QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

I portafogli delle famiglie 1995-2004 e la previdenza nei principali paesi OCSE. Primi segnali di convergenza verso veicoli a più lungo termine?

1. Introduzione

Come ben mostrato in numerosi contributi a questa rivista, nella maggior parte dei paesi europei le famiglie non appaiono preparate ad affrontare la responsabilità della salvaguardia dei livelli di vita nella vecchiaia che le sfide demografiche e il minor impegno dello Stato e delle grandi imprese hanno trasferito sulle loro spalle. Certamente, le sfide poste dall’allungamento del ciclo vitale sono così ampie da richiedere soluzioni articolate e flessibili sia in direzione del prolungamento della vita lavorativa, sia nel senso della ottimizzazione del risparmio al medio-lungo termine.
Confermiamo, in questo lavoro, che le attività finanziarie destinate ai fondi pensione e alle assicurazioni vita sono, in molti paesi, trascurabili o insufficienti. Esploriamo anche alcune tendenze in atto dalle quali emergono timidi segnali positivi.
Ci avvaliamo di una classificazione delle attività delle famiglie più dettagliata di quella tradizionale, definita in un nostro lavoro in comune con l’OCSE,2 e su una ricostruzione dei dati per il periodo 1995-2004.
Oltre al limitato sviluppo del risparmio a lungo termine, un fattore peculiare è dato dalla grande diversità di strumenti con cui lo stesso problema viene affrontato nei diversi paesi, con fondi pensione a prestazione definita o a contribuzione definita, con polizze assicurative del tipo “unit-linked” o tradizionali. In generale, vi sono notevoli differenze nell’allocazione della ricchezza finanziaria delle famiglie tra diversi paesi ed è naturalmente interessante, proprio alla luce dell’urgenza della questione previdenziale, capire se vi sono tendenze a divergere ulteriormente o invece a convergere. Mentre nel periodo 1995-2000 sembra che continuino a prevalere fattori di diversità, dal 2000 in poi riscontriamo segnali più evidenti di convergenza. Il decollo di strumenti previdenziali di secondo e terzo pilastro a contribuzione definita dovrebbe, in futuro, rafforzare tale tendenza.
Anche le oscillazioni nell’ allocazione dei portafogli rispetto al rischio fornisce indicazioni interessanti.
Nelle conclusioni cercheremo di delineare alcune implicazioni riguardo alla regolamentazione e all’offerta di prodotti previdenziali e assicurativi.

2. Sussistono importanti differenze nella composizione delle attività finanziarie delle famiglie tra i principali paesi OCSE

Tabella 1: Composizione delle attività finanziarie delle famiglie al 31-12-2004
fano-fig-1.gif

Fonte: Elaborazioni di PGAM Research su dati delle banche centrali.

La composizione delle attività finanziarie delle famiglie mostra notevoli differenziazioni tra i principali paesi. In Giappone, per esempio, il peso dei depositi supera ancora il 50%, e a ciò hanno probabilmente contribuito i 15 anni di deflazione che hanno reso meno interessanti i mercati azionari e obbligazionari. Ma un altro fattore stupisce nel caso del Giappone che ha, com’è noto, i più alti tassi di invecchiamento della popolazione: il peso relativamente basso dei fondi pensione e delle polizze vita, rispetto a Olanda, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Viene confermato lo scarso sviluppo degli strumenti previdenziali per Italia e Spagna. La Francia e, in una certa misura, la Germania, hanno supplito con un settore relativamente forte delle assicurazioni vita. Quest’ultimo vede le polizze unit-linked ormai affermate in molti paesi a eccezione di Germania e Giappone. Non si riesce naturalmente a desumere da questi dati quanto della componente assicurativa rappresenti effettivamente risparmio previdenziale a lungo termine e quanto invece risparmio cautelativo a medio termine (“buffer stock”) o arbitraggio fiscale.
Per quanto attiene le forme pensionistiche vere e proprie, i Paesi Bassi rappresentano una eccezione per l’assoluta prevalenza delle prestazioni definite, mentre in altri paesi, come vedremo meglio nel seguito dell’articolo, la componente a contribuzione definita è la più dinamica.

