QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Verso un miglioramento delle condizioni di lavoro in età matura: le esperienze di alcune aziende maltesi

1. Introduzione

Come nella maggior parte dei 27 stati membri dell’Unione Europea e sulla spinta delle politiche comunitarie, anche a Malta è in atto un processo politico-normativo che ha l’obiettivo di prolungare la vita professionale dei lavoratori, in primo luogo attraverso il posticipo dell’età pensionabile.
Nel perseguire questo obiettivo, Malta parte però da una posizione piuttosto singolare e definibile “svantaggiata”, rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei, per una serie di caratteristiche che connotano la sua forza lavoro: questa risulta essere infatti la più giovane tra quelle dei 12 nuovi stati membri (solo il 16% dei lavoratori maltesi ha più di 50 anni, mentre il 23% ha tra i 15 e i 24 anni — Mandl, Dorr e Oberholzner 2006: 14); l’età media di uscita dal mondo del lavoro, anche se in crescita, è tra le più basse nell’Europa dei 27 (nel 2005 è risultata di 58,8 anni come quella della Francia, e superiore solamente a quella della Slovenia); è al penultimo posto davanti alla sola Polonia in termini di tasso di occupazione, sia generale sia dei lavoratori anziani (quest’ultimo toccava il 30,0% nel 2006), tasso che però scende all’ultima posizione se riferito alle sole donne anziane (11,2%) (Eurostat 2007).
Il notevole gap di genere nel tasso di occupazione e la scarsa rappresentanza di lavoratori anziani (peraltro contraddistinta da un basso livello di qualifica — Gonzi e Diamantopoulus 2001: 11) sul totale della forza lavoro maltese sono appunto ritenute le cause principali del basso tasso di occupazione generale del paese. Il tasso di occupazione femminile è esiguo in particolare nelle classi di età 45-54 e 55-64, sia perché le donne in quest’ultima fascia d’età escono dal mercato del lavoro più frequentemente degli uomini (Technical Team to the Pensions Working Group 2005a: 7-9), sia perché la maggior parte delle donne più giovani che lasciano il lavoro a causa di una gravidanza, tendono a non riprendere successivamente la loro vita professionale, se non per brevi periodi (Schwarz, Musalem e Bogomolova 2004: 4).
Il quadro assume contorni preoccupanti anche perché Malta non è esente dal processo demografico di crescita della popolazione anziana (Pensions working group 2004a: 5) che interessa tutta l’Unione Europea (Employment Taskforce 2003: 12). Dunque, pur partendo da una posizione non favorevole per i motivi sopra esposti, l’obiettivo europeo 1 di attuare strategie volte ad innalzare il tasso di occupazione generale e di adeguare i sistemi di protezione sociale a partire da una riforma dei sistemi pensionistici (Principi e Lamura 2007a: 122), è prioritario anche nel caso di Malta. Una delle soluzioni individuate, in Europa come a Malta, è quella del prolungamento della vita attiva dei lavoratori (Employment Taskforce 2003: 11, Commissione Europea 2002, Commissione Europea 2004, OECD 2005: 6, Gonzi and Diamantopoulus 2001: 7 e 22, Ministry for the Family and Social Solidarity 2006a: 30).
Più nello specifico, i due principali obiettivi che attualmente persegue il governo maltese, sono quelli di innalzare il tasso di occupazione dei lavoratori anziani, e quello femminile in genere (Technical Team to the Pensions Working Group 2005a: 7-8, Technical Team to the Pensions Working Group 2005b: 8, Ministry for the Family and Social Solidarity 2004: 9), attraverso la riforma del sistema pensionistico e una serie di iniziative di inserimento lavorativo per disoccupati, sotto il coordinamento dell’organizzazione governativa Employment and Training Corporation.

2. La riforma del sistema pensionistico maltese

Malta ha attuato di recente una riforma del proprio sistema pensionistico (l’apposita legge è entrata in vigore il 1° gennaio 2007: Social Security — Amendment No. 2 — Act 2006), che ha innalzato sia l’età di pensionamento (da 60 anni per le donne e 61 anni per gli uomini, a 65 anni per entrambi i sessi) sia il numero di anni di contributi necessari per poter accedere alla pensione (da 30 a 40). Il processo sarà implementato in maniera graduale, in quanto l’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni potrà dirsi compiuto solamente nel 2027, quando cioè gli attuali quarantacinquenni raggiungeranno il sessantacinquesimo anno di età (Tabella 1).

Tabella 1: L’innalzamento graduale dell’età pensionabile
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*Alle donne è data la possibilità di poter continuare a lavorare fino a 61 anni
Fonte: Principi e Lamura 2007b.

