Editoriale
“… un uomo di sessantaquattro anni… non si dovrebbe, con tanta incosciente leggerezza, chiamare vecchio, come sarebbe stato usuale in quelle epoche in cui i denti cominciavano a cadere a trent’anni e le prime rughe apparivano a 25… al giorno d’oggi la vecchiaia, quella autentica… sarà solo dopo gli ottant’anni che comincerà…”
da La Caverna, di José Saramago (premio Nobel per la letteratura, 1998)
Come abbiamo già varie volte rilevato, si fa riferimento quasi sempre al fenomeno dell’allungamento della durata di vita, riducendolo a una questione di INVECCHIAMENTO, che comporta implicitamente la perdita più o meno graduale dell’autonomia fisica e anche mentale degli individui. Tale perdita comporta chiaramente un grosso problema per il futuro del Welfare.
Il primo passo strategicamente vincente da fare, è di dare spazio e facilitare la presa di coscienza e la valorizzazione della fascia di età che comincia verso i sessanta anni e che si estende al di là degli ottanta, come periodo di SVECCHIAMENTO: cioè l’aumento, rispetto alle stesse classi di età del passato, della capacità di essere attivi e in ben miglior stato di salute.
Questa presa di coscienza comporta una battaglia culturale, economica, sociale e anche politica di fondamentale importanza. Non solo, come già spesso ripetuto, per i paesi industriali avanzati caratterizzati da importanti schiere di persone mature. Queste stesse schiere saranno fra pochi decenni anche la caratteristica dei paesi oggi definiti giovani, con popolazioni importanti sotto i venti o trenta anni. Tutti invecchieranno, o piuttosto, tutti contribuiranno a “svecchiare” l’immagine e il contesto sociale e economico che oggi ancora fortemente rinchiude e blocca la cosiddetta “società degli anziani”. Infatti restano ancora questioni di fondo da affrontare, situazioni di esclusione dal mondo del lavoro in età lavorativa, di isolamento o di perdita di autonomia durante la cosiddetta vecchiaia.
In che cosa si traduce tale cambiamento in materia di “welfare”? Cambia la visione delle politiche sociali dei governi dei Paesi industrializzati troppo caratterizzate dai timori sugli effetti negativi, veri o presunti di un livello di spesa sociale eccessiva per la crescita economica e l’occupazione. Le politiche sociali “attive” non sono necessariamente un “onere” per il sistema economico, ma possono rappresentare un sostegno essenziale all’aggiustamento strutturale e all’esigenza di conciliare crescita economica e sviluppo sociale. Soprattutto in Italia è indispensabile legare la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici a maggiori opportunità di lavoro e partecipazione sociale per gli anziani, che rappresentano ormai circa il 20% della popolazione. Per di più è urgente accrescere la partecipazione delle persone anziane alla vita economica e sociale, in un contesto di riforme dei regimi pensionistici pubblici. Inoltre è necessario approntare misure efficaci che accompagnino verso un graduale e volontario innalzamento dell’età media del pensionamento.
Questi e altri temi sul welfare sono trattati diffusamente negli articoli di illustri esperti che hanno contribuito a questo numero dei quaderni. Il tema centrale ha un unico filo conduttore: l’anali delle dinamiche del sistema del welfare con la riflessione, condivisa da molti policy-maker, della necessità imprescindibile di ridisegnare un nuovo modello per prepararsi adeguatamente alle sfide del futuro.
La ricerca scientifica e lo sviluppo tecnologico sono profondamente e direttamente implicati in questo processo volto a gestire e meglio comprendere la dinamica del processo di svecchiamento-invecchiamento. Enrico Tongiorgi introduce il tema della ricerca sul funzionamento del cervello e la parte che questo gioca nel processo di regolazione della durata di vita. Nicola Pangher mette in luce il contributo di vari rami dell’informatica che facilitano la vita delle persone di età avanzata nella propria dimora.
