Editoriale
“La società invecchia” — quante volte abbiamo letto o sentito questa frase. Ma si tratta di una affermazione e di una visione sbagliata! L’allungamento del ciclo di vita si accompagna, nella grande maggioranza dei casi, con un miglioramento delle condizioni fisiche e mentali: di fatto entriamo in una società in fase di “svecchiamento” (counter-ageing society). Le generazioni in età avanzata sono oggi chiaramente più “giovani” di quanto non lo fossero nel passato.
Il resto del mondo, anche quello dove oggi sono dominanti le generazioni al di sotto dei 30 anni, finirà fra due o tre decenni col raggiungere la struttura demografica dei paesi industrializzati, per poco che si sviluppi economicamente e socialmente. La Cina, per esempio, nel 2040 avrà una popolazione superiore ai 60 anni, che sarà più grande in termini percentuali di quella degli Stati Uniti: una tale previsione è largamente fondata, dato che si tratta di generazioni già nate, con tassi chiaramente crescenti della speranza di vita.
In Europa, come in Giappone o nel Nord America, abbiamo il vantaggio di preparare e gestire in anticipo un mondo che si apre alla più grande rivoluzione demografica e sociale della storia. Questa deriva dal costante aumento della speranza di vita, da due a tre mesi, ogni anno. La sfida è immensa è dovrebbe stimolare tutti i costruttori di avvenire: la conquista di decenni di vita — e sopratutto di una vita in buone condizioni — per tutti gli esseri umani.
Qui di seguito una prima lista di questioni e problemi da affrontare e ben gestire:
• si tratta in primo luogo di ben seguire e comprendere i progressi e gli sviluppi in tutti i settori della scienza e della tecnologia (dalla biologia alla medicina, dalla gerontologia ai sistemi di informatica, ecc.);
• l’essere attivi e “produttivi” dopo i 60/65 anni di età può e deve essere un privilegio largamente diffuso, ed anche la migliore “medicina” per vivere meglio e più a lungo;
• la formazione, sotto varie forme, deve integrarsi sempre più in tutte le fasi della vita, comprese quelle sopra i 60 anni;
• le possibilità dell’economia e della società dovrebbero essere meglio comprese e valorizzate: in particolare il fatto che non viviamo più in una società fondata essenzialmente dalle attività manifatturiere e strettamente industriali (che restano importanti), ma su un’Economia del Servizio. Oltre l’80% di ogni forma di lavoro “produttivo” è basato su una attività di servizio, anche e in particolare all’interno della struttura industriale. Questo riduce il numero delle persone che devono eseguire lavori di grande impegno e peso fisico e talvolta mentale. Studi dettagliati si devono proporre in economia per mettere in evidenza non solo la domanda e le possibilità di lavoro, ma anche il periodo della vita durante il quale tali “servizi” possono essere utilmente esercitati;
• infatti, ogni tipo di attività è meglio eseguita in certi periodi della vita: è normale che un campione di tennis vada in “pensione” entro i trent’anni. Lo stesso per un teorico fondamentale in matematica, per il quale il cervello deve essere al massimo delle sue capacità di razionalizzazione astratta. D’altra parte, assistiamo a un’esplosione di servizi che richiedono sempre più esperienza pratica e di contatto umano: nella formazione, nel sistema sanitario, nel turismo e in tutte le attività collegate. Si dà sempre più ampio spazio alle “attività produttive” e al lavoro (rimunerato e/o volontario) dopo i 60 anni;
• la formazione, anche quella continua, non deve limitarsi solo all’aggiornamento della specializzazione di ciascuno (anche se è bene che ce ne sia una, ben approfondita), ma deve permettere e facilitare il cambiamento di direzione, nel corso della vita, con attività consone ad ogni gruppo di età;
• una pietra miliare, soprattutto dopo i 60 di età, probabilmente sarà sempre di più quella di considerare come fulcro un lavoro a metà tempo. Anzi il metà tempo potrebbe divenire la base di una unità (non di una metà) per la costruzione del nuovo welfare, come già cercato di proporre in altri scritti (vedi Come lavoreremo, Franco Angeli, 2000, Milano);
