La ripartizione del rischio e i regimi pensionistici autonomi
4. La ripartizione ottimale del rischio
Una maggiore speranza di vita prolunga il periodo di inattività che va finanziato con le prestazioni pensionistiche. Ne consegue che una maggiore longevità mette sotto pressione finanziaria non solo i regimi pensionistici a ripartizione, ma anche quelli a capitalizzazione: infatti, se l’età pensionabile non varia col variare della speranza di vita, anche questi ultimi risultano vulnerabili. La spiegazione è data dal fatto che un periodo di pensionamento più lungo richiede maggiori risparmi, il che deprime la remunerazione del capitale. Per prevenire che i regimi pensionistici a capitalizzazione siano messi sotto pressione, occorrerà innalzare l’età pensionabile per le coorti che non hanno raggiunto i 65 anni di età (o ridurre le pensioni) in funzione dell’aumento della speranza di vita.10
Esistono diverse ragioni per sostenere che l’età pensionabile va innalzata in base all’aumento della speranza di vita. Innanzitutto, preserva la remunerazione dei regimi pensionistici a capitalizzazione incrementando l’offerta di manodopera e dunque frenando il potenziale aumento del rapporto capitale-forza lavoro. Inoltre, aumenta la remunerazione del capitale umano prolungando l’orizzonte temporale dei relativi investimenti. Infatti una speranza di vita maggiore richiede un’accumulazione maggiore, un sostentamento migliore e un impiego più intensivo del capitale umano. A ciò si aggiunga che un coinvolgimento prolungato e più intenso nel lavoro remunerato permette di sfruttare la maggiore durata della vita per conciliare due ambizioni: in primo luogo, quella di investire nella generazione successiva in qualità di genitori e, in seconda battuta, il perseguimento di una carriera retribuita in cui ci si possa realizzare e si continui a crescere professionalmente e ad utilizzare nuove tecnologie.
Una vita lavorativa più lunga incoraggia la flessibilità nelle attività svolte da uomini e donne nel corso della propria esistenza, allentando il vincolo tra età e progressione di carriera. In tale modo si riduce l’importanza (in termini di avanzamento professionale) del periodo biologicamente determinato in cui i genitori si occupano dei bambini piccoli, promuovendo così la parità dei sessi, la natalità e l’educazione dei figli. I genitori possono continuare a investire nel capitale umano dei figli senza dover svalutare il proprio: crescere i figli diventa dunque meno oneroso in termini di svalutazione del capitale umano dei genitori. Così, a livello nazionale, si spezza il circolo vizioso dato dai pensionamenti anticipati e dal calo delle nascite, in base al quale gli anziani — che sono più forti politicamente — incoraggiano la spesa destinata a pensioni e sanità a detrimento degli investimenti nel capitale umano fornito dalle generazioni più giovani.
Se i rischi di longevità si verificano solamente in età avanzata (quando cioè la coorte interessata ha già svalutato il proprio capitale umano), le coorti più giovani (caratterizzate da un orizzonte temporale più lungo e maggiori capacità di adattamento) dovrebbero condividere una parte più grande di tali rischi. È possibile ottenere una particolare ripartizione del rischio demografico tra le generazioni, grazie a un regime pensionistico collettivo. Nel dettaglio, il fondo pensione può promettere una rendita annua ai pensionati e nello stesso tempo condizionare i diritti di pensione di chi ancora lavora relativi al capitale ancora disponibile dopo avere fatto fronte agli obblighi nei confronti dei pensionati. A questo punto il fondo emette dei longevity bonds da parte dei sottoscrittori attivi nei confronti dei pensionati, in tal modo creando nuovi asset non negoziabili che non sono ancora disponibili sui mercati finanziari. Gli enti di gestione e supervisione delle pensioni dovrebbero garantire che tali contratti intergenerazionali non siano solo vantaggiosi ex ante, ma che siano anche applicabili ex post (cioè dopo che si siano verificati i rischi finanziari e relativi al capitale umano). A tale proposito, ci si può attendere un contributo dall’adeguamento costante e immediato dei diritti pensionistici all’evoluzione dei mercati dei capitali e del lavoro.
