Il fenomeno degli over 45 e la sfida dell’attivazione sociale in Italia. Considerazioni alla luce di una ricerca empirica
1. Introduzione
Le strategie di attivazione del lavoro maturo perseguite in una prima fase dai Paesi europei soprattutto sul versante previdenziale (principalmente attraverso l’allungamento dell’età pensionabile e le limitazioni imposte ai massicci meccanismi di uscita anticipata del lavoro maturo nel corso degli anni Ottanta e Novanta) sono in una seconda fase consistite anche nell’avvio di politiche attive promosse dalla Strategia europea per l’occupazione (SEO).
Come è noto questa, così come le politiche sociali sia europee che nazionali, punta a sostenere l’evoluzione della protezione sociale da passiva in attiva, seguendo un’impostazione che presuppone un forte ed efficace sviluppo di servizi e capacità di governance territoriale, senza i quali le criticità, di diverso ordine, legate all’esclusione sociale e alla disoccupazione potrebbero nel tempo aumentare.
Pure lanciate dalla strategia comune europea, nelle diverse declinazioni nazionali di attivazione si ritrovano ispirazioni a modelli d’azione e logiche d’intervento sociale non sempre coincidenti.1 La lettura delle esperienze in essere a livello dei singoli stati rende infatti riscontrabili declinazioni diverse delle nozioni stesse di occupabilità e di attivazione. Schematicamente, a seconda che l’attenzione sia rivolta principalmente all’offerta piuttosto che alla domanda di lavoro e/o al sistema d’incontro, l’occupabilità sarà tendenzialmente stigmatizzante il soggetto inoccupabile, piuttosto che rivolta a creare condizioni di crescita delle capacità individuali. La titolarità dei limiti viene diversamente declinata: nel caso in cui ravvede principalmente il senso di una responsabilità pubblica, allora è allo Stato ai vari livelli che compete l’onere di rendere i cittadini capaci ed attivi; se la responsabilità dell’occupabilità viene attribuita ai singoli individui, è su di essi che può ricadere lo stigma sociale dell’inadeguatezza o di comportamenti considerati “a-sociali”.
Tutto ciò apre una serie di importanti interrogativi su quelli che potremmo definire gli effetti indesiderabili dell’impostazione attivante europea. Principalmente viene da chiedersi se, a fronte dei condizionamenti del ciclo economico internazionale e proprio in virtù dei condizionamenti che impone ai destinatari delle misure, sia da considerare positivamente in quanto funzionale alla salvaguardia del Modello sociale europeo; o se sia da considerare con estrema cautela in quanto segna un passaggio delicato nella fase di ridefinizione del sistema di diritti del lavoro in esso incorporati. Possiamo però certamente sostenere che una condizione perché l’attivazione sia “giusta”, è che attraverso di essa si creino gli strumenti effettivi per un’adeguata ed efficace offerta di servizi di varia natura capaci, anche nelle dinamiche di incontro fra domanda e offerta di lavoro, di rispettare i profili e le esigenze personali.
In relazione alla questione dei lavoratori over 45 è chiaro che la SEO, in quanto tale, rappresenta un’evoluzione necessaria e opportuna delle azioni di mera limitazione delle uscite anticipate dal lavoro. È importante però evidenziare anche che essa può però oggi determinare, per effetto di una inedita combinazione fra mutamenti demografici, criticità economiche dei settori produttivi maturi e, appunto, le più recenti scelte di ridefinizione del welfare da passivo in attivo, una mutazione ed un’esasperazione del rischio sociale per la generazione dei lavoratori over 45.
Ciò non vuol dire che l’allocazione dei problemi di gestione della manodopera matura sui versanti delle politiche aziendali e territoriali-lavoristiche non sia corretta e opportuna, quanto piuttosto che questa scelta implica una capacità di governo attivo della manodopera over 45 eccedente; un’attitudine che viceversa non sembra sempre disponibile in tutti i Paesi a livello locale.
In questo senso è possibile che — nonostante qualche segnale di recupero verificatosi nell’ultimo quinquennio in termini di accrescimento dei tassi di partecipazione al lavoro delle classi più adulte — in conseguenza di un inasprimento dei fattori che lo hanno generato e la complessificazione derivante dalle possibili retroazioni sul mercato del lavoro delle azioni restrittive varate sul versante previdenziale, assisteremo nel prossimo periodo a una trasformazione del fenomeno degli over 45 da fenomeno dell’inattività precoce a fenomeno di disoccupazione o sottoccupazione di lunga durata.