• per quel che riguarda la situazione del “welfare state” nei vari paesi europei, è facile rilevare che si sono grosse differenze ed anche divergenze. Ma i problemi economici e sociali di fondo sono molto simili dappertutto e si può ragionevolmente prevedere che entro due o tre decenni (per essere prudenti…), sarà utile e necessario sviluppare delle convergenze per arrivare a soluzioni “europee”;
• di fatto, l’allungamento della durata di vita in migliori condizioni di salute, implica un aumento importante dei costi, che in termini di Pil, potrebbero a pesare il doppio, fra 20 o 30 anni di quanto rappresentano oggi in termini percentuali. Si farà bene a considerare questi costi come un’espressione del valore aggiunto in una economia del servizio: l’industria automobilistica che ha prodotto tanto valore aggiunto ci ha permesso di migliorare le possibilità di movimento, i servizi sanitari ci permettono di migliorare la qualità di movimento e di vita. L’aumento del loro costo non è quindi da percepire in negativo, ma come indice di un miglioramento del “ricchezza delle nazioni” (wealth of nations). Con la differenza, rispetto al ciclo automobilistico industriale, di saper ripartire al meglio — individualmente e socialmente — questi stessi costi su tutto il ciclo di vita;
• per quel che riguarda il welfare e in particolare il sistema di “ pensionamento”, (rispetto ai limiti vari di età o per altre ragioni), ci sembra probabile e ragionevole tener presente un sistema, già in parte in atto in alcuni paesi, fondato su quattro pilastri, aggiustati nelle migliori proporzioni. Questo tema è chiaramente di natura anche politica e sociale, ma è essenziale approfondirne comunque il fondamento economico.
Una strategia dei quattro pilastri riguarda:
• il mantenimento di un sistema di redistribuzione (pay-as-you-go system) normalmente organizzato dalle istituzioni pubbliche, tanto più che si tratta di un sistema inevitabilmente legato almeno in parte ad una struttura fiscale. Sarebbe forse utile poterlo anche considerare come una prima concreta applicazione — legata ai limiti di età — del sistema della “negative income tax” (tassa negativa sul reddito, riferita al fatto che sulla base di certe condizioni, invece di pagare tasse, si ricevono dei contributi dallo stesso sistema);
• un secondo pilastro basato sulla capitalizzazione, legato normalmente alle attività di lavoro (sia dipendente che autonomo). Ci sono varie possibilità, molte sperimentate da tempo. In alcuni paesi questo pilastro è diventato anche obbligatorio;
• il terzo pilastro è costituito da ogni forma di risparmio personale, che è in vari casi favorito e stimolato da specifiche condizioni fiscali o altre forme di sovvenzioni;
• il quarto pilastro è rappresentato dal lavoro (dopo i 60 anni) soprattutto a “metà tempo”, basato su varie forme e condizioni di rimunerazione, ma anche sulla valorizzazione di attività non rimunerate o poco rimunerate;
• va sottolineata ancora la complementarità di questi quattro pilastri che fungono da mutuo sostegno. Le leggi che li considerano almeno in parte incompatibili sono in via di progressiva eliminazione e sostituzione con un quadro giuridico di promozione. In tal modo si permette alle persone più anziane di “costare” meno e quindi si facilita l’impiego e l’integrazione sociale degli “anziani” o piuttosto dei “nuovi giovani”. Nel contempo si tratta di sgravare di un peso fiscale le più giovani generazioni, altrimenti condannate a sostenere costi crescenti per le generazioni avanzate e inattive.
Questi, ed altri, i temi di fondo che hanno fornito la base per la conferenza organizzata a Trieste e a Duino il 21-23 ottobre 2004, da cui è scaturita l’idea di pubblicare questi QUADERNI EUROPEI SUL NUOVO WELFARE — SVECCHIAMENTO E SOCIETA (EUROPEAN PAPERS ON THE NEW WELFARE — THE COUNTERAGEING SOCIETY).
Al di là di ogni interesse accademico ed economico, il tema permette un’appassionante ricerca e dibattito per un tema in cui è in gioco l’evoluzione della nostra società, alla conquista, nelle migliori condizioni possibili, di almeno due decenni di vita.
Tag:economia servizio, formazione adulti, lavoro dopo 60 anni, lavoro metà tempo, pensionamento, quattro pilastri, svecchiamento, welfare state