La riforma della previdenza complementare in Italia e il ruolo dei fondi pensione
1. Introduzione
La riflessione sugli sviluppi e sulle opportunità che è possibile prefigurare per il settore della previdenza complementare in forza dei principi e dei criteri di riforma fissati nella Legge 23 agosto 2004, n. 243 “Legge delega previdenziale” comporta, innanzitutto, un richiamo delle caratteristiche che qualificano la previdenza complementare quale settore fortemente connotato di rilevanza sociale.
È opportuno ricordare innanzitutto che tramite l’inquadramento costituzionale della materia (basato sull’interpretazione dell’art. 38, comma 2 Cost.), è stata riconosciuta l’importanza della funzione specificatamente attribuita alla previdenza complementare di contribuire a mantenere invariato il tenore di vita di quanti entrano in età non-lavorativa. Tale missione dei fondi pensione, del tutto coincidente con gli interessi degli iscritti, deve compiersi associando le funzioni tipiche del risparmio finanziario (speculative, precauzionali, ecc.) con un elemento di grande rilievo sociale, appunto la funzione di garantire una rendita pensionistica che in molti casi sarà essenziale per consentire agli aderenti di conservare livelli di reddito adeguati. Non è un caso che nella maggior parte degli ordinamenti (a partire da quelli dei Paesi anglosassoni) il fenomeno della previdenza privata è in larga misura legato a forme di adesione collettiva dove l’iniziativa fondatrice proviene generalmente dalle rappresentanze dei datori di lavoro e dei lavoratori che intendono garantire alla forza lavoro la necessaria serenità quanto alle prospettive di reddito nell’età anziana.
A tale riguardo si aprono ulteriori ambiti di riflessione di particolare interesse ai quali sarà data evidenza più avanti.
Il perseguimento dell’obiettivo del mantenimento del tenore di vita dei pensionati ha richiesto l’adozione di misure che diano un concreto impulso allo sviluppo del settore della previdenza complementare e determinino le condizioni per il conseguimento di obiettivi di efficienza, del tutto funzionali all’assolvimento della cosiddetta “promessa previdenziale”, anche tramite la realizzazione di una maggiore concorrenzialità tra le diverse forme previdenziali oggi operanti.
La finalità di tipo previdenziale espone i fondi pensione a rischi peculiari rispetto a quelli cui sono esposti gli intermediari finanziari tradizionali, primo tra tutti il rischio “sistemico” di una insufficiente diffusione delle adesioni alla previdenza complementare in tutti i settori del mondo del lavoro alla quale potrebbe corrispondere nel medio-lungo periodo un gap di risparmio previdenziale i cui effetti economici e finanziari si ripercuoterebbero su tutta la società. Di tale spinta propulsiva c’è particolare necessità, come si vedrà nella prima parte di questa relazione mediante una descrizione dei principali aspetti quantitativi della previdenza complementare, aggiornati al 30 giugno 2004 con riferimento alle dimensioni del settore, ai rendimenti, ai costi.
Nella seconda parte dell’intervento saranno evidenziate le principali disposizioni della Legge delega riferite al settore cercando di verificarne il potenziale innovativo e, nel contempo, le connesse modalità di attuazione.
2. La previdenza complementare oggi in Italia
2.1 Le dimensioni del settore
Al 30 giugno 2004, i fondi pensione di nuova istituzione (negoziali e aperti) hanno raggiunto la soglia di 1.430.000 iscritti, con una crescita dell’1,7% rispetto alla fine del 2003. L’attivo netto destinato alle prestazioni è pari a 7,1 miliardi di euro, con un incremento nei primi sei mesi dell’anno pari al 13%. Il numero dei fondi di nuova istituzione complessivamente autorizzati è di 136, di cui 42 di tipo negoziale e 94 di tipo aperto. Considerando anche i dati di fine 2003 riferiti ai 510 fondi preesistenti, di cui 360 di competenza Covip,1 l’intero settore dei fondi pensione complementari raggiunge 2,1 milioni di iscritti, mentre le risorse complessivamente destinate alle prestazioni sfiorano i 37 miliardi di euro.
I fondi negoziali registrano al 30 giugno 2004 oltre un milione di aderenti, con una crescita dell’1,6% rispetto alla fine del 2003; l’attivo netto destinato alle prestazioni supera i 5 milioni di euro, in crescita del 13% rispetto al semestre precedente. Nel corso della prima parte dell’anno è stato autorizzato il primo fondo pensione destinato ai dipendenti pubblici: si tratta del FONDO SCUOLA ESPERO, rivolto ai dipendenti statali del comparto della scuola.
Gli iscritti ai fondi aperti sono 371 mila, in crescita dell’1,9% rispetto alla fine del 2003; l’attivo netto destinato alle prestazioni ammonta a quasi 2 milioni di euro, circa il 13% in più rispetto alla fine dell’anno precedente. Nell’anno 2004 hanno avuto effetto le prime operazioni di fusione tra fondi pensione aperti, mentre è stato autorizzato un solo nuovo fondo, confermando la tendenza, già emersa negli anni precedenti, più alla razionalizzazione dell’offerta attualmente esistente che all’avvio di nuove iniziative.
Completano il quadro le polizze di assicurazione sulla vita con contenuto previdenziale (PIP). Al 30 giugno 2004, i contratti stipulati a partire dal 2001, anno di avvio dell’operatività, hanno superato le 600 mila unità; le riserve tecniche destinate alle prestazioni non raggiungono 1,5 milioni di euro, a fronte di premi complessivamente incassati pari a circa 2 milioni di euro. La differenza fra i due importi è dovuta principalmente alla parte di premi destinata alla remunerazione della rete distributiva che viene, quindi, sottratta alla posizione previdenziale dell’aderente.
Complessivamente, gli aderenti ai piani previdenziali complementari superano i 2,7 milioni di iscritti, pari a circa l’11% della forza lavoro. Con riferimento alla fine del 2003, le risorse complessivamente destinate alle prestazioni rappresentavano circa il 2,9% del Prodotto interno lordo e l’1,3% delle attività finanziarie delle famiglie. Si tratta di dimensioni nell’insieme ancora modeste, specie se paragonate alle esperienze internazionali con maggiore tradizione nella previdenza complementare. Allo stato attuale, quindi, è indubbio che la previdenza complementare non ha ancora raggiunto dimensioni tali, in termini di copertura della popolazione attiva e di masse complessivamente gestite, da poter assolvere in modo adeguato all’obiettivo di assicurare più elevati livelli di copertura previdenziale; la recente approvazione della legge di delega in materia di previdenza può certamente recare un significativo impulso verso la più penetrante diffusione e il più rapido sviluppo della previdenza complementare in Italia.
Federica Seganti: Commissario COVIP
1 Vi sono poi 143 fondi pensione preesistenti interni a banche e 7 interni a imprese di assicurazione vigilati, rispettivamente, dalla Banca d’Italia e dall’Isvap.
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