3. Le differenziazioni esistenti: riflettono esigenze prospettiche o piuttosto retaggi storici o differenze culturali?

Un’interpretazione naturale riguardo alla debolezza delle componenti assicurative e previdenziali in paesi dell’Europa Continentale a eccezione dell’Olanda, potrebbe far riferimento alla contrapposizione tra modelli di welfare “alla Beveridge” dove il primo pilastro pubblico ha un ruolo di “rete di sicurezza”, e modelli bismarckiani, dove il primo pilastro è tradizionalmente teso a salvaguardare il potere di acquisto nella terza età.
In realtà sappiamo che i tassi di sostituzione attesi dei sistemi bismarckiani tenderanno ad avvicinarsi a quelli dei paesi anglo-sassoni.3 Essi saranno inoltre caratterizzati da una notevole varianza a parità di coorte. Pertanto le famiglie dovrebbero in qualche misura provvedere sin d’ora a compensare i minori livelli attesi delle prestazioni pubbliche.
Occorre quindi chiedersi se in realtà nei paesi a tradizione bismarckiana:
• le famiglie abbiano in qualche modo razionalmente “anticipato” la futura caduta delle prestazioni previdenziali aumentando altre forme di ricchezza, finanziaria e reale, (indipendentemente quindi dalle componenti di natura esplicitamente assicurativa e previdenziale); oppure
• se siamo di fronte a fenomeni di miopia che comportano un’insufficienza nell’accumulazione di attività reali e finanziarie.
Anche se non è questa la sede per approfondire tali tematiche, possiamo limitarci a notare che:
• i livelli relativamente importanti di ricchezza finanziaria e reale (tabelle sotto) accumulati dalle famiglie, nel caso per esempio di Giappone e Italia, possono essere coerenti con una ipotesi di “anticipazione razionale” delle esigenze previdenziali in senso almeno parziale. Ciò dimostra che è comunque importante non limitare la valutazione dell’adeguatezza del risparmio delle famiglie rispetto alle esigenze di medio-lungo termine ai veicoli esplicitamente pensionistici e assicurativi.
In altri termini, è importante abbracciare il risparmio nel suo insieme e in tutte le componenti.
• D’altra parte, è anche vero che, se si vuole avere un quadro della sostenibilità dei redditi lungo l’arco vitale, i dati aggregati di contabilità finanziaria sono del tutto insufficienti a valutare le problematiche di cui soffre, in quanto la concentrazione della ricchezza e dei flussi di risparmio richiede di spostare l’attenzione a livello micro.
• Altri indicatori, precisamente a livello micro, come ad esempio i bassissimi tassi di risparmio dei giovani rilevati nelle indagini sui bilanci delle famiglie di paesi come l’Italia, puntano invece nella direzione opposta. Le ricerche di behavioural finance hanno mostrato che anche in presenza di consapevolezza della questione previdenziale — consapevolezza tutt’altro che scontata — gli individui tendono a rinviare le decisioni di risparmio a lungo termine più difficili e dolorose.
Nell’insieme c’è un certo consenso riguardo al fatto che le coorti in età lavorativa siano portate a non risparmiare sufficientemente per il lungo termine.4 È interessante analizzare da questo punto di vista le tendenze in atto nella composizione delle attività finanziarie delle famiglie.
A tal fine ci chiederemo in primo luogo se esistono o meno segnali di convergenza o di divergenza nella struttura delle attività finanziarie delle famiglie nei paesi esaminti e, in secondo luogo, come si caratterizzano le tendenze in atto.

Tabella 2: Indicatori del livello della ricchezza finanziaria e reale delle famiglie
fano-fig-2.gif
Fonte: Elaborazioni di PGAM Research su dati delle banche centrali.

1 PGAM Economic Research, 2006.
* Gli autori ringraziano Laura Marzorati e Giuseppe Costanzo di PGAM Research per I loro commenti. La responsabilità di quanto scritto è esclusivamente degli autori medesimi.
2 Babeau, A. e Sbano T. )2002), “Household Wealth in the Financial Accounts of Europe, the United States and Japan”, Trends in Savings and Wealth, WP N1/03, www.savingsandwealth.com.
3 Si veda per esempio Liedke P.M. (2006): “From Bismarck’s Pension Trap to the New Silver Workers of Tomorrow”, European Papers on the New Welfare, No. 4 February, pp. 71-76.
4 Thaler, R.H. e Benartzi, S. (2001): “Using behavioural economics to increase employee Savings”, August; Thaler, R.H. (1994) “Psychology and Savings policies”, The American Economic Review, Vol. 84, No. 2, May.


Pagine: 1 2 3


Tag:, , ,