QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

L’opportunità della finestra demografica in italia: perché non sfruttarla?

1. Introduzione

L’allungamento progressivo della vita, la quasi totale scomparsa della morte precoce consente a settori via via più ampi della popolazione di arrivare alle età anziane e vecchie. Complessivamente aumenta il numero di persone che riesce a raggiungere 60, 70, 80 anni, e così anche il numero di anni che ci si può aspettare di vivere dopo quell’età. L’ultimo Censimento della Popolazione, infatti, realizzato il 21 ottobre 2001, ha rilevato un aumento significativo della quota di ultracentenari rispetto alla precedente rilevazione.
La percentuale di ultrasessantacinquenni è più che raddoppiata nel corso degli ultimi cinquanta anni, passando dall’8,2% al 19,2% (cfr. figura 1); diversamente la quota percentuale di bambini, ovvero coloro che appartengono alla classe 0-14 anni, sono diminuiti passando dal 26,1% al 14,2%. È rimasta, al contrario, pressoché immutata la percentuale della popolazione attiva (15-64 anni). Ciò che emerge dalla figura 1 è che l’ammontare degli anziani si è “alimentato”, in questi 50 anni, del trasferimento costante e continuo di una quota dei giovani, lasciando in questo modo invariata la popolazione in età centrale.
In realtà, la costanza della quota della popolazione in età 15-64 è frutto soprattutto dei baby boomers1 i quali, ancora per qualche anno, consentono di alimentare la spesa assistenziale degli anziani, ma, se rimarrà fissa la soglia di 65 anni per l’ingresso nell’età pensionistica anche negli anni futuri, genererà un tracollo finanziario per l’impossibilità di far fronte alla crescita esponenziale della spesa pensionistica.

Figura 1: Indicatori di struttura della popolazione (composizione percentuale), 1951 e 2004, Italia

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Fonte: elaborazione su dati Istat, vari anni.

Le previsioni demografiche parlano di una costanza nel processo di invecchiamento demografico anche negli anni a venire, con un incremento particolarmente rilevante della classe degli anziani nel momento in cui tutti i baby boomers supereranno la soglia dell’anzianità (attualmente fissata, per motivi economici, a 65 anni), chiudendo così la nostra finestra demografica.

2. La finestra demografica in Italia

Il Rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (UNFPA) del 2002 è quasi completamente dedicato all’effetto della finestra demografica nei Paesi poveri, come contributo per la riduzione della povertà. Nel Rapporto si afferma che “nell’arco di una generazione, la riduzione del tasso di fecondità apre una finestra demografica, un periodo in cui un maggior numero di individui in età lavorativa mantiene un numero relativo più basso di anziani e giovani a carico (…). Essa si apre solo una volta, per richiudersi con l’invecchiamento della popolazione e il nuovo aumento del carico sociale degli anziani.” (UNFPA, 2002).
Tale finestra è stata, in passato, alla base della crescita economica dei Paesi dell’Estremo Oriente e di altre zone del mondo, tra cui indubbiamente l’Europa, e segna l’inizio di quella fase che in demografia prende il nome di transizione demografica. Quando il tasso di fecondità diminuisce, in una prima fase la popolazione attiva aumenta considerevolmente rispetto ad anziani e giovani, cioè alle fasce di popolazione che sono a carico. Questa situazione offre alle famiglie un’opportunità unica per sottrarsi alla povertà, a patto che i Governi dei Paesi in cui tale finestra si manifesta facciano i necessari investimenti nella sanità — compresa la pianificazione familiare — nell’istruzione e nella creazione di opportunità di lavoro. I vantaggi non si limitano alle generazioni future: anche le generazioni presenti ne godono immediatamente i benefici perché le donne riescono a evitare gravidanze indesiderate e a ridurre il carico di lavoro che deriva da famiglie molto numerose.

Una definizione recente della finestra demografica (demographic window) è stata data anche da A. Golini (Golini e Marini, 2004):
“the term “demographic window” defines a time interval, more or less extended, in which the age structure of a population is such that the relation between demographically dependent age class and the demographically independent age class is lower than the level results from a much longer time interval. This period represents the “bridge” between a young and less developed population (high fertility and low expectancy at birth which witness an old demographic regime, and also socio-economic backwardness) and an older and more developed population (widespread and successful birth control and long control and long life expectancy).”

La finestra demografica italiana è frutto dell’aumento rilevante del tasso di natalità, che si è registrato negli anni Sessanta, che attualmente consente di beneficiare di una massa consistente di popolazione in età attiva che alimenta il sistema pensionistico fondato sul sistema della ripartizione.

Giorgia Capacci: Facoltà di Economia, Università di Roma “La Sapienza”.
1 “Gli anni sessanta iniziarono con una forte ripresa della natalità. In analogia con la definizione di “miracolo economico”, usata per enfatizzare lo sviluppo economico del Paese si parlò quasi immediatamente di “baby boom”. Tale definizione continua ancora oggi a caratterizzare il decennio dal punto di vista demografico, anche se, in realtà, i tassi di natalità crebbero solo fino al 1964 (19,5‰), per poi riprendere la loro inesorabile discesa” (Baldi e Cagiano de Azevedo, 2005).


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