Longevità, modelli sistemici e rischio d’impresa
“È meglio avere un reddito duraturo piuttosto che avere fascino.” Oscar Wilde.
“La specializzazione può essere una tentazione per lo scienziato; per il filosofo è un peccato mortale.” K.R. Popper.
1. Introduzione
La tematica della previdenza in generale e gli aspetti relativi alla previdenza complementare in particolare hanno indubbiamente affollato negli ultimi anni i programmi dei convegni, gli indici delle riviste e le pagine della stampa, quotidiana e settimanale, nazionale e internazionale.
Nonostante questo contesto, il tema dell’erogazione delle prestazioni pensionistiche, ossia del momento finale del sistema previdenziale rispetto alla quale la fase dell’accumulo è mero per quanto essenziale strumento, è rimasto decisamente sullo sfondo nel dibattito pubblico, forse per un effetto di priorità temporale. Ora, in effetti, è il momento della creazione dello stock di risorse previdenziali, un domani — in Italia ancora non vicinissimo — sarà centrale la loro distribuzione ai futuri pensionati.
Anche a livello scientifico, solo di recente sono giunti interessanti contributi da alcune scuole di ricerca,1 non più solamente di mera (per quanto benemerita) impostazione matematico-attuariale ma con ampio focus multidisciplinare (dalla macroeconomia alla finanza); e l’interdisciplinarità è basilare per affrontare un fenomeno che riguarda la vita umana, ossia l’evento che è per definizione al centro dell’interesse di tutti.
A livello di comportamento d’impresa, le indagini disponibili sui temi rilevanti per la gestione e sui rischi “chiave” non pongono questo tema ai vertici dell’attenzione del management delle imprese, né tanto meno lasciano pensare che sia diffusa una forte preparazione strutturale e organizzativa nel gestire il fenomeno a tutti i livelli dell’industria assicurativa.
A titolo esemplificativo, ricordiamo la recente (2004) indagine di Tillinghast sui temi del risk management, da cui emergeva un variegato quadro di progressiva ma ancora insufficiente attenzione ai temi demografici.
Se l’84% degli intervistati dichiara infatti di tendere a sviluppare misure di rischio demografico, il 69% cerca di includere il rischio nel complessivo processo di enterprise risk management, mentre solo il 39% si dichiarava soddisfatto degli strumenti di gestione di tale rischio a disposizione.
Ciò può apparire forse persino paradossale per un genere di operatore economico, quale la compagnia di assicurazione sulla vita, che da almeno un paio di secoli osserva, valuta e sintetizza il fenomeno della vita umana — per meglio dire la sua durata e la qualità della sua evoluzione. È evidente che il progressivo allungarsi della vita umana medesima, con tutti i suoi molteplici impatti — dall’invecchiamento della struttura della popolazione in ogni dato momento storico, agli effetti sul mercato del lavoro e sui sistemi pensionistici, alla dinamica della vita familiare — rappresenta un elemento di scenario imprescindibile; davvero “la sfida delle sfide”, una sorta di compimento finale della funzione storica dell’assicurazione sulla vita e per il ruolo che in tale contesto, istituzionalmente, possono essere chiamate a svolgere le compagnie di assicurazione.
Andrea Battista: Direttore generale della Duomo Assicurazioni, Gruppo Cattolica.
1 Ci riferiamo in particolare al filone di studi che fa capo alla Wharton school di Philadelphia e, per l’Italia, al Cerp di Torino.
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