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Pensioni pubbliche e partecipazione della forza lavoro: il caso della Grecia

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Riassunto

Il regime pensionistico greco è un caso emblematico di “sistema previdenziale mediterraneo”, caratterizzato da una notevole frammentazione e da un prelievo fiscale sulle retribuzioni molto elevato a fronte di prestazioni pensionistiche comunque inadeguate.
Per spiegare un simile paradosso, sviluppiamo un modello economico-demografico dimostrando che, nel periodo 1980—2000, la frammentazione del sistema e la bassissima partecipazione della popolazione in età di lavoro attiva che caratterizzano l’economia greca hanno condotto ad aliquote d’imposta sui salari molto elevate rispetto alle prestazioni offerte. Oltre a questi problemi, lo sviluppo demografico negativo atteso per il periodo 2005—2050 renderà il regime pensionistico del tutto insostenibile. Si propongono profonde riforme per risolvere una situazione che minaccia le finanze del Paese.

1. Introduzione

Oltre al problema demografico, in alcuni Paesi i regimi pensionistici devono far fronte alle conseguenze di un basso tasso di occupazione, fenomeno che si acompagna allo sviluppo demografico della popolazione e ne acuisce gli effetti economici negativi. Di fronte a diritti previdenziali per i pensionati, molti regimi pensionistici pubblici sono attualmente alle prese con problemi finanziari seri dovuti ai bassissimi quozienti di attività, i quali peggiorano notevolmente i “tassi di dipendenza economica” (rapporto tra lavoratori attivi/pensionati) anche se gli “indici di dipendenza” (popolazione attiva/in pensione) non hanno ancora sofferto per le conseguenze dei fattori demografici.
La Grecia dispone di un regime pensionistico a ripartizione (Pay-As-You-Go, PAYG), la cui situazione finanziaria nel dopoguerra è stata influenzata negativamente dai bassi tassi di occupazione, stabilmente all’ultimo posto tra i membri dell’Europa a 15. Il problema si è aggravato dalla marcata frammentazione del regime pensionistico e dalla concomitante evasione generalizzata degli obblighi contributivi. Tutti questi fattori hanno determinato una situazione di netto disavanzo sin dalla fine degli anni ’80. Quel che è peggio, il Paese finora non ha intrapreso alcuna iniziativa volta a riformare seriamente il regime pensionistico in vista dei problemi demografici che si presenteranno nei prossimi decenni.
La Grecia è un caso emblematico di “previdenza sociale mediterranea”.2 Le caratteristiche principali del suo sistema pensionistico sono: (a) una forte frammentazione, (b) un elevato prelievo sui salari e (c) prestazioni pensionistiche inadeguate. Nel presente articolo ci proponiamo di quantificare il modello previdenziale mediterraneo per poter risolvere il paradosso che vede una forte tassazione dei salari a fronte di pensioni contenute. Sviluppiamo un modello economico-demografico in grado di rendere conto dell’impatto dell’economia sul sistema delle pensioni incorporando variabili relative ai tassi di produttività, disoccupazione, mortalità e natalità. Introduciamo variabili esplicite per il tasso di occupazione e l’età pensionabile. Il modello viene utilizzato prima per simulare il ventennio 1980-2000 e stimare gli effetti delle variabili economiche sui costi effettivi del regime pensionistico, quindi per realizzare proiezioni relative al periodo 2005-2015.
Nel paragrafo che segue viene illustrata una breve descrizione del regime pensionistico greco, quindi sviluppiamo il nostro modello economico-demografico. In seguito si evidenzia una simulazione della spesa pensionistica per il periodo 1980-2000, oltre a realizzare un’analisi di sensibilità, per poi passare alle proiezioni di spesa relative al regime pensionistico attuale fino al 2050. Nel penultimo paragrafo si illustrano le possibilità di riforma risultanti dalle analisi condotte in precedenza e nella sezione finale si evidenziano le conclusioni.

2. Il regime pensionistico pubblico

Il regime pensionistico pubblico in Grecia è fortemente frammentato e molto complesso, comprendendo 24 fondi pensione primari e oltre 120 fondi complementari, e diritti previdenziali regolamentati in molti modi diversi. I primi possono essere suddivisi in cinque gruppi in base alle principali categorie dei lavoratori (tabella 1), mentre i secondi riguardano classi di lavoratori molto più limitate e spesso si basano su accordi aziendali.
I dati riportati alla tabella 1 sono tratti dall’ultimo studio attuariale condotto nel 2000 sui dati relativi al 1998.3

Tabella 1: Principali fondi pensione in Grecia, 1998
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Fonte: Governo della Grecia (2001, a, b).

