Pensioni pubbliche e partecipazione della forza lavoro: il caso della Grecia
3. Un modello economico-demografico del regime a ripartizione
Il punto chiave di un regime pensionistico a ripartizione (PAYG) consiste in un meccanismo di trasferimento fiscale atto alla ridistribuzione del reddito tra la popolazione attiva e quella a riposo. Il nostro modello matematico si concentra sull’impatto dei fattori economico-demografici sul regime pensionistico.
Le unità economiche di base del modello sono rappresentate dal “lavoratore medio” e dal “pensionato medio”. Il primo percepisce il salario medio per ogni anno della vita lavorativa, mentre il secondo riceve la pensione media per ogni anno del pensionamento. La durata della vita lavorativa è pari a n anni e l’età pensionabile è 65 anni. I pensionati muoiono in ragione di un tasso annuo δ; i decessi si concentrano all’inizio dell’anno. I bambini nascono secondo un tasso annuo d. Il modello demografico completo viene sviluppato in Appendice.
In qualsiasi anno t, il totale della forza lavoro Lt viene espresso come:
(1)
dove Lo rappresenta dal forza lavoro al momento zero ed n esprime l’aumento annuo della forza lavoro.
In qualsiasi anno, la popolazione a riposo Rt, viene espressa come segue:
(2)
Ogni anno il regime pensionistico a ripartizione copre una certa quota della forza lavoro. Indichiamo tale copertura con βt,: il valore può variare di anno in anno con l’espansione della copertura. Inoltre il tasso di disoccupazione viene espresso da ut.
Il reddito medio cresce ogni anno in ragione del tasso λ, che è dato dalla somma dell’inflazione, b, e della produttività media, π. Quindi la retribuzione nominale media per anno t, wt, è: wt = wo · eλt, dove wo rappresenta il retribuzione media al momento zero.
La forza lavoro coperta versa ogni anno un’imposta proporzionale sui salari, pt, che colpisce esclusivamente i redditi da salari. Ne consegue che il totale del gettito fiscale dai salari nell’anno t è dato da:
(3)
Il totale delle imposte sui salari viene distribuito ogni anno alla popolazione a riposo. Distinguiamo tra due gruppi di pensionati: i nuovi pensionati, R1, ricevono un assegno pari al γt% della retribuzione nominale media nell’anno t; per gli altri, Rt—R1, le pensioni sono ancorate all’inflazione.
Quindi l’aliquota annua d’imposta sui salari in un sistema indicizzato sui prezzi è:
(4)
Nel caso di un regime pensionistico a ripartizione indicizzato sulle retribuzioni, chi è già in pensione, Rt—R1, vede i propri assegni variare in base agli aumenti della retribuzione nominale media. Dunque l’imposta sui salari in un sistema indicizzato sulle retribuzioni, pwt, è data da:
(5)
Finora abbiamo analizzato le imposte annue sui salari, ma è impostante definire una potenziale scala di variazione secondo un’ampia gamma di ipotesi relative a diversi fattori economici e demografici che influenzano il costo di un regime pensionistico di questo tipo. Ai fini che ci interessano in questa sede, l’equazione (4) può essere riscritta come segue:
(6)
In base alla derivata logaritmica della funzione (6), scopriamo che il tasso di crescita dell’imposta sui salari, pg, è correlato ai quozienti di variazione delle variabili economiche e demografiche del modello secondo le modalità illustrate sotto.
(7)
L’equazione (7) illustra l’importanza relativa dei fattori che influenzano il tasso di crescita dell’imposta sui salari. La scomposizione del tasso di crescita dell’imposta sui salari risulta possibile se si hanno informazioni relative alle singole variabili in gioco.
4. Simulazione del sistema pensionistico: 1980-2000
In questo paragrafo utilizzeremo l’equazione (4) per simulare l’andamento del regime pensionistico greco nel corso del ventennio 1980-2000. Quindi scomporremo il tasso di crescita dell’imposta sui salari per evidenziare i fattori che in passato hanno avuto un ruolo importante nel determinare i costi del programma.
I dati utilizzati per la simulazione sono stati ottenuti da fonti ufficiali. Le informazioni sulla popolazione attiva (15-64), forza lavoro e popolazione a riposo (65+) provengono dall’Ente nazionale di statistica greco (NSSG); quelle sui tassi di disoccupazione derivano dalle Indagini sulla forza lavoro (NSSG); i dati sulla crescita della produttività sono stati ottenuti da Eurostat.
Sottolineiamo esplicitamente la distinzione tra “indice di dipendenza” e “tasso di dipendenza economica” (cfr. tabella 2). Il primo è dato dal rapporto tra i pensionati (65+) e la popolazione attiva (15-64), mentre nei nostri calcoli facciamo ricorso al tasso di dipendenza economica, Z, che indica il rapporto tra la popolazione a riposo (65+) e la forza lavoro occupata. Il rapporto tra forza lavoro e popolazione attiva determina il tasso di attività, β, che nel nostro modello rappresenta un’importante variabile per determinare le scelte politiche. Così, Z = R/xxxxxx. Nel 2000 il tasso di occupazione (forza lavoro meno disoccupazione) era pari al 55,9% in Grecia, al 63,7% nell’UE, al 74,1% negli U.S.A.10 Si tratta di una variabile essenziale per i regimi pensionistici, perché è questa parte della forza lavoro che effettivamente versa i contributi previdenziali e contribuisce a finanziare il regime a ripartizione.11
Tabella 2: Dati selezionati
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Fonte: cfr. le indicazioni fornite nel testo
Nel nostro modello il tasso di sostituzione indica il rapporto tra il totale dei contributi pensionistici (ottenuto da Sespros —Sistema europeo di statistiche integrate della protezione sociale ) e il salario annuo (ottenuta in base ai Dati contabili nazionali12). I relativi valori sono riportati alla Tabella 2. Se la Grecia possedesse un unico regime pensionistico valido per l’intera popolazione, i tassi di sostituzione fornirebbero un quadro soddisfacente dell’ “adeguatezza” del sistema. Tuttavia, come abbiamo avuto modo di ricordare nel secondo paragrafo, la forte frammentazione del regime in vigore rende impossibile il calcolo dei tassi di sostituzione per l’intero sistema. I dati presentati alla Tabella 2 indicano la media tra le pensioni elevate dei dipendenti delle società per azioni e gli assegni minimi percepiti dagli agricoltori. Tuttavia, il tasso di sostituzione è passato dal 20% nel 1980 al 37% nel 2000.
