi industrializzati, per la Grecia si tratta di una necessità inderogabile.
Qui ipotizziamo l’esistenza di tre aspetti strategici principali ai fini di una riforma delle pensioni, i quali vanno affrontati simultaneamente: (a) miglioramento dei tassi di dipendenza economica, (b) ristrutturazione del sistema a ripartizione e (c) creazione di un moderno regime pensionistico a capitalizzazione.
Per quanto concerne il primo fattore, la nostra analisi ha dimostrato che i tassi di dipendenza economica possono aumentare in due modi: (a) aumentando i tassi di partecipazione alla popolazione attiva e/o (b) innalzando l’età pensionabile. Questa seconda possibilità richiede una decisione di tipo politico, mentre la prima rappresenta un’importante questione legata alla crescita economica. Le Tabelle 5 e 6 ci permettono di capire che, per mantenere stabili gli attuali livelli di spesa del regime pensionistico (imposta sui salari del 17,1% nel 2005), il tasso di occupazione deve passare dal 65% del 2005 al 70% nel 2010, al 75% nel 2020 e all’80% nel 2025. Questo è necessario per garantire un “periodo di transizione” che permetta di introdurre il nuovo regime a capitalizzazione. Tuttavia, per ottenere tali risultati sono necessarie iniziative che stimolino la crescita economica e l’introduzione di importanti misure volte a garantire la “flessibilità” del mercato del lavoro; in alternativa nei decenni a venire occorrerà innalzare gradualmente l’età pensionabile, o si dovranno ripetere i notevoli flussi immigratori che si sono verificati negli anni ’90 (circa il 10% della popolazione).
In seconda istanza, occorre dare immediatamente inizio alla ristrutturazione del regime pensionistico a capitalizzazione, attualmente caratterizzato da una forte frammentarietà. Gli obiettivi a cui tendere dovrebbero essere (a) garantire l’equità e la giustizia del sistema a livello intra-e intergenerazionale, (b) migliorare l’amministrazione e (c) ridurre l’evasione contributiva. Tali obiettivi possono essere raggiunti, istituendo un regime contributivo uniforme in cui confluiscano tutti i fondi pensione primari esistenti. L’analisi condotta nel presente articolo ha dimostrato, che se si fosse intrapresa una simile iniziativa in passato, l’imposizione totale sui redditi sarebbe stata molto inferiore ai livelli attuali.
In terzo luogo, gran parte della riforma riguarderà la creazione di un sistema pienamente a capitalizzazione, che andrà gradualmente (entro il 2025) a sostituire metà delle prestazioni offerte dal sistema a ripartizione. La partecipazione sarebbe obbligatoria e sarebbe garantita la totale portabilità dei diritti di pensione tra un fondo e l’altro. Il finanziamento sarebbe assicurato tramite una nuova direzione di una parte dell’attuale imposta sui salari, proprio perché non è ipotizzabile un ulteriore aumento di quest’ultima.17 Il problema principale insito nell’introduzione di un regime a capitalizzazione è rappresentato dall’aumento dei costi durante il periodo di transizione, quando la generazione attuale dovrà sostenere sia i costi del sistema a ripartizione che quelli del finanziamento del nuovo regime. Esistono numerosi studi che propongono una soluzione al problema.18
Nektarios19 ha dimostrato che prima si adotta un regime pensionistico a capitalizzazione, meglio è per le finanze pubbliche della Grecia. L’ultima colonna della Tabella 8 indica che, in assenza di riforme, dopo il 2025 i costi del regime in vigore si troveranno quasi raddoppiati e rappresenteranno una seria minaccia per il bilancio nazionale. Tale scenario è confermato anche dalle conclusioni del presente contributo. D’altro canto, se nel 2000 si fosse adottato un regime pensionistico a capitalizzazione conformemente alle linee guida illustrate sopra, il costo del nuovo sistema (abbandono graduale del regime a ripartizione e introduzione di un nuovo regime a capitalizzazione, con un tasso di sostituzione aggregato pari al 70%) si sarebbe ridotto notevolmente dopo il 2025. Il regime pensionistico proposto garantirebbe nel lungo periodo la protezione della popolazione e allo stesso tempo annullerebbe le conseguenze negative della maggior parte dei futuri cambiamenti demografici.
Il regime pensionistico greco è un tipico esempio di sistema previdenziale mediterraneo, caratterizzato da una marcata frammentazione, imposte sui salari molto alte e pensioni inadeguate per la maggioranza dei pensionati. Nel presente articolo abbiamo dimostrato che un simile paradosso può essere risolto se si prende in considerazione il tasso di occupazione. In questo senso l’economia greca è caratterizzata dal dato più basso dell’Unione europea (15 membri), rimasto invariato per quasi vent’anni. La conseguenza più immediata consiste in un tasso di dipendenza economica molto elevato, il che implica che la base relativamente limitata della forza lavoro occupata deve farsi carico del finanziamento del totale dei pensionati.
La nostra analisi ha inoltre dimostrato che se ai problemi esistenti aggiungiamo gli sviluppi demografici negativi che si verificheranno dei decenni a venire, il sistema pensionistico a ripartizione attualmente in vigore accumulerà un deficit tale da rappresentare una seria minaccia per le finanze pubbliche della Grecia.
Tuttavia, ai fini di una riforma, il basso tasso di occupazione può rappresentare un’opportunità. In altre parole, se si rende più flessibile il mercato del lavoro, aumenterà la forza lavoro, fornendo così un certo sollievo alle finanze dell’attuale regime pensionistico a ripartizione. Va notato che i benefici di tale politica si esauriranno prima del 2025. Nel frattempo, occorre cogliere l’ultima opportunità per sviluppare un sistema pensionistico a capitalizzazione moderno che sostituisca gradualmente circa metà delle prestazioni pensionistiche versate dal sistema a ripartizione. In tal modo si limiteranno notevolmente gli effetti negativi dello sviluppo demografico e nel lungo periodo si manterrà entro limiti accettabili il peso finanziario del bilancio statale. Il processo di riforma dovrebbe essere completato da una revisione completa del regime a ripartizione attuale, istituendo un sistema unico e uniforme per l’intera popolazione.
13 Tsimpos (2001)
14 Commissione Europea (2001)
15 Borsch-Supan et al. (1999)
16 Governo della Grecia 82001 a, b); e Commissione Europea (2001)
17 Nektarios (1996); Borsch-Supan and Tinios (2001)
18 Kotlikoff (1995, 1996); Feldstein (1996a, b and 1998); Feldstein and Samwick (1998); Neumann (1997); Miles and Timmermann (1999); Borsch-Supan (2000)
19 Nektarios (2000)
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