Maite Barea nel suo studio analizza in particolare il grosso problema del finanziamento sostenibile per l’insieme delle politiche sociali e in particolare dei sistemi pensionistici. È fondamentale incoraggiare una nuova policy di ridistribuzione delle risorse, della sostenibilità finanziaria, dell’equità intra e intergenerazionale dei sistemi pensionistici e un nuovo approccio culturale al lavoro.
È fondamentale, come è stato ampiamente suggerito nell’articolo di Michele Belloni e Margherita Borella, sull’innalzamento dell’età pensionabile, individuare le misure per realizzare un effettivo posticipo del pensionamento. Spesso nel dibattito a favore del sistema a ripartizione o capitalizzazione, come sostiene Paolo Sestito, hanno pesato elementi aprioristici, trascurando invece da una parte la riduzione dei rendimenti garantiti del sistema a ripartizione e dall’altra del rischio finanziario insito nella capitalizzazione. Al di là di questo profilo critico la questione principale di un ridisegno del sistema è e resterà nello sviluppo di una previdenza integrativa coerente con il sistema previdenziale e il modello di welfare. In termini prospettici si tratta di innalzare le soglie d’età per il pensionamento e l’indicizzazione alle aspettative di vita, la riduzione dell’aliquota contributiva sul lavoro e l’introduzione di una logica ridistributiva nel primo pilastro.
In una simile prospettiva, sostengono Sabina Mazza e Giorgia Capacci, l’invecchiamento demografico rappresenta una sfida formidabile per i sistemi di welfare e il flusso immigratorio può solo potenzialmente modificare la dimensione del problema. È urgente riscrivere “un nuovo contratto” tra le generazioni per realizzare un modello di welfare con una gestione equilibrata dei servizi e dei trasferimenti, favorendo una maggior flessibilità nelle scelte dell’impiego lavorativo.
Carlo Maccheroni con il suo articolo ci espone il quadro evolutivo della mortalità differenziale, quale fattore demografico sottostimato dal sistema previdenziale.
Luigi Scimìa ci presenta invece i compiti della COVIP nella riforma della previdenza complementare italiana quale elemento fondamentale per il rafforzamento del portfolio pensionistico.
Alfeo Zanette e Monica Ricatti analizzano il sistema salute con un’analisi dei sistemi sanitari dei paesi industrializzati per vedere quale ruolo e spazio l’assicurazione privata malattia potrebbe avere in futuro. In particolare affrontano la questione del Long Term Care, l’offerta dei servizi delle compagnie di assicurazioni e le potenzialità di tale strumento atto ad integrare e migliorare l’offerta complessiva del sistema salute.
Andrea Battista affronta la questione della longevità e in particolare la longevità come rischio di impresa. Identifica il termine sharing (vale a dire suddivisione o meglio condivisione) come parola d’ordine per gestire il rischio longevità in quanto i rischi si possono gestire non solo diversificandoli ma soprattutto allocandoli tra i vari player nel modo più opportuno, vale a dire tra le imprese di assicurazioni, i singoli individui, i sistemi pensionistici e lo Stato.
Eskil Wadensjö presenta uno studio che analizza il regime pensionistico parziale introdotto in Svezia tra il 1976 e il 2001. Questo studio è particolarmente importante perché mette a fuoco la questione della complementarità fra il lavoro a tempo parziale e il pensionamento parziale, punto chiave di tutta la strategia del welfare fondata sui quattro pilastri.
Nella pubblicazione precedente dei Quaderni Europei, il n. 4 in inglese, abbiamo trattato il tema generale del “Welfare and the Lenghtening of the Life Cycle” con articoli sulla situazione demografica e pensionistica in Cina, riflessioni sulle dinamiche pensionistiche in Germania, il sistema pensionistico in Polonia, i sistemi pensionistici nei paesi dell’OCSE, il ruolo dell’Assicurazione privata in una società che allunga il ciclo di vita etc.
Ringraziamo anticipatamente tutti i lettori dei Quaderni per qualsiasi commento, proposta o suggerimenti affinché la nostra pubblicazione possa diventare il pilastro fondamentale della “COUNTER-AGEING SOCIETY”.
Tag:nuovo welfare, svecchiamento