Oltre a stimolare l’innovazione in campo finanziario, la liquidità monetaria dei mercati dei longevity bonds indicizzati contribuirebbero a stabilire prezzi di mercato oggettivi per il longevity risk, facilitando così il compito delle autorità competenti e aiutando i regimi pensionistici nella formulazione del trade off tra generazioni. Inoltre, i longevity bonds indicizzati permetterebbero ai partecipanti ai regimi pensionistici di interagire non solo reciprocamente, ma anche con soggetti attivi sui mercati finanziari. In effetti, esistono diverse giustificazioni teoriche allo sviluppo di macromercati per lo scambio di tali obbligazioni.11
In teoria possono essere i governi a emettere i longevity bonds, dato che sono nelle migliori condizioni per spostare i rischi sulle generazioni più giovani, le quali dovrebbero essere in grado di assumerli con più facilità, grazie a una vita lavorativa più lunga e a maggiori investimenti in capitale umano. Tuttavia i bilanci statali si sono già fatti carico di un notevole rischio longevità (longevity risk) tramite i sistemi PAYG. Quindi i governi potranno emettere longevity bonds indicizzati per conto delle generazioni più giovani o di quelle future, solo se ridurranno la propria esposizione al longevity risk vincolando l’età pensionabile alla speranza di vita. La correlazione automatica tra pensioni pubbliche e speranza di vita evita i costi politici derivanti dalla discrezionalità con cui si limitano la possibilità di andare in pensione e le agevolazioni fiscali in caso di ulteriore aumento della speranza di vita. Inoltre, con un accordo preventivo sulla ripartizione dei rischi si riducono i problemi politici derivanti dalla contrattazione collettiva in questo settore, oltre a permettere a lavoratori e imprese di adeguarsi gradualmente al prolungamento della vita lavorativa grazie a un migliore mantenimento del capitale umano e alla modifica dell’organizzazione del lavoro. In tal modo si riesce ad evitare l’aumento della spesa relativa a pensioni di invalidità e sussidi di disoccupazione.
5. Riforma del mercato del lavoro
La logica conseguenza di una vita lavorativa più flessibile e prolungata nel tempo è la maggiore flessibilità dei mercati del lavoro. Parallelamente a una migliore valorizzazione del capitale umano, questa fa sì che la rapidità e l’estensione del periodo di pensionamento fungano da ammortizzatore per assorbire i rischi aggregati relativi a mercati finanziari e alla longevità.12 In un regime fiscale attuarialmente neutro, un anno di lavoro in più (con la conseguente posticipazione della pensione) tende a far aumentare le prestazioni pensionistiche annue del 7% circa. La rapidità e il momento del pensionamento sono dunque strumenti utili ad assorbire i rischi. Se i lavoratori sono in grado di farsi carico di questi rischi, i fondi pensione possono continuare a fornire capitali di rischio, così stimolando l’innovazione e la crescita. In tal modo si spezza il circolo vizioso di uno scenario in cui la scarsa flessibilità del mercato del lavoro spinge i lavoratori a non voler assumere rischi, mentre i fondi pensione investono principalmente in obbligazioni governative sicure, evitando gli investimenti produttivi.13
Per far si che il come e il quando optare per il pensionamento fungano da ammortizzatore è necessario modificare il contratto di lavoro in base al quale i giovani sono sottopagati e gli anziani sovraremunerati. Evidentemente, la posticipazione dell’età in cui l’azienda mette a riposo il dipendente non deve comportare inutili disagi per l’azienda stessa. Nel corso della loro vita lavorativa, i dipendenti dovrebbero dunque accettare una maggiore flessibilità salariale (retribuzioni basate sulla produttività del lavoro, cioè sul valore di mercato) e una maggiore flessibilità interna nello svolgimento delle mansioni (in modo tale da proteggere la produttività lavorativa in età avanzata).