I tassi di contribuzione standard per le pensioni statali ammontano a 6,67% per i dipendenti, 13,33% per le imprese e 10% per il Governo. Nel caso delle pensioni complementari, il tasso è del 3% sia per i dipendenti che per i datori di lavoro. Va sottolineato il fatto che i fondi complementari non sono di tipo a capitalizzazione e quindi operano di fatto come i regimi a ripartizione.
Nonostante i tassi di contribuzione relativamente alti, i versamenti dei lavoratori dipendenti e delle imprese non sono sufficienti ad assicurare le erogazioni pensionistiche attuali: è lo Stato che in pratica copre l’ammanco in sede di procedura di bilancio.
La complessità e la frammentarietà del regime pensionistico non permettono di individuare chiaramente i fattori che ne mettono a dura prova l’equilibrio finanziario. Non è una sorpresa constatare che ciò che accomuna tutti i tipi di fondi è la generosità delle prestazioni corrisposte a livello individuale in relazione ai contributi versati. Ciononostante, i pensionati si lamentano dell’esiguità delle pensioni statali. Il paradosso si spiega in parte con il fatto che in passato i contributi erano ridotti e venivano versati per periodi limitati. Inoltre, l’età pensionabile è bassa, di norma inferiore ai 55 anni nel settore pubblico e intorno ai 60 nel settore privato. Le pensioni degli agricoltori rappresentano in pratica un’indennità previdenziale forfetaria che ammonta a meno del 30% della pensione minima dei salariati (il fondo primario per gli agricoltori è stato creato nel 1998). Per queste ragioni il tasso di sostituzione effettivo relativo al regime pensionistico greco nella sua globalità è basso (cfr. sotto) nonostante l’importanza dei tassi nominali (70% per le pensioni statali e circa il 20% per le pensioni complementari).
Inoltre, alla complessità e alla frammentarietà del regime pensionistico pubblico si è aggiunta una gestione inefficiente, che ha condotto alla mancanza di trasparenza e a controlli inadeguati. Ne consegue che è difficile individuare eventuali frodi pensionistiche, mentre l’evasione contributiva risulta notevole, attestandosi intorno al 20-30% del gettito attuale.4 Diversi studi hanno dimostrato l’assenza di un’organizzazione adeguata e l’iniquità dei termini assicurativi e dei diritti di pensione per quanto concerne i trasferimenti intra- e intergenerazionali.5
I fondi pensione elargiscono rendite basate sui contributi versati dai dipendenti e dalle aziende, e in genere funzionano come regimi a ripartizione. Di conseguenza, il futuro delle finanze del regime pensionistico greco dipende principalmente da:
— le variazioni demografiche, in particolare l’andamento del rapporto tra il numero dei lavoratori e il numero dei pensionati;
– le variazioni dell’importo medio delle pensioni rispetto alla media dei redditi;
– la durata della vita lavorativa e del pensionamento.
Importanti studi relativi al regime pensionistico pubblico greco6 hanno evidenziato che i difetti principali riguardano l’intreccio di condizioni di pensionamento flessibili e incentivi deleteri che incoraggiano l’uscita anticipata dalla vita attiva e l’evasione dei contributi. Si tratta di aspetti specifici della realtà nazionale, i quali si vanno ad aggiungere al problema demografico, che in Grecia è alquanto accentuato. In conclusione, le proiezioni a lungo termine indicavano che le prestazioni promesse dal sistema a ripartizione erano tra le più alte tra quelle dei Paesi OCSE: il valore attuale al netto dei contributi di lavoratori e aziende sarebbe stimato attorno al 200% del PIL.7
In molti casi le previsioni non hanno però tenuto distinti i sintomi dalle cause del problema, sia per quanto riguarda il passato, che in ottica futura. È vero che ci si attende che la “generosità” propria del sistema, insieme all’evoluzione dei fattori demografici, condurrà al maggiore aumento della spesa pensionistica tra tutti i Paesi dell’Europa dei 15.8 Tuttavia in passato la questione chiave non stava tanto nella generosità del sistema quanto nell’insufficienza delle entrate a prescindere dagli elevatissimi tassi di contribuzione del periodo 1980-2000. Infatti l’ammontare annuo medio delle pensioni era € 6.380 nel 2004, quando circa il 65% dei pensionati riceveva l’assegno minimo.9 Il presente contributo dimostrerà che le vere cause del paradosso che vede la coesistenza di pensioni basse e contributi alti sono state (a) l’estrema frammentazione del sistema e (b) il ridottissimo quoziente di attività. A tale scopo, nel prossimo paragrafo svilupperemo un apposito modello.

1 Articolo tratto dai “Geneva Papers” “(2007) 32, 553-569, Palgrave.
Milton Nektarios: Professore di Assicurazioni, Dipartimento di Statistica e Assicurazioni, Università del Pireo, Grecia. E-mail: nektar2@otenet.gr
2 Ferrera (1996).
3 Governo della Grecia (2001, a, b)
4 Tatsos (2001).
5 Center for Economic Planning and Research (1976); Ministry of Social Services (1981); Provopoulos (1987); Nektarios (1996); OECD (1997); Commission for the Long—Run Economic Policy (1997).
6 OECD (1997); Mylonas and de la Maisonneuve (1999).
7 Mylonas and de la Maisonneuve (1999); Roseveare et al. (1996).
8 IMF (2006).
9 Ibid.


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