Per quanto riguarda l’innalzamento graduale dai 30 ai 40 anni di contribuzione per poter accedere al trattamento pensionistico, prendendo il 2007 come anno di riferimento, vale quanto segue: non sono previsti cambiamenti per chi ha 56 anni o più (bastano cioè 30 anni di contributi); occorrono 35 anni di contribuzione per le persone comprese tra i 46 e i 55 anni; servono infine 40 anni di contributi per chi ha 45 anni o meno (Fairbairn 2006).
La legge rappresenta il risultato di un vasto dibattito sull’argomento tra tutte le parti sociali, che ha avuto luogo in maniera più concreta a partire dal 2004, quando è stato nominato un gruppo di lavoro incaricato di redigere un Libro Bianco sulla riforma pensionistica, contenente proposte e raccomandazioni poi sottoposte al feedback di tutte le parti sociali del paese (Pensions working group 2004a, Pensions working group 2004b, Technical Team to the Pensions Working Group 2005c). La normativa costituisce sicuramente un passo in avanti verso lo sperato aumento del tasso di occupazione dei lavoratori anziani a Malta, ma nel paese sono anche presenti frizioni tra le parti sociali, e altre contraddizioni. Ad esempio, il sindacato nazionale Union Haddiema Maghqudin (Unione Generale dei Lavoratori), si era espresso in maniera contraria rispetto all’innalzamento dell’età pensionabile a 65 anni, proponendo che questa restasse invariata, e che fosse lasciata al lavoratore l’eventuale decisione di posticipare l’uscita dal mondo del lavoro (Technical Team to the Pensions Working Group 2005d: 11). La contraddizione forse più evidente ravvisabile al momento nel sistema maltese concerne appunto questa decisione, che resta esclusivamente di competenza dei datori di lavoro, i quali, a norma di legge, possono attualmente decidere di terminare il rapporto di lavoro con i propri dipendenti quando questi raggiungono l’età pensionabile (Employment and Industrial Relations Act 2002: 22). Il gruppo di lavoro sopra menzionato aveva inserito una raccomandazione nel Libro Bianco (riguardante la possibilità appunto per i lavoratori di poter scegliere di continuare a lavorare anche dopo il raggiungimento della nuova età pensionabile) per eliminare questo elemento in evidente contraddizione con le recenti linee guida fornite dalle politiche europee (i.e. Employment Taskforce 2003: 8; Commissione Europea 2004: 15; OECD 2006: 137), ma questa non è stata fatta propria dalla legge. Dunque in sostanza, mentre da una parte si opera per innalzare il tasso di occupazione dei lavoratori anziani, dall’altra si continua a discriminarli non consentendo loro di decidere in autonomia se prolungare o meno la propria vita lavorativa. Il tema della discriminazione sul lavoro basata sull’età a dire il vero è direttamente trattato dalla normativa maltese (Fortuny, Nesporova e Popova 2003: 26), ma la legge comprende anche una serie di eccezioni che ne limitano la portata. Ad esempio, la normativa contempla che le differenze di trattamento basate sull’età non costituiscono discriminazione quando sono “obiettivamente e ragionevolmente giustificate da un legittimo obiettivo” non meglio specificato dalla legge, o nel caso in cui il fatto di fissare un limite massimo di età per l’assunzione sia determinato dalla necessità aziendale di formare il lavoratore per la mansione che dovrà svolgere, o di dover impiegare il lavoratore nuovo assunto “per un periodo di tempo ragionevole prima del suo pensionamento” (Equal treatment in employment regulations 2004: 4).


Andrea Principi: Istituto Nazionale Riposo e Cura Anziani (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico — IRCCS). Dipartimento Ricerche Gerontologiche, Ancona.
Giovanni Lamura: Nel panorama delle politiche europee sull’argomento, sono considerate pietre miliari le decisioni prese dal Consiglio Europeo a Lisbona nel 2000 (portare il tasso di occupazione dal 61 al 70% entro il 2010), a Stoccolma nel 2001 (portare al 50% il tasso di occupazione dei lavoratori anziani — quelli tra i 55 e 64 anni — entro il 2010) e a Barcellona nel 2002 (aumentare gradatamente di circa 5 anni l’età di pensionamento entro il 2010).
Si ringrazia la Fondazione Europea per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro (© 2006, Wyattville Road, Loughlinstown, Dublin 18, Ireland. Linguaggio originale: inglese), per l’autorizzazione concessa all’utilizzo dei risultati ottenuti nel corso della ricerca, ai fini di una loro divulgazione. Un grazie va anche a Michelle Vigar dell’Outlook Coop di Malta, e a Paul Borg e Raphael Scerri dell’Employment and Training Corporation maltese, per la loro preziosa collaborazione nel corso della ricerca.


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