Grazie alla maggiore flessibilità del mercato che li riguarda, i lavoratori più anziani si sobbarcano un rischio minore, perché per loro è meno importante se l’azienda sopravvive o no. Si riduce così la forbice tra chi è dentro, cioè chi ha la fortuna di lavorare in un’azienda che prospera, e chi è fuori, perché l’azienda ha cessato l’attività. Inoltre, per i lavoratori anziani viene meno il legame di convenienza con i loro datori di lavoro. Più in generale, la maggiore flessibilità del mercato del lavoro e la disponibilità di percorsi professionali nuovi e più flessibili dovrebbero permettere ai giovani di affrontare rischi maggiori, adattando l’intensità lavorativa in funzione alle avversità che si sono trovati ad affrontare nel corso della propria esistenza. A tal fine, i mercati del lavoro in Europa devono diventare più inclusivi, cosicché non sia necessario avere un’occupazione a tempo pieno per avere successo nella carriera.
In un mercato del lavoro in transizione, il ruolo delle aziende passa da quello di investitore che si assume i rischi a quelli di promotore di investimenti in capitale umano; assicuratore e protettore di tale capitale umano; ideatore di forme di organizzazione del lavoro che lascino decidere ai lavoratori la rapidità e il momento del pensionamento; creatore di carriere e luoghi di lavoro flessibili in cui i giovani possano investire nel capitale umano dei figli senza dover svalutare il proprio.
Le aziende possono anche contribuire alla creazione di assicurazioni pensionistiche collettive e altre coperture assicurative (come le assicurazioni di invalidità e disoccupazione) destinate ai propri dipendenti. Controllandone i costi, le imprese possono migliorare la propria posizione sul mercato del lavoro e ridurre gli oneri salariali. Un fattore importante per determinare il tipo di assicurazione e gli investimenti ottimali del regime pensionistico è dato dalla qualità del capitale umano fornito dai lavoratori, dai relativi rischi e dalla possibilità di assumerli e ripartirli agendo sull’offerta di manodopera. Ciò indica che tali forme collettive dovrebbero risultare omogenee quanto a capitale umano. Inoltre, i piani pensionistici vanno integrati strettamente con la gestione delle risorse umane (Human Resourse Management HRM) delle aziende.
I lavoratori possono assumere i rischi variando non solo l’intensità lavorativa, ma anche i consumi. La flessibilità dei premi permette ai soggetti di assumersi rischi maggiori e dunque di ottenere compensi più alti per un simile comportamento. Infatti, dopo che si è verificato un rischio atteso, la scelta ottimale prevede la modifica dei livelli di consumo per il resto della vita, il che comporta la necessità di spalmare i rischi su un periodo più lungo possibile. Se l’aliquota contributiva è stabilita a priori, e non reagisce agli eventi negativi, la quota di ricchezza destinata ai consumi che precedono il pensionamento non contribuisce alla ripartizione del rischio. In effetti, nel corso della vita lavorativa i consumi non reagiscono affatto a eventuali shock patrimoniali. Solo la quota di patrimonio destinata ai consumi successivi al pensionamento risulta esposta a shock azionari, il che implica un’esposizione al rischio non ottimale.
Al fine di calcolare le perdite di ricchezza di un’aliquota contributiva fissa nel corso della vita lavorativa o a versamenti pensionistici a importo fisso durante il pensionamento, ricorriamo ad un modello continuo del ciclo vitale secondo le indicazioni di Teulings e de Vries.14 In questo modello a equilibrio parziale ciascun individuo ottimizza contemporaneamente consumi e investimenti. Si ipotizza un periodo lavorativo di 40 anni e un successivo pensionamento della durata di 20 anni. Nel corso della vita lavorativa viene percepita una remunerazione costante a rischio zero. Il soggetto in questione massimizza l’utilità attesa nel corso della propria vita con un tasso di sconto soggettivo del 2%, e la funzione di utilità istantanea indica un’avversione costante al rischio relativo con un parametro di avversione al rischio relativo pari a 5. Il soggetto può investire in capitali a rischio o privi di rischio. Il tasso d’interesse in caso di assenza di rischio ammonta al 2%. La remunerazione del capitale a rischio si distribuisce logaritmicamente, con un utile annuo atteso del 6%, mentre la volatilità degli utili è pari al 20%. Si considerino i casi in cui i consumi nel corso della vita lavorativa o del pensionamento siano predefiniti a un livello costante e ottimizzati. Le perdite di benessere si valutano in termini di equivalente di certezza dei livelli di consumo sull’intero ciclo di vita.
