QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

Promuovere l’occupazione tra i lavoratori che invecchiano: l’insegnamento delle riforme politiche in Finlandia

Naturalmente è molto difficile valutare le conseguenze sull’occupazione di un programma di questo tipo, il cui scopo consisteva nel cambiare l’atteggiamento dell’opinione pubblica, sensibilizzandola ai problemi legati all’invecchiamento. Tuttavia ciò non significa che questo tipo di sforzi sia inutile, in quanto possono essere considerati segnali di una “svolta culturale e paradigmatica”,2 necessaria per poter procedere a cambiamenti politici più concreti.
In Finlandia le pensioni rappresentano un settore di particolare interesse per le organizzazioni operanti sul mercato del lavoro. Le pensioni hanno base giuridica, ma i principi di fondo e le eventuali riforme sono per lo più concordati nel corso di negoziati che coinvolgono i principali attori del settore lavorativo.3 Ciò è vero anche nel caso dei regimi di prepensionamento, per cui il prerequisito fondamentale per modificarne la disciplina era rappresentato dal raggiungimento del consenso tra le parti sociali circa la necessità di una riforma. Si può sostenere che le modifiche in senso restrittivo dei percorsi di pensionamento anticipato rappresentano il segnale più concreto di una transizione quasi ideologica verso il prolungamento delle carriere, che sostituisce il ricorso alle pensioni anticipate per risolvere il problema della disoccupazione.
Se la politica occupazionale prevede l’applicazione simultanea di più misure, è difficile isolare le conseguenze “vere” di un dato fattore in seno al pacchetto globale. Ciò vale particolarmente se le riforme sono graduali, come nel caso dei regimi di prepensionamento. Tuttavia il diverso andamento delle assunzioni di lavoratori anziani e di mezza età è un chiaro segnale delle ricadute positive che le riforme hanno avuto sull’occupazione. Anche l’OCSE4 è giunta alla medesima conclusione: il marcato rialzo del tasso di occupazione tra i lavoratori anziani è in parte avvenuto in conseguenza della forte ripresa economica, e in parte può essere per lo più spiegato con i cambiamenti apportati ai regimi di prepensionamento.
Le classi d’età maggiormente interessate dall’aumento dell’occupazione sono quelle che più hanno risentito delle restrizioni all’uscita anticipata dal mercato del lavoro (cfr. Capitolo 3). In particolare, i relativi cambiamenti prevedono l’innalzamento dell’età minima per accedere all’assicurazione disoccupazione e alla pensione anticipata individuale, una pensione di invalidità sottoposta a criteri medici meno severi di quella standard.5
Il ruolo cruciale attribuito ai limiti minimi d’età si spiega in parte con il fatto che le prestazioni delle pensioni anticipate di norma non prevedono aggiustamenti attuariali e, di conseguenza, chi ha maggiore probabilità di ricorrere ai meccanismi di uscita anticipata dal mercato del lavoro è incoraggiato a iniziare a riscuotere i sussidi il prima possibile. Il che spiega appunto l’importanza dell’abbassamento del limite d’età, dato che i singoli non sono altrettanto motivati a posticipare il ricorso al prepensionamento.
I dati ottenuti dall’analisi microeconometrica dimostrano inoltre che, per lo meno durante un periodo di crescita economica, eventuali riforme volte a ridurre il numero di persone che ricorrono al prepensionamento (modificando i limiti d’età) si ripercuotono positivamente sul livello di occupazione dei lavoratori anziani. Kyyrä e Wilke6 rilevano che l’innalzamento dell’età minima per accedere ai sussidi ha notevolmente ridotto il rischio disoccupazione interessato dalla modifica in questione. Conseguentemente alla riforma, nel 1997 l’età minima per accedere ai sussidi è stata innalzata di due anni (da 53 a 55 anni).

2 Cfr. Arnkil et al. (2002).
3 Cfr. Ilmakunnas and Vanne (2004).
4 OECD (2004).
5 Ibid.
6 Kyyrä and Wilke (2004).


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