La colonna conclusiva della Tabella 2 indica il costo totale delle pensioni pubbliche come percentuale del PIL. Il dato è passato dal 6,5% del 1980 al 12,6% del 2000 (NSSG, 2002). In seguito identificheremo i principali fattori che hanno contribuito a un simile sviluppo.
La Tabella 3 indica le aliquote richieste per i contributi previdenziali, p, in base a scenari diversi. Queste aliquote si applicherebbero se la Grecia avesse un regime pensionistico uniforme per l’intera popolazione e tutti i dipendenti versassero la medesima quota per la medesima base salariale. Lo scenario 1 prende in considerazione i dati effettivi relativi al periodo 1980-2000 quando, se tutti i dipendenti avessero versato in contributi la stessa percentuale del reddito, l’aliquota necessaria, p1, per rendere sostenibili le prestazioni attuali, sarebbe stata compresa tra il 7% del 1980 e il 16% del 2000.
Tabella 3: Tassi di contribuzione: percentuale dei salari
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Scenario 1: Valori correnti per il periodo 1980—2000.
Scenario 2: Partecipazione alla popolazione attiva: superiore di 10 punti percentuali annui.
Scenario 3: Aumento della produttività: superiore del 50% annuo.
Scenario 4: Riunisce gli scenari 2 e 3.
Lo scenario 2 illustra gli effetti benefici di un incremento di 10 punti percentuali della partecipazione alla popolazione attiva. Se in Grecia si fosse verificato un simile aumento nel ventennio 1980-2000, l’aliquota richiesta, p2, sarebbe inferiore a p1 di circa il 15% annuo. Nello scenario 3 il tasso di crescita della produttività non influisce sul costo annuo del regime pensionistico, dato che abbiamo ipotizzato pensioni indicizzate sui prezzi. Lo scenario 4 riassume i numeri 2 e 3.
Finora siamo giunti a due conclusioni importanti. In primis, se la Grecia disponesse di un regime pensionistico unico e ben organizzato per tutti i dipendenti e se contributi e prestazioni fossero basati sulla medesima definizione di retribuzione per tutti, il livello delle prestazioni erogate nel 2000 richiederebbe un’imposta sui salari del 16%, a fronte di un prelievo nominale di quasi il 30% per i dipendenti salariati (20% versato dai datori di lavoro e dai dipendenti, 10% dalla finanze pubbliche). In secondo luogo, se nel ventennio 1980-2000 la partecipazione alla popolazione attiva fosse stata del 10% maggiore, l’imposta sui salari si sarebbe ridotta almeno del 15% annuo. L’assenza di un regime pensionistico uniforme e il più basso tasso di attività in Europa spiegano perché la Grecia applichi le più alte aliquote fiscali sui salari in Europa.
Possiamo continuare applicando la formula (7) per scomporre il tasso di crescita dell’imposta sui salari durante il periodo 1980-2000, periodo nel quale ipotizziamo un’economia stazionaria in cui le variabili economiche/demografiche si configurino come segue: il tasso di crescita medio combinato della forza lavoro, n, è dell’1%; il tasso di crescita medio della produttività, π, è dell’1%; il tasso di disoccupazione medio, u, è dell’8%; la durata della vita attiva, m, è di 35 anni; e il tasso di mortalità medio della popolazione a riposo è del 10%. Ne consegue che il tasso di crescita dell’imposta sui salari, pg, è:
Nel ventennio 1980-2000 la crescita media annua combinata dell’imposta sui salari, è del 4,2%. Nella Tabella 4 scomponiamo tale variazione annua nei suoi fattori principali. Stimiamo che nel periodo considerato l’incremento del tasso di sostituzione (3,1% annuo) abbia contribuito al 74% dell’aumento dell’imposta sui salari. Il tasso di partecipazione attiva è rimasto stabile, non avendo impatto alcuno su tale imposta. L’aumento minimo della forza lavoro coperta dalla previdenza (1% annuo) ha avuto un impatto negativo pari al 7% dell’aumento del prelievo sui salari. Il ruolo svolto dalle variabili cicliche della disoccupazione e della produttività non è stato significativo. Infine, stimiamo che un prolungamento presunto pari a 5 anni della vita attiva avrebbe ridotto il tasso di crescita dell’imposta sui salari del 15% annuo.
Possiamo inoltre giungere a una versione semplificata dell’equazione (7):
In tal caso, scopriamo (ultima riga della Tabella ) che un tasso di crescita annuo combinato dell’1,1 in z (aumento dallo 0,36 del 1980 allo 0,46 del 2000) ha contributo per il 26,2% al tasso di crescita del prelievo fiscale sui salari nel periodo 1980-2000.
Tabella 4: Scomposizione del tasso di crescita dell’imposta sui salari: 1980—2000
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10 Commissione Europea (2001).
11 McMorrow and Roeger (1999).
12 Ministero dell’Economia (2001).
Tag:cambiamenti demografici, insostenibilità economica, necessità di riforme, regime pensionistico in Grecia