Nel fondo individuale a contribuzione definita, dove i consumi durante la vita lavorativa sono ritenuti costanti, la perdita di benessere è del 6,1%, se riferita alla ripartizione ottimale del rischio con cui i premi individuali possono reagire agli eventi avversi (cfr. Tabella 1). Le simulazioni dimostrano altresì che la maggiore capacità di adattamento dei consumi nel corso della vita lavorativa permette di assumersi rischi maggiori. In particolare, in condizioni stazionarie, un regime pensionistico che adegui in maniera ottimale i premi e benefici agli eventi negativi può investire il 45% del patrimonio finanziario in capitali di rischio. Per contro, in un regime pensionistico che stabilisce il premio a un livello ottimale pari al 19% del reddito salariale, il portafoglio azionario si riduce di quasi la metà, arrivando al 25%.
Tabella 1: Effetti dei diversi regimi pensionistici
I calcoli sono basati sul modello di Teulings e de Vries (2006) con i seguenti parametri: tasso di interesse privo di rischio: 2%, premio azionario: 4%, volatilità del rendimento azionario: 20%, parametro dell’avversione al rischio: 5, saggio soggettivo: 2%, durata della vita lavorativa: 40 anni, durata del pensionamento: 20 anni.
Un regime a prestazione definita (che garantisce l’entità economica della pensione gli assegni a prescindere da eventuali shock) comporta una perdita di benessere del 5,1% con un portafoglio composto per il 29% di titoli e un livello ottimale delle prestazioni definite pari al 72% del reddito salariale annuo. Se il regime pensionistico non si assume alcun rischio, le perdite di benessere ammontano al 9,1% (in termini di equivalente di certezza dei consumi) rispetto al valore migliore, mentre il livello di contribuzione viene fissato al 21%.
6. Conclusioni
Tre sono le sfide fondamentali per l’innovazione istituzionale nel campo dell’assicurazione pensionistica: in primis, arrivare a nuove e trasparenti modalità di ripartizione dei rischi che comportino un trasferimento verso i soggetti caratterizzati da orizzonti temporali di grande ampiezza e notevoli capitali umani; in secondo luogo, stimolare il capitale umano e la flessibilità del mercato del lavoro in modo tale che il primo sia sfruttato meglio e diventi uno strumento più efficace di assorbimento del rischio; infine, diversificare in maniera più efficiente i capitali umani e finanziari dei lavoratori, in modo da renderli meno dipendenti dalle aziende. Infatti, le due nuove certezze principali dei lavoratori sono date innanzitutto dalla loro occupabilità e dalla conseguente capacità di assorbire eventuali rischi del mercati finanziari e del lavoro e, in seconda battuta, dai regimi pensionistici caratterizzati da diritti garantiti che permettano di agire sui mercati di capitali per diversificare gli investimenti e sviluppare una pianificazione finanziaria efficiente nel corso del ciclo di vita.
10 In realta, è lecito sostenere che qualsiasi valutazione delle vecchiaia andrebbe collegata alla longevità. In altre parole, si dovrebbe stabilire chi è anziano partendo dalla fine e non dall’inizio della vita.
11 Cfr. Shiller (2003).
12 Le idee esposte sono strettamente correlate a quelle affrontate nel programma di ricerca dell’Associazione di Ginevra sul cosiddetto quarto pilastro — composto da reddito da lavoro (part time) — che dovrebbe sostituire o aggiungersi ai tre pilastri tradizionali del reddito pensionistico (cfr. Reday-Mulvey, 2005).
13 Cfr. Boeri et al. (2006)
14 Teulings and de Vries (2006).
Riferimenti bibliografici
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