Per questa ragione sembra il caso di verificare empiricamente la reale capacità dei diversi Paesi, e nel nostro caso innanzitutto dell’Italia, a gestire operativamente quella che potremmo definire la seconda tappa della strategia di prolungamento della vita lavorativa. Questa difficoltà sembra manifestarsi nel rendere pienamente operative ed efficaci le azioni territoriali di gestione attiva del mercato del lavoro e dell’inserimento sociale in quanto reti di recupero, di reinserimento e di sostegno delle persone allontanate dai processi produttivi e — appunto — bisognose di processi di riqualificazione ex post rispetto ai processi di fragilizzazione e dell’essere “troppo vecchi per il lavoro e troppo giovani per la pensione”.
Alla luce di queste premesse richiamate qui in maniera più che sintetica, l’articolo si basa su alcuni risultati di una recente ricerca volta ad analizzare — a seguire rispetto a una disamina dei profili dell’occupazione e della disoccupazione del lavoro maturo, over 45 — le diverse tipologie di intervento “attivante” messe in atto sia dai servizi pubblici per l’impiego sia dai servizi sociali comunali. Una loro azione efficace si rende infatti oggi quanto mai necessaria per le ragioni sopra esposte, e — riassumendo — per rispondere alle esigenze di questa nuova componente della domanda sociale, la cui crescita può essere oggi determinata dal possibile gap fra l’azione di riduzione delle protezioni sociali standard nei confronti delle uscite anticipate dal lavoro e i ritardi nello sviluppo di azioni capaci di riqualificare la manodopera adulta, sia che essa si rappresenti come manodopera disoccupata, sia che si rappresenti come portatrice di una domanda sociale più ampia e generica.
In concreto lo studio, di cui esporrò sommariamente di seguito alcuni risultati, è consistito in una verifica dei tipi di sviluppo realizzati dalle politiche di attivazione in alcune realtà italiane nei confronti degli over 45, intesi come nuova domanda sociale dei servizi per l’impiego e di quelli sociali. L’attenzione si è quindi anche concentrata sulla capacità di coordinamento intersettoriale delle politiche in quanto strategia efficace per tentare risposte alla domanda vieppiù mutevole di aiuto che un medesimo individuo può esprimere durante il corso della propria vita, avviando un’integrazione sistemica fra le agenzie preposte alle diverse aree di bisogno.2 La logica categoriale degli interventi per aree di utenza — rispettivamente di inserimento lavorativo e di sostegno sociale — lascerebbe così, almeno in parte, il posto ad azioni integrate fra i due versanti, capaci ciascuno di massimizzare la propria efficacia rispetto alle esigenze eterogenee dell’utenza dei servizi pubblici.
Maria Luisa Mirabile: * Responsabile dell’IRES (Istituto di Ricerche Economiche e Sociali) per l’area ricerca “Welfare e diritti di cittadinanza”. Responsabile della Rivista delle Politiche Sociali. Italian Journal of Social Policy. Docente presso l’Università di Roma “La Sapienza”.
1 Per un’approfondita trattazione del tema e un’ampia esposizione di casi nazionali, cfr. La Rivista delle Politiche Sociali, n.1, 2005.
2 La ricerca è stata realizzata dall’Ires per il Sindacato pensionati Spi-Cgil e vi hanno preso parte: Maria Luisa Mirabile (direzione scientifica), Francesca Carrera, Elio Montanari, Clemente Tartaglione, Anna Teselli (ricercatori).
Il lavoro d’indagine ha seguito un percorso per approfondimenti successivi, e sostanzialmente: a) un’analisi desk in cui, partendo da un quadro generale sul tema degli over 45, della loro posizione sul mercato del lavoro e del rischio di emarginazione sociale, ricostruisce lo stato della programmazione istituzionale in un percorso di focalizzazione dall’Europa fino all’esperienza regionale e provinciale. I territori oggetto dello studio sono state sei province in tre Regioni:
a) Veneto, Toscana e Puglia. In ciascuna regione, quindi, è stata realizzata un’analisi delle condizioni socio-economiche del gruppo degli over 45 e dei contenuti della programmazione degli interventi rivolti a questo target;
b) un’indagine di campo realizzata tramite analisi documentale e interviste a testimoni privilegiati. A partire da un incipit sulla dimensione percepita del problema over 45 da parte degli attori locali, scopo dell’indagine è stato di rilevare le misure attivate nei territori nei confronti di questa fascia di utenza, sia sul versante del reinserimento lavorativo che sul versante socio-assistenziale, cercando di cogliere eventuali dinamiche di coordinamento fra i due livelli di intervento.
A questo scopo sono state realizzate interviste con i referenti sia politici che amministrativi del settore socio-assistenziale e di quello lavorativo. In particolare sono stati considerati i Centri per l’Impiego che fanno riferimento al comune capoluogo di provincia in considerazione del rilevo che assumono in ambito locale. Successivamente si è indagata la percezione della domanda sociale da parte degli adulti in difficoltà cercando, anche in questo caso, di monitorare i servizi offerti dai comuni capoluogo di provincia.
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