QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE

L’invecchiamento attivo: una politica centrale e prioritaria per l’Unione Europea

Riassunto
In vista del progressivo invecchiamento e dell’imminente calo della popolazione in età lavorativa, gli Stati membri dell’Unione Europea hanno concordato obiettivi audaci volti a incrementare il tasso d’occupazione e posticipare il pensionamento dei lavoratori anziani. Finora i progressi sono stati limitati e con l’allargamento la sfida si è fatta ancor più complessa.
Ma le politiche comunitarie offrono un aiuto costruttivo e i Paesi membri stanno moltiplicando gli sforzi per istituire sistemi di gestione dell’età migliori. Nel momento in cui le misure adottate entreranno a regime, probabilmente potranno beneficiare di un innalzamento del livello di preparazione dei lavoratori in età avanzata e di una mancanza di manodopera più accentuata. Anche se può essere difficile raggiungere entro il 2010 gli obiettivi di un tasso di occupazione al 50% e di una posticipazione di 5 anni del pensionamento, nei prossimi 5-10 anni è probabile che assisteremo al rafforzamento del ruolo relativo assegnato ai lavoratori in età avanzata in rapporto al totale della forza lavoro europea.

1. Introduzione

Nella relazione di sintesi del marzo 2004, la Commissione ha posto l’accento sull’invecchiamento attivo — inteso come prolungamento della vita lavorativa e posticipazione del pensionamento — in quanto si tratta di uno dei tre ambiti principali che richiedono sforzi notevolmente maggiori se l’Unione intende concretizzare la strategia di Lisbona. Il fatto che l’inversione della tendenza al pensionamento anticipato sia ora considerata una delle priorità politiche dell’Europa segna il culmine dello sviluppo in atto da quando nel 1999 la Commissione ha introdotto la nozione di invecchiamento attivo.
L’UE ha adottato in rapida successione misure legislative che vietano la discriminazione sul lavoro anche per motivi d’età (2000), ha concordato un orientamento speciale per l’occupazione riguardante l’invecchiamento attivo (2000), e per il 2010 ha prefissato due importanti obiettivi strategici: portare il tasso di occupazione dei lavoratori in età avanzata al 50% (Stoccolma 2001) e ritardare di cinque anni l’età alla quale gli stessi smettono di lavorare (Barcellona 2002). Inoltre ha integrato queste iniziative occupazionali concordando una serie di obiettivi riguardanti le pensioni volti a garantire incentivi efficaci al prolungamento della vita lavorativa nell’ambito di regimi di sgravi fiscali legati alle pensioni.
Nel presente articolo si offre innanzitutto una breve panoramica del contesto e dei contenuti dell’agenda relativa all’invecchiamento attivo, quindi si procede alla descrizione dei recenti sviluppi delle politiche comunitarie, si esaminano i progressi in atto in vista degli obiettivi e si discute la possibilità di compiere ulteriori passi avanti nei prossimi 5-10 anni.

2. La tendenza al prepensionamento

La tendenza a ridurre sempre più l’età del pensionamento è diventata una caratteristica comune di tutti i mercati del lavoro all’interno dell’Unione Europea. Trent’anni fa i tassi di partecipazione degli uomini di età compresa tra i 55 e i 64 anni risultavano inferiori a quelli dei lavoratori più giovani di appena 10-15 punti percentuali. Oggi il divario è calcolabile in 40-50 punti percentuali. Dall’inizio degli anni ‘70 alla fine degli anni ‘90 i tassi di partecipazione e di occupazione dei lavoratori (maschi) in età avanzata hanno subito un costante declino.2 Sebbene gli ultimi dati indichino che tale tendenza potrebbe finire per stabilizzarsi, in Europa rimane ancora molta strada da fare prima di poter dire che la “corsa” al prepensionamento è stata arrestata.
Esistono differenze importanti per quanto riguarda le modalità e le dimensioni in cui il fenomeno si è manifestato,3 ma la tendenza è risultata costantemente al ribasso in tutti gli Stati membri. Anche se trova la sua origine nell’erosione della workability, come pure nelle pressioni cui è sottoposto il mercato del lavoro e nelle discriminazione degli anziani in campo lavorativo, il declino della partecipazione dei lavoratori in età avanzata è stato accentuato e consolidato dalle politiche pubbliche, che prevedevano prepensionamenti facili. Nel tempo queste politiche hanno condotto all’istituzionalizzazione di pratiche inefficienti nella gestione dell’età; inoltre hanno dato vita a una vera e propria cultura della pensione anticipata in termini di aspettative e pratiche adottate. I lavoratori che invecchiavano, i loro colleghi e i responsabili delle risorse umane hanno iniziato ad aspettarsi che il percorso professionale terminasse tra i 5 e i 10 anni prima di raggiungere l’età in cui si aveva diritto alla pensione di anzianità, e quindi facevano progetti e agivano di conseguenza.
La situazione sta cominciando a cambiare. I governi hanno ridotto la possibilità di andare in pensione anticipatamente e hanno rafforzato le iniziative con cui il mercato incoraggia i lavoratori in età avanzata. Ma l’inefficienza delle pratiche legate alla gestione dell’età sul luogo di lavoro come sul mercato è endemica e occorre tempo per porvi rimedio e cambiare le attese dei lavoratori. Senza il contributo e l’impegno attivo da parte dei datori di lavoro, dei sindacati e degli stessi lavoratori anziani, è poco probabile che i tassi di partecipazione e occupazione migliorino a sufficienza. I responsabili a livello decisionale stanno quindi cercando di collaborare sempre di più con le parti sociali per adottare strategie concrete che migliorino l’occupabilità dei lavoratori in età avanzata e modifichino le condizioni di assunzione in maniera tale che agli ultracinquantenni siano concesse migliori opportunità di lavoro. La svolta è assolutamente necessaria visto che decenni di inefficienza nella gestione dell’età hanno fatto sì che attori importanti si trovassero alquanto impreparati di fronte alle necessità del prossimo futuro. Le pratiche gestionali devono adattarsi a un mercato del lavoro che invecchia e si restringe, premiando le strategie innovative che mantengono e reintegrano i lavoratori in età avanzata, assicurando nel contempo produttività e redditività.

3. La prospettiva di una forza lavoro che invecchia e si riduce

L’impatto economico e sociale dell’invecchiamento della popolazione europea risulterà particolarmente pronunciato per molti anni a venire, dal momento che all’aumento della longevità e al calo dei livelli di fertilità verificatisi negli ultimi decenni si aggiungerà il pensionamento dei “baby boomers”, che condurrà a un peggioramento improvviso del rapporto di dipendenza in età avanzata. L’Unione Europea si trova di fronte alla prospettiva di una forza lavoro che invecchia e si riduce. Nei prossimi vent’anni, il numero di persone comprese nella fascia d’età che va dai 20 ai 29 anni diminuirà del 20%, mentre crescerà del 25% il numero delle persone in età compresa tra i 50 e i 64 anni. Se in seno a questo secondo gruppo continuerà l’attuale tendenza al prepensionamento, i tassi di partecipazione potrebbero crollare fino ad appena 1/3 dei lavoratori fino a 55 anni. Ciò avrà ripercussioni estremamente negative sull’offerta di lavoro globale e condurrà a una mancanza di manodopera qualificata, seguita dalla deriva salariale e inflazionistica. Ovviamente, si tratterà anche di un’ulteriore fonte di pressione sui sistemi di previdenza sociale. Per evitare un simile scenario, l’Europa deve adattare le proprie politiche a una forza lavoro che invecchia e investire a favore del prolungamento delle sue occupabilità e produttività. È essenziale motivare i baby boomers e permettere loro di continuare a lavorare per diversi anni in più rispetto ai lavoratori anziani di oggi.

Fritz von Nordheim Nielsen: Commissione Europea, DG Occupazione e affari sociali E-1 Fritz.Von-nordheim@cec.eu.int
1 Le valutazioni e le opinioni espresse nel presente articolo appartengono all’autore e possono non corrispondere a quelle della Commissione europea o dei relativi Servizi.
2 Nel medesimo periodo la disoccupazione femminile in questa fascia d’età ha continuato a crescere in conseguenza dell’aumento del tasso di attività nelle generazioni femminili successive. Tuttavia, a prescindere da tale tendenza strutturale, le lavoratrici invecchiando si scontrano anche con enormi ostacoli alla continuità dell’impiego e i loro problemi possono essere facilmente paragonati a quelli dei colleghi uomini.
3 Tra i lavoratori in età avanzata, la sottoccupazione rappresenta circa il 25% del divario nella resa occupazionale che separa